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Descrizione
Le nostre città sono attraversate da consistenti flussi di migranti: abitanti in transito che non coltivano progetti di sedentarizzazione di lungo periodo ma che vivono, attraversano e abitano l’urbano in termini non puramente residenziali. Questa presenza trasforma le città in veri e propri caravanserragli: luoghi di accesso, di frontiera e di transito per una moltitudine di soggettività contraddistinte da una molteplicità irriducibile di progetti migratori.
Tale paesaggio pulsante e transitorio contraddice definitivamente il pregiudizio di considerare la vita stanziale come regola e normalità. La compresenza di queste identità mette conseguentemente in discussione anche i quadri analitici della disciplina urbanistica, abituata da sempre a ragionare in termini di invarianze territoriali e fissità dei contesti. L’urbanistica ha tradizionalmente descritto la città attraverso visioni dall’alto che appiattivano e cristallizzavano il fluire urbano in rappresentazioni cartografiche astrattamente normative. Sembra giunto il tempo per rimettere in discussione questo tipo di approccio analitico. A partire da una riconcettualizzazione dell’idea stessa di rappresentazione, il libro enfatizza la necessità di dotarsi di strumenti esplorativi che sappiano adottare la prospettiva del migrante: l’unico in grado di suggerire una visione in movimento dello spazio sociale. Le metodologie di tipo qualitativo sembrano rispondere a questo progetto. Si tratta di una prospettiva di ricerca che si rivolge agli spazi del vissuto individuale e collettivo, alla narrazione di dimensioni relazionali, ai processi di costruzione di senso, alle interpretazioni di racconti e di interazioni sociali.
In particolare, all’interno dello sfaccettato panorama degli strumenti di ricerca di tipo qualitativo, il libro si sofferma sull’uso consapevole e problematizzato delle «storie di vita»: un approccio d’analisi capace di far emergere la singolarità dei vissuti che risignificano costantemente orizzonti urbani saturi di soggettività facendo emergere gli scarti, le differenze, i percorsi individuali, le memorie e i desideri, l’invisibile: micronarrazioni cariche di senso che ci parlano dell’uomo in relazione al suo spazio.
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Frutto di un dottorato di ricerca, il testo si occupa di come i migranti vivono e interpretano l’abitare, di come coloro che vengono a contatto con questi si sentano spiazzati dalle forme «nomadi » frutto della globalizzazione e di come l’urbanistica fatichi a proporre nuove forme rappresentative di una realtà in movimento e spesso applichi paradigmi dell’abitare per realtà che non esistono più. L’a. propone quindi di fare uso delle storie di vita per «far emergere la singolarità dei vissuti» e il modo nuovo con cui l’uomo urbano intende stare in relazione allo spazio.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 18
(http://www.ilregno.it)
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