Il sacro nella storia religiosa dell'umanità
(Biblioteca permanente)EAN 9788816370197
«Nel 1982 usciva la prima edizione del presente volume», annota Sante Bagnoli nell’editoriale a questa quarta edizione (che ripubblica il testo nell’edizione aggiornata del 1995). «Una sintesi che Ries scrisse proprio per Jaca Book e che costituisce una pietra miliare di ciò che oggi chiamiamo “antropologia religiosa”». E conclude: «Che si possa ravvisare nelle crisi delle religioni il persistere dell’homo religiosus lo si deve anzitutto al lavoro dello studioso belga».
Tratto dalla rivista Concilium n. 5/2012
(http://www.queriniana.it/rivista/concilium/991)
Prima di addentrarci nel presentare questo libro, è bene dare alcune notizie sull’autore. Julien Ries, nato nel 1920 a Fouches (Arlon) in Belgio, dal 1933 al 1939 frequentò il piccolo seminario di Bastogne, dove compì studi classici e di filosofia e, dal 1941 al 1945, la Facoltà di Teologia al grande seminario di Namur. Nel 1945 fu ordinato sacerdote. Continuò gli studi alla Facoltà di Teologia e all’Institut Orientaliste dell’Università Cattolica di Lovanio, ottenendo nel 1948 la licenza in teologia e, nel 1949, quella in filologia e storia orientali. Nel 1953 conseguì il dottorato in teologia, con la tesi, diretta da L. Cerfaux e L. Th. Lefort, riguardante l’influenza degli scritti del Nuovo Testamento sull’eucologio manicheo copto di Médinêt Mâdi. Nel 1960 fu nominato chargé de conférences su sollecitazione di Cerfaux. Nel 1968 divenne titolare dei corsi di storia delle religioni: con lui l’insegnamento della disciplina a Lovanio conosce un forte incremento, promosso da Édouard Massaux, il nuovo rettore dell’Università francofona, che crea, nel 1970, un seminario di storia delle religioni. Iniziò e diresse le 4 collane di studi: Homo religiosus, Cerfaux-Lefort, Information et Enseignement e Conférences et Travaux. Nel 2008 donò all’Università Cattolica di Milano la sua biblioteca e i suoi archivi che ora costituiscono l’Archivio «Julien Ries» per l’antropologia simbolica. Il 18 febbraio 2012 fu creato cardinale. La sua Opera omnia – ancora non completa nella sua pubblicazione – prevede dodici volumi in venti tomi: finora sono stati pubblicati undici tomi.
Il libro in esame si articola in due parti: Le grandi tappe della ricerca recente sul sacro (pp. 11-86) e Il sacro nelle grandi civiltà (pp. 87-241). La prima parte è composta di tre capitoli, mentre la seconda, più corposa, di otto. È un insieme di raccolte che l’autore ha compiuto nel corso della sua ricerca sistematica sul sacro nelle grandi religioni, a partire dal mondo indo-europeo arcaico: dalla religione ittica, greca, romana, sumerica e babilonese, dalla tradizione biblica, dall’islam, nella religione cristiana.
Nell’Introduzione del libro in esame l’autore sostiene che il sacro da un secolo occupa un posto rilevante nella storia delle religioni (cf. p. 7). Il senso e l’origine di quest’orientamento vanno ricercati nelle scoperte compiute presso i popoli primitivi (XIX secolo). A due tipologie di ricercatori va il merito: i missionari e gli etnologi. I primi hanno contribuito alla conversione dei popoli e hanno raccolto materiale prezioso che riguarda le pratiche religiose, costumi, riti, miti, tradizioni. L’etnologia ha preso in esame la vita sociale.
Nel libro possiamo cogliere i punti basilari sullo studio del valore del sacro, l’evoluzione di tale concetto, nel corso degli anni, per la storia delle religioni, e anche il percorso storico e simbolico nelle diverse esperienze religiose (cf. pp. 13-65).
Il sacro ha una sua storia e un significato semantico preciso. Ries ne analizza l’origine facendo riferimento allo studio di Huguette Fugier: la parola sakros appare sulla Lapis Niger, nel luogo che si dice sia la tomba di Romolo. Da questo termine ne scaturisce una terminologia che riguarda il mondo del sacro. Sakros va a essere collegato con il germanico sakan, con l’hittita saklai e con il greco haghios. Il valore originario del termine sakros va ricercato nel radicale saksia in latino, greco, germanico, hittita fino al mondo indeuropeo, sumerico e semitico (cf. pp. 155-158).
Nel libro in esame rintracciamo le tre tradizioni di fine Ottocento e inizio Novecento (scuole sociologiche), in cui il concetto di sacro è diventato fondamentale. La prima è quella francese: i sociologi di questa corrente utilizzano il termine sacro per comprendere le religioni. Il termine religione richiamava più un’organizzazione e, quindi, preferiscono il termine sacro. La seconda tradizione ha origine in Inghilterra e ha come punto centrale l’antropologia. Il sacro è utilizzato per studiare le società primitive. Il concetto di sacro è usato per indicare la forza, la potenza e l’energia. La terza tradizione fa riferimento ai tedeschi, ed è erede del romanticismo. Il concetto di sacro è concepito come il trascendente, l’ineffabile, il totalmente altro, che ha a che fare con il divino e supera la nostra realtà. Il sacro è indagato per studiare la trascendenza e le sue manifestazioni. Il punto di riferimento essenziale per l’autore rimane Mircea Eliade (morto nel 1986), che tende a comprendere il sacro nel contesto delle sue manifestazioni o ierofanie e le esamina così come si presentano nella visione dell’homo religiosus (cf. pp. 61-66). Un’affermazione di Ries, che continuamente riprende da Eliade, è questa: «Il sacro è un elemento della struttura della coscienza e non un momento della sua storia» (p. 232). Per Eliade, lo storico delle religioni ha una triplice missione: storica, fenomenologica ed ermeneutica. Questa triplice missione è condivisa da Ries con il suo nuovo contributo, utilizzando il sacro come strumento per capire le religioni e il loro comune denominatore. Il sacro diventa una categoria e un mezzo per comprendere anche la condizione dell’uomo, per trasformare il caos in cosmo, per creare una scala di valori (cf. p. 245). Questo costituisce la base di quella che negli ultimi anni Ries ha definito un’antropologia del sacro, che s’interessa dell’uomo religioso, con riferimento costante a una realtà sacra. Nell’uomo, secondo Ries, c’è una tensione verso il sacro.
Ai tre filoni di ricerca sul sacro sopra sintetizzati, si è aggiunto il conflitto sul sacro, soprattutto nell’ultimo decennio, per quanto riguarda il metodo e l’interpretazione. Lo studio delle teorie sul sacro e sul suo metodo, portano l’autore allo studio di quale ruolo il sacro abbia occupato nelle religioni.
Ries, nella seconda parte del testo, coordinando i diversi approcci degli specialisti del settore sul sacro; ha analizzato, innanzitutto, la concezione del sacro nelle religioni indo-europee. Valide e interessanti le scoperte di Georges Dumézil (morto nel 1986) che hanno dato un nuovo orientamento allo studio del pensiero religioso. Gli studi sul sacro presso gli ittiti gli hanno consentito una conoscenza del mondo ariano e sono ricchi di elementi che riguardano le religioni. Del mondo greco, Ries si è soffermato sulla una grande originalità dovuta alla fusione dell’elemento cretese con quello ariano, facendo riferimento agli studi di Ugo Bianchi, Raffaele Pettazzoni, André-Jean Festugière e Louis Moulinier (cf. pp. 120-132). La religione romana ci ha lasciato in eredità un vocabolario sul sacro: sacer, sanctus e religio. Ries ha esaminato il posto occupato dal sacro presso i sumeri del V millennio, e in Babilonia ha colto il sacro nella concezione semitica prima delle tradizioni bibliche. Nei testi antichi, fino all’inizio dell’era cristiana, l’essenza del sacro si trova nella radice qdš, che è legata a Jhwh, alla sua manifestazione, alla salvezza che è portata da Dio. Dal monoteismo cristiano lo studioso belga è passato ad affrontare quello islamico, dove il sacro è rappresentato dalla presenza di Dio e della sua trascendenza (cf. pp. 191-207). Ries, facendo riferimento a Pierre Grelot, Jean-Paul Audet e a Yves-Marie-Joseph Congar, ha dedicato anche una riflessione sul sacro cristiano, che si distingue da quello delle religioni non cristiane per essere incentrato sulla persona di Gesù. Ha analizzato il termine hagios nel Nuovo Testamento con accenni al sacro cristiano (cf. pp. 209228). Per Ries, «ogni religione è un fenomeno storico, vissuto da alcuni uomini e alcune donne in un contesto sociale, culturale, storico, economico e linguistico. Ogni religione si comprende all’interno di una dimensione sociale e individuale. Essa occupa un posto nello spazio e nel tempo» (p. 230).
Concludendo, non possiamo non far riferimento alla categoria di homo religiosus, affrontata in particolare nel capitolo VIII (pp. 229241). L’homo religiosus è l’uomo normale, capace di rispondere della sua condizione ed è libero nella sua risposta. Non appena c’è l’uomo, c’è subito il rinvio al totalmente altro. L’autore belga cita ancora Eliade: «Qualunque sia il contesto storico nel quale è immerso, l’homo religiosus crede sempre che esiste una realtà assoluta, il sacro, che trascende questo mondo, in questo mondo si manifesta e per ciò stesso lo santifica e lo rende reale» (p. 232).
Il libro è stato presentato alla 33a edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli a Rimini – uno dei più grandi fenomeni culturali che ci siano durante l’anno in Italia –, incentrata sul rapporto dell’uomo con l’infinito. Alla presentazione hanno partecipato: Fiorenzo Facchini (docente emerito di Antropologia all’Università di Bologna), Guido Orsi (vicepresidente dell’editoriale Jaca Book), Silvano Petrosino (direttore dell’archivio Julien Ries per l’antropologia simbolica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), Natale Spineto (docente di Storia delle religioni all’Università degli Studi di Torino). L’introduzione a tale evento è stata affidata a Camillo Fornasieri, direttore del Centro Culturale di Milano. Va a Ries anche il merito di aver raccolto, con l’ausilio della paleoantropologia, tante testimonianze e documenti per la comprensione della condizione dell’uomo, per “decifrare ed esplicitare” il suo comportamento e l’esperienza dell’homo religiosus nel corso della storia. L’homo religiosus e l’homo sapiens ci trasmettono la loro esperienza attraverso i segni e i simboli. Il testo sul sacro di Ries, pietra miliare per l’antropologia religiosa, è un ottimo strumento di approfondimento non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per un pubblico più vasto.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 3-4/2013
(http://www.pftim.it)
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