Dopo "La Chiesa dei Padri", Newman aveva progettato la stesura di alcuni profili di santi dei primi secoli. Ne sono testimonianza i saggi che, editi nel 1873, completano il secondo volume degli "Historical Sketches". Questi profili si propongono di illustrare l'aspetto personale e morale di due santi dei primi secoli, Giovanni Crisostomo e Teodoreto di Cirro, e al tempo stesso tracciano un profilo della missione di san Benedetto e delle scuole benedettine medievali. I santi antichi, che su Newman hanno esercitato una potente attrattiva, sono qui presentati in un ritratto vivido, basato soprattutto su "quel genere di letteratura che più di ogni altro riporta l'abbondanza del cuore, la corrispondenza"; mentre della missione benedettina reazione alla vita secolare e ad un modo decadente - è presentato anzitutto, attraverso un attento uso delle fonti storiche, il contributo alla diffusione della cultura europea. Si tratta - appunto - di composizioni dal carattere anzitutto storico; e, pure, risalta in esse un attento approfondimento della dottrina cristiana, che ha segnato l'intera vita e attività scientifica di Newman, volta all'accoglienza lucida e appassionata del mistero rivelato; e insieme ne emergono una fine conoscenza dell'animo umano e un esigente e penetrante approfondimento delle risorse razionali della fede.
INTRODUZIONE ALL'EDIZIONE ITALIANA
di Inos Biffi
Dopo La Chiesa dei Padri —The Church of the Fathers Newman aveva progettato la stesura di un volume dal titolo Santi antichi — Ancient Saints —, che avrebbe dovuto comprendere, oltre a The Last Years of St. Chrysostom e Trials of Theodoret, pubblicati dapprima in Rambler 1859-1860, anche dei profili storici di sant'Ambrogio, san Gerolamo e forse sant'Atanasio.
Dovette però rinunciare a completare il progetto, limitandosi alla riedizione di quei due profili nel secondo volume degli Historical Sketches, dove aggiunse i saggi: The Mission of St. Benedict e The Benedictine Schools.
Sono i quattro saggi contenuti in questo volume.
Già nell'introduzione al volume de La Chiesa dei Padri abbiamo messo in luce con quale metodo e sensibilità Newman accostasse i Padri e con quale simpatia entrasse in comunione con loro. E lo abbiamo illustrato già attingendo all'introduzione al Crisostomo, felicemente chiamata un «piccolo manifesto».
D'altronde, specialmente le due figure di Giovanni Crisostomo e di Teodoreto esercitavano su Newman una potente attrattiva: trovava in loro profonde affinità col proprio spirito e, per qualche aspetto, il presagio o la prefigurazione di alcune sue vicissitudini.
Ma prima di illustrare in modo più particolareggiato la materia di questo secondo volume, accenniamo al ritratto mancato di sant'Ambrogio.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
«IL MAESTOSO AMBROGIO»
Un ritratto mancato
Oltre che per i Padri greci, Newman provava unaprofonda attrattiva per un Padre latino: sant'Ambrogio. Lo aveva incontrato, insieme con altri Padri, quando era adolescente. Già conosciamo quanto scrive nell'Apologia pro vita sua:
Nell'autunno 1816, quando avevo quindici anni, [.. .] lessi la storia della Chiesa di Joseph Milner e letteralmente mi innamorai dei lunghi estratti da Sant'Agostino, da Sant'Ambrogio e dagli altri Padri che vi trovai.
Sempre nell'Apologia, parlando degli anni 1841-1845 noterà:
«Sentivo tutta la forza della massima di Sant'Ambrogio: "Non in mplacuit Deo salvum Tacere populum meum" [De fide, I, 42; "Non piacque a Dio di operare la salvezza del suo popolo mediante la dialettica].
Sappiamo che era intenzione dí Newman dedicare ugualmente ad Ambrogio — oltre che a Gerolamo e forse ad Atanasío — uno dei suoi Historical Sketches, ma vi dovette, purtroppo, rinunciare: ci avrebbe lasciato certamente uno dei suoi fini e avvincenti ritratti interiori, visto che anche Ambrogio era comprensibile nella sua non confondibile originalità. «In genere — egli osserva — quella che si chiama "la vita" non è molto più di una collezione di aneddoti composti di innumerevoli parti indipendenti: aneddoti che certo colpiscono e sono edificanti, ma aventi solo valore per se stessi piuttosto che come elementi di una biografia; pregevoli qualunque ne sia il soggetto, ma non affatto per mettere in luce il carattere di un santo particolare. Sarebbe difficile confondere un paragrafo di sant'Ambrogio, di san Gerolamo o di sant'Agostino, mentre sarebbe facilissimo confondere il capitolo della vita di un santo missionario o di una santa religiosa con il capitolo della vita di un altro»: «Quanto — osserva ancora Newman — una poesia devozionale ha abbellito alcuni dei mediocri ritratti del grande san Carlo! Quanto è diverso l'aspetto originale di sant'Ignazio dall'espressione militaresca che gli hanno conferito delle penne mediocri!» .
Newman vede il vescovo di Milano — «il maestoso Ambrogio»— come «la grande luce dell'Occidente», che insieme con Basilio e Gregorio Nazianzeno in Oriente, fu lo strumento della Provvidenza «per riparare e consolidare i bastioni [della fede cattolica] con le parole, gli scritti, le azioni, una volta dissipato il furore degli assalti [degli ariani]»" e che conserverà «tenacemente la sua sede in una città imperiale, difendendosi contro l'eresia di una Corte con l'aiuto vivo di una popolazione devota».
In particolare, rispetto a Basilio, Newman nota una «curiosa differenza» «nel grande Ambrogio di Milano, che era un uomo di mondo»: mentre il primo viveva riservato, che teneva la sua porta ermeticamente chiusa ed era insofferente verso quelli che la oltrepassavano, «il secondo offre questa caratteristica di non restare mai chiuso in casa sua, ma di essere sempre accessibile a tutti».
La figura e l'opera di Ambrogio sono richiamate e ammirate da Newman nell'acuta analisi che egli fa della conversione di Agostino, il quale soprattutto sarà attratto dall'«amabilità dei suoi modi», dalla grazia della sua parola, anche se gli riuscirà di «penetrare l'intimo del suo cuore e di precisare i pensieri e i sentimenti che erano la regola della sua condotta».
Newman nella città di sant'Ambrogio
Newman soggiornò a Milano dal 20 settembre al 23 ottobre del 1846, durante il suo viaggio verso Roma insieme con Ambrose St. John: noi troviamo di quel soggiorno fervido e sereno — a dispetto dei giorni piovosi annotati nel suo diario: «ancora pioggia» [12 ottobre], «ancora tempo molto brutto» [16 ottobre] «tempo brutto» [18 ottobre] , — un ragguaglio particolareggiato nelle otto lettere scritte dalla «città di sant'Ambrogio» — come egli la chiama — agli amici in Inghilterra. Non mancherà in quel mese di prendersi un insegnante d'italiano, un ex-seminarista, «una persona intelligente e simpatica di trent'anni, dai modi fanciulleschi», «un eccellente maestro italiano — un giovane educato, un ottimo esemplare dell'Italia giovane»; ma Newman non era portato per le lingue; scriverà divertito in una lettera: «Il tempo qui è stato cativissimo [sic], come dicono qui assolutamente fuori dal comune, una compensazione per la calda estate. Tra poco potrai conoscere í progressi che Saint John fa con l'italiano. L'altro giorno egli ha manifestato il desiderio di incontrare una persona in inverno pronunciando la f invece della v».
Era il secondo viaggio che egli faceva a Roma, e vi sarebbe rimasto dal 28 ottobre 1846 al 6 novembre 1847, dimorando prima al Collegio di Propaganda, per un approfondimento e un confronto teologico, e quindi a Santa Croce, come novizio dell'Oratorio, e ricevendo nella cappella di Propaganda, insieme con St. John, l'ordinazione sacerdotale, il 30 maggio del '47.
L'arrivo a Milano e la prima Messa in Duomo
Gli amici di san Fedele
Newman arriva a Milano il 20 settembre del '46 dal passo del Sempione, in tempo per la Messa in Duomo: più volte registra nel suo diario di aver sentito Messa in Duomo o presso la tomba di san Carlo. E 18 ottobre, festa della Dedicazione della Cattedrale, annoterà d'aver preso parte alla «Messa solenne in Duomo, dove si tiene una grande funzione con indulgenza plenaria» e di aver visitato «alla sera l'oratorio di san Carlo»", e lo stesso giorno farà sapere: «siamo appena tornati dal Duomo dove c'è stata una grande funzione, compresa la solenne Messa pontificale nella celebrazione della dedicazione della chiesa di san Carlo. La giornata è molto piovosa, ma l'area della chiesa era gremita da cima a fondo».
Subito il 21 settembre Newman visita la basilica di sant'Ambrogio, e prende contatto con due sacerdoti milanesi: don Giacomo Vitali, al quale lo aveva raccomandato dall'Inghilterra il comune amico james Hope, e don Giovanni Ghianda, il primo coadiutore e il secondo residente nella parrocchia di san Fedele, oltre che penitenziere minore in Duomo. Con questi due "abbati" egli vivrà in cordiale e ammirata fraternità, e sarà anche commensale del prevosto di san Fedele, Giulio Ratti. Di fatto il 23 settembre, dopo una prima disagiata sistemazione presso un non confortevole Hotel Garni, si trasferirà a san Fedele, in alcuni locali disponibili e riservati a missionari che danno ritiro durante la quaresima, per restarvi durante tutta la sua permanenza a Milano.
Per i suoi ospiti avrà parole di grande ammirazione, specialmente per don Ghianda, che sarà anche suo confessore. Qualche giorno dopo il suo arrivo scrive: «Il nostro amico, l'abate Ghianda, è molto gentile e premuroso. Non avremmo potuto imbatterci in persona più amica. Egli fa tutto per noi»; e il 22 ottobre, alla vigilia di ripartire da Milano: «Siamo stati assai fortunati di trovare qui il cappellano di Manzoni, che ci è stato sempre vicino ed è stato un amico estremamente gentile»; «solitamente parlava francese con St. John e latino Con me, — scrive Newman in una lettera del 14 ottobre —, ma ora parla italiano con tutt'e due. Ci porta, se la giornata è bella, a vedere ospedali, scuole o chiese, e ci lascia per il tempo del pranzo, tra la una e le due. È una persona estremamente ben informata, dall'animo gentile, e noi ci siano trovati benissimo con lui».
Elogio della chiesa di S. Fedele e del suo stile italiano
Da Milano Newman scrive la sua prima lettera il 24 settembre:
L'abbe [abbé] Vitali ci ha alloggiati in una casa di sacerdoti, in camere riservate ai Missionari che danno ritiri in Quaresima. Sono al primo piano — alte, ariose, fresche, e quiete, e entriamo nella chiesa di S. Fidelis senza attraversare la strada, come se fosse la nostra cappella.
La luminosità, la grazia e la semplicità dello stile classico sembra si addica meglio a rappresentare Santa Maria o San Gabriele che non qualsiasi realtà in stile gotico. Questa una nuova mia stravaganza. È sempre un sollievo dello spirito, e una sua elevazione, entrare in una chiesa come san Fedele. Essa ha un aspetto così dolce, sorridente, aperto — e l'altare è così grazioso e attraente — che spicca così che tutti lo possono vedere e avvicinarvisi. Le alte colonne di marmo levigato, le balaustre marmoree, il pavimento di marmo, le immagini luminose, tutto parla la stessa lingua. E una volta leggera corona l'insieme. Ma forse io seguo la tendenza delle persone anziane, che hanno visto abbastanza cose tristi da ritenersi dispensate da una tristezza espressamente e intenzionalmente voluta — e come i giovani preferiscono l'autunno e i vecchi la primavera, i giovani la tragedia e i vecchi la commedia, così, nel cerimoniale religioso, io lascio che i giovani preferiscano il gotico, una volta che tollerino la mia debolezza che chiede l'italiano. È così riposante e gradevole, dopo le torride vie, entrare in questi interni delicati, benché ricchi, che fanno pensare ai boschetti del paradiso o a camere angeliche''.
La stessa impressione su S. Fedele, quasi con gli stessi termini, ricorre in un'altra lettera inviata lo stesso giorno:
Come una chiesa di Gesuiti è greca o palladiana — e io non posso negare che, benché la mia ragione possa stare per il gotico, il mio cuore è sempre stato per lo stile greco. Amavo la cappella del Trinity a Oxford più di qualsiasi altro edificio. C'è nello stile italiano una tale semplicità, eleganza, bellezza, chiarità — implicate, credo, nella parola "classico" che mi sembrano convenire al concetto di angelo e di santo. [...L Potrei percorrere per tutto un giorno questa bella chiesa con i suoi grandi pilastri levigati, col suo altare sorridente e seducente, senza stancarmi. E poi essa è così calma che è sempre un riposo per lo spirito entrarvi. Nulla si muove se non la lontana lampada scintillante che segnala la presenza della nostra Vita immortale, nascosta ma sempre attiva, pur essendo entrata nel suo riposo. Aggiunge Newman:
È davvero stupendo vedere questa divina Presenza che dalle varie chiese quasi guarda fuori nelle strade aperte, così che a S. Lorenzo abbiamo veduto che la gente si levava il cappello dall'altra parte della strada quando passava — nessuno faceva di guardia, ma probabilmente un vecchio che stava lavorando davanti alla porta della chiesa o aveva delle mercanzie da vendere.
«Colmo delle sue reminiscenze di sant'Agostino e di sant'Ambrogio, riposato dal quadro particolarmente armonioso e tranquillo della casa in cui avevano potuto stabilirsi, Newman sembra avervi goduto di un momento di distensione gradevole e benefico. [...] Questa impressione solare — commenta il Bouyer — traduce l'effetto che la Chiesa produsse su Newman all'uscita da una religione semi protestante. Si può dire che egli coglie nel cattolicesimo la permanenza dell'atmosfera in cui respirarono i Padri: ciò che è stato chiamato, non senza efficacia, pensando alle basiliche costantiniane di Gerusalemme, l'ellenismo del Golgota a corona dell'ellenismo dell'Acropoli. Per Newman il vero cristianesimo, per quanto gli possa apparire austero ed esigente, resta sempre illuminato dalle luci della risurrezione. La croce in esso è tutto, ma la croce esaltata, che attrae tutto a sé, in un irraggiare di luce senza tramonto».
Le chiese di Milano, il Duomo.. «il più belli edificio che mai abbia visto»
Per Newman le chiese e la pietà dei milanesi sono ammirevoli: Nella città di sant'Ambrogio — osserva — uno comprende la Chiesa di Dio più che non nella maggior parte degli altri luoghi, ed è indotto a pensare a tutti quelli che sono sue membra. E inoltre non si tratta di una pura immaginazione, come potrebbe essere trovandosi in una città di ruderi o in un luogo desolato, dove una volta dimoravano i Santi — c'è invece qui una ventina di chiese aperte a chi vi passi davanti, e in ciascuna di esse si trovano le loro reliquie, e il SS. Sacramento preparato per l'adoratore, anche prima che vi entri.
Le chiese sono molto sfarzose. Non ricordo se tu sia stato a Milano. Comunque tu sai che il Duomo è tutto di marmo. Qui il marmo è praticamente il materiale ordinario delle chiese — e ancora più comune è il granito. Il granito proveniente dal Lago Maggiore sembra essere stato in uso da tempo immemorabile. I vecchi palazzi hanno il loro basamento in granito — in granito sono i pavimenti, i sotterranei a volta — di raffinato granito sono i pilastri delle chiese.
Un giorno comunica:
Come sta diventando buio, benché ora siano le 6. Faccio fatica a vederci. Il Duomo è l'edificio più incantevole che mai abbia visto. Se si va per la città, i suoi pinnacoli assomigliano a neve luminosa contro il cielo blu. Siamo stati due volte sulla sua cima, dalla quale appaiono belle le Alpi, specialmente il Monte Rosa.
La pietà ammirevole dei Milanesi in Duomo
In particolare Newman è impressionato dal Duomo come luogo di devozione e ne parla abitualmente nelle sue lettere.
«Mi ha impressionato più che non san Pietro»; d'altronde allora egli nota — era rimasto un puro spettatore, senza prendere parte alle celebrazioni: «come [...] non conoscevo che cosa fosse la liturgia come fatto oggettivo fin che non entrai nella Chiesa Cattolica e non partecipai ai suoi uffici di devozione, così ora dico lo stesso dal punto di vista delle assemblee cattedrali»; a rivelargliene il senso furono esattamente le assemblee liturgiche del Duomo di Milano: una Cattedrale Cattolica è una specie di mondo, ciascuno dei quali si muove intorno alla propria attività, solo che questa è di tipo religioso; gruppi di fedeli o fedeli solitari — in ginocchio o in piedi —, alcuni presso le reliquie, altri presso gli altari —che ascoltano messa e fanno la comunione —, flussi di fedeli che si intercettano e si oltrepassano a vicenda — altare dopo altare accesi per la celebrazione come stelle nel firmamento — o la campana che annuncia ciò che sta incominciando nei luoghi sottratti tuo sguardo — mentre nel contempo i canonici in coro recitano le loro ore di mattutino e lodi o vespri, e alla fine l'incenso sale a volute dall'altare maggiore e tutto questo in uno degli edifici più belli del mondo, e ogni giorno — alle fine senza esibizione o sforzo alcuno, ma come ciò che ciascuno è solito fare — ciascuno Occupato al proprio lavoro, così come lascia l'altro al suo.
Newman rimane colpito dal numero di comunioni che si fanno nelle chiese di Milano:
Sono stato proprio molto impressionato dal numero di comunioni — esse non solo avvengono ogni giorno, ma la balaustra è gremita parecchie volte nello spazio di un'ora. Ho riscontrato questo in Duomo, a san Fedele, che è stata la nostra chiesa parrocchiale, e a sant'Ambrogio. Nella chiesa un altare è riservato alla comunione, e io penso di non aver visto una Messa senza che ci fosse chi si comunicava — oltre la comunione fuori della Messa.
A Milano ricorre il primo anniversario della conversione cattolica di. Newman e il 9 ottobre scriverà: «Oggi è un anno dacché sono nella Chiesa Cattolica — e ogni giorno benedico Lui, che mi conduce dentro sempre più. Sono passato dalle nubi e dalle tenebre alla luce, e non posso guardare alla mia precedente condizione senza provare l'amara sensazione che si ha quando si guarda indietro a viaggio faticoso e triste. Quando ero felice nella Chiesa Inglese era soprattutto quando non era inglese». Nel Duomo di Milano Newman incontrava esattamente uno degli aspetti e dei momenti più espressivi della Chiesa Cattolica.
Qui trovi riportati i commenti degli utenti di LibreriadelSanto.it, con il nome dell'utente e il voto (espresso da 1 a 5 stelline) che ha dato al prodotto.
I commenti compaiono ordinati per data di inserimento dal meno recente (in alto) al più recente (in basso).
Dott. Marco Cosimi il 15 maggio 2011 alle 18:44 ha scritto:
I testi di un grande Padre della Chiesa. Un ritorno alla sorgente del "sentire"per l'assoluto valore che ci viene da varie vie segnalato per il contenuto eterno sulla storia dell'Umanità e che con la loro esperienza si veicola a tutti noi.