Piccoli atei crescono
-Davvero una generazione senza Dio?
(Contemporanea)EAN 9788815264152
Franco Garelli, già allievo di Luciano Gallino, è docente ordinario di Sociologia dei processi culturali e Sociologia delle religioni presso l’Università di Torino nel dipartimento di Scienze Politiche ed è tutt’ora membro dell’Associazione Italiana di Sociologia, dove ha coordinato la sezione dedicata alla Sociologia delle Religioni.
La sua ampia ricerca è stata sempre contrassegnata da due tematiche principali: l’analisi dei fenomeni religiosi nella società contemporanea e la riflessione sugli stili di vita e dei modelli di comportamento dei giovani nella modernità avanzata. Si ricordano, tra le sue principali inchieste, Religione e Chiesa in Italia, 1991; Forza della religione e debolezza della fede, 1996; I giovani, il sesso e l’amore, 2000; Una spiritualità in movimento, 2003; L’Italia cattolica nell’epoca del pluralismo, 2006; La Chiesa in Italia, 2007; Religione all’italiana. L’anima del paese messa a nudo, 2012; Cattolici, chiesa e politica. Dentro e oltre le emergenze, 2015. Quasi tutte le sue opere sono edite per i tipi della casa editrice Il Mulino di Bologna.
Il tema del rapporto giovani-fede nell’ultimo decennio è stato il fulcro di approfondite analisi e indagini, sia in campo cattolico che laico. Basti ricordare: La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede, di don Armando Matteo (2010), oppure Fuori dal recinto. Giovani, fede, chiesa: uno sguardo diverso, di Alessandro Castegnaro, Enzo Biemmi e Giovanni Dal Piaz (2013), o Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia, a cura Rita Bichi e Paola Bignardi (2015).
In Piccoli atei crescono, Garelli evidenzia una profonda abilità nel saper decodificare il rapporto giovani e fede, superando facili preconcetti e sommari giudizi e, nel presentare lo scopo della sua indagine, chiarisce anche il titolo del suo saggio: Piccoli atei crescono non è «uno slogan di una campagna anticredulità», né «il grido d’allarme lanciato da alcuni ecclesiastici» (p. 1).
Sgombrato il campo da equivoci interpretativi, è chiaro che il testo curato da Garelli è un’indagine statistica, sviluppata nel 2015 dall’Istituto demoscopico Eurisko, attraverso 144 interviste, dirette a studenti universitari di Roma e Torino, e 1.450 questionari rappresentativi di varie aree del paese, che hanno avuto come destinatari giovani tra i diciotto e ventinove anni, i cosiddetti Millennials. Scrive Garelli nell’Introduzione: «Il fenomeno della non credenza sta assumendo dimensioni impensabili soltanto fino a pochi anni fa», ma nel contempo evidenzia che scopo della ricerca è stato anche quello di verificare «se sia davvero plausibile parlare dei giovani d’oggi come di una generazione fortemente segnata dall’ateismo, dalla miscredenza, dall’indifferenza religiosa» (p. 24). I risultati attestano che i giovani italiani, pur avendo ricevuto per oltre il 90% i sacramenti dell’iniziazione cristiana, di cui il 77% la confermazione, vivono in un clima di secolarizzazione che avanza inesorabilmente: la cattolica Italia è, insomma, abitata da battezzati sempre meno evangelizzati.
La ricerca di Garelli, oltre all’Introduzione, si articola in sette capitoli: nel primo, dal titolo Ateismo in crescita e secolarizzazione dolce, si indaga, tra l’altro, su quel che resta di una socializzazione religiosa diffusa e della responsabilità di famiglie religiosamente deboli. Nel secondo capitolo, dal titolo È plausibile per i giovani d’oggi credere in Dio?, si individuano gli ostacoli posti al credere e si evidenzia anche che occorre fare un outing della fede: «Pur a fronte di un significato improprio – afferma Garelli – qui attribuito alla parola outing […] l’immagine connessa a questo termine appare assai efficace nel descrivere condizioni personali che si tengono nascoste per evitare uno stigma sociale» (p. 65). Nel terzo capitolo, La fede religiosa al vaglio delle generazioni, s’indaga sulla diversità generazionale in nome della religione, laddove le domande centrali sono: di generazione in generazione c’è un cambio di scenario a livello religioso? Come si pongono i giovani rispetto ai loro genitori e ai loro nonni? Da questi interrogativi finemente analizzati, si evince un’importante difficoltà nel tramandare dai padri ai figli la propria fede, in special modo quando essa deriva da robuste convinzioni ed è fortemente messa in pratica. Viceversa, una religiosità debole, o la non credenza, sono vissuti più facilmente: più della metà di figli non credenti provengono da famiglie i cui genitori sono non credenti; altresì, più della metà delle famiglie, caratterizzate da un cattolicesimo culturale e poco religioso, hanno figli che si riconoscono in questa formazione religiosa.
Nel quarto capitolo, dal titolo Lost in transition? Percorsi di socializzazione religiosa, vengono descritti vari tipi religiosi: l’alieno, il secolarizzato, il naufrago, l’intermittente e il convinto. Così li descrive Garelli: l’alieno è «una figura dichiaratamente non religiosa […]. Non crede nell’esistenza di Dio e non appartiene a nessuna religione» (p. 106). Il secolarizzato «rappresenta quel tipo di giovane che pur avendo avuto un’educazione religiosa […] col tempo si è allontanato dalla pratica religiosa» (p. 108). I naufraghi sono coloro che «pur non avendo avuto una socializzazione religiosa in famiglia presentano un certo grado di religiosità» (p. 111). L’intermittente è il tipo religioso «più diffuso […] la cui normale formazione religiosa ha dato esito a una pratica e a un atteggiamento altalenante» (p. 114). Infine, ci sono i convinti, i quali attestano il buon esito della socializzazione religiosa (cf. p. 116). Nel quinto capitolo, Io ballo da sola. Lontani dalla chiesa, non da Francesco, due sono i paragrafi caratterizzanti: il primo si esplica attraverso un interrogativo Andare in chiesa è da sfigati? (p. 121); il secondo esprime un’esigenza: Neanche un prete per chiacchierar (p. 125). infine, un dato che sorprende, è che vi è una resistenza verso una figura come papa Francesco, che però viene criticato non tanto dai non credenti, quanto da una piccola parte della minoranza dei credenti convinti (p. 133). Una generazione senza Dio è il titolo del sesto capitolo, nel quale viene delineato il panorama dell’indifferenza religiosa, ma ci si chiede anche se l’indifferenza religiosa non sia, per più d’un aspetto, una moda culturale. Infine, nel settimo capitolo, La spiritualità del dio personale, si prova a identificare le diverse e molteplici tracce della spiritualità a cui guardano i giovani italiani. Un capitolo finale, dal titolo Conclusioni. Il tempo delle religiosità instabile, conclude la ricerca con un’ampia riflessione sul rapporto religiosità-spiritualità.
In sintesi, si può affermare che l’indagine curata da Garelli affronta e approfondisce molti aspetti della religiosità dei giovani attuali in Italia: l’ateismo teorico-pratico; la credenza di facciata; il rapporto tra fede e modernità; la famiglia e la trasmissione della fede; come vengono percepiti papa Francesco e la chiesa e, infine, vari modelli di socializzazione religiosa. La ricerca, in modo particolare, attesta un’apparente contraddizione e cioè che i Millennials, quando sono invitati a parlare della religiosità dei loro coetanei, evidenziano uno scenario di marcato allontanamento dalla fede, cioè il 70% pensa che pochi abbiano una formazione legata alla fede; quando, invece, sono intervistati sulla propria religiosità, il 72% dichiara di credere in Dio, in un essere superiore, o si ritiene persona religiosa, mentre il 70% si definisce in qualche modo “cattolico”, e comunque gli altri due terzi riconoscono che Dio occupa una posizione importante nella propria vita (oltre la metà si identifica nella Chiesa Cattolica); poco meno del 40% dichiara di pregare spesso o ogni giorno; il 23% evidenzia una frequenza settimanale ai riti religiosi. Un bilancio sintetico si legge a p. 28: «Il mondo della fede o della non fede giovanile è piuttosto articolato. I confini tra queste due sfere sono assai porosi. Vi sono credenti che non credono in Dio e non credenti che vi credono, anche se tali varianti rappresentano delle minoranze nei rispettivi profili». Una riflessione a parte, evidenziata nel capitolo conclusivo, riguarda la spiritualità. L’autore la presenta come una “zona intermedia” tra credenti e non credenti, una “terra di mezzo” che, in qualche modo, li unisce. Nel complesso, dunque, la situazione dei giovani intervistati rispecchia per lo più le tendenze di religiosità espresse dall’insieme della popolazione nazionale, pur nel quadro di un forte aumento di segni di secolarizzazione, i dati a disposizione «non indicano un tracollo religioso negli ultimi anni, come spesso descritto, ma una prosecuzione della secolarizzazione dolce caratteristica del nostro paese». Una secolarizzazione dolce, che prosegue, seppur lentamente, lungo la storia italiana ed europea degli ultimi quarant’anni. Non è, però, da sottovalutare che più del 50% dei giovani intervistati, che si riconoscono non-credenti, esprimono il proprio sentimento religioso nella propria interiorità personale, superando la dimensione verticale verso la trascendenza, trasformandola in una dimensione orizzontale, nella ricerca, cioè, di un proprio equilibrio personale. «La religione», dice un giovane, «non ha più nulla da dirci»; mentre una giovane afferma: «Cerchiamo di trovare le risposte dentro di noi piuttosto che cercarle nella fede». Sembra che sia maturata un’idea assai più ampia di religione considerando tale qualsiasi istanza umana che risponde al problema dell’esistenza.
Infine, alcune note sul testo preso in esame. Non bisogna farsi trarre in inganno dal titolo, ovviamente messo ad arte, per attrarre l’attenzione, in quanto non si può parlare di una generazione totalmente non credente, anche se la religiosità dei giovani non si sottrae, nei suoi aspetti positivi e negativi, agli influssi della cultura dominante, ma è certamente vero, come sostiene Garelli, che la religiosità sta diventando sempre più come un fatto privato. Inoltre, si può sicuramente affermare che la ricerca curata da Garelli è ben strutturata e organizzata, presentata con uno stile sciolto, gradevole e chiaro nell’esposizione. La lettura è abbastanza scorrevole e stimola interesse e curiosità: il tema in oggetto incoraggia a maggiori conoscenze, ma è anche di scottante attualità. Completo e ben appropriato risulta essere l’apparato bibliografico: precisi e puntuali sono i riferimenti a sociologi e studiosi, europei e non, che si interessano della religiosità giovanile. Pur sembrando in apparenza un testo per esperti e sociologi, se ne suggerisce la lettura e lo studio a tutti coloro che hanno a che fare con i giovani e la loro formazione, quali educatori in genere, ma anche docenti e, in particolare, docenti di religione cattolica, operatori della pastorale e formatori e responsabili di comunità giovanili, ma anche a sacerdoti e religiosi che, quotidianamente, vivono a contatto con l’esperienza dei giovani, in quanto il materiale offerto è utilissimo per interpretare e accostarsi correttamente ai Millennials.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 2-4/2017
(http://www.pftim.it)
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