Se consideriamo il reato non solamente come violazione di una norma, bensì anche come una ferita verso un singolo o una comunità, se riteniamo che l'autore di reato debba in primo luogo porre attivamente rimedio alle conseguenze della sua condotta, se teniamo in conto le esigenze della vittima e quindi il suo bisogno di veder ricucito là dove è stato lacerato, esprimiamo una domanda di "giustizia riparativa". Studiosi di rilievo, aventi formazione diversa (penalisti, processualisti, criminologi, mediatori, magistrati, psicoanalisti) promuovono qui l'idea, sempre più praticata, di ridurre la pena detentiva, che non rieduca e non ripara, e di tutelare primariamente le vittime, dando risposte concrete al loro bisogno di ascolto e di riconoscimento. La giustizia riparativa è molto di più di una modalità alternativa di fare giustizia. Essa è anche un modo di gestire i conflitti, già ampiamente sperimentato all'estero, nelle scuole, nelle università, nelle organizzazioni complesse e, in generale, nelle società globalizzate, sempre più chiamate a lavorare sul tessuto relazionale per garantire la loro stessa sopravvivenza.