È un dato metodologicamente assodato, almeno nella ricerca storica, che le fonti apocrife debbano affiancare quelle canoniche nella ricostruzione dei cristianesimi delle origini: associazioni come l’AELAC, studiosi come François Bovon, Enrico Norelli, Bernard Pouderon, Jean-Daniel Kaestli, Éric Junod, lo stesso Gianotto, per non citare che qualche nome a livello europeo, hanno in questi anni dissodato il fertile campo della letteratura apocrifa, mentre studiosi come Mauro Pesce si sono concentrati sull’affascinante e secolare questione del Gesù storico (si veda anche il recente volume L’enigma Gesù, con scritti di Mauro Pesce, Claudio Gianotto ed Enrico Norelli). Il volume del Mulino vuole essere un’introduzione, concisa ed essenziale, a queste fonti così importanti e spesso mal conosciute: in sei capitoli si ripercorrono i primi sviluppi del movimento di Gesù, con l’elaborazione della memoria e il riscatto teologico della morte per crocifissione con la fede nella risurrezione del capo carismatico.
Un’attenzione particolare è giocoforza prestata alla comunità di Gerusalemme che, nella testimonianza paolina, è guidata dalle colonne Giacomo, fratello del Signore, Pietro e Giovanni. La personalità più importante è costituita da Giacomo che, per la profonda pietà e il rispetto della legge mosaica, si era conquistato la stima degli altri Giudei, in specie della corrente farisaica. Gianotto, confrontandosi anche con la letteratura antropologica e con quella sociologica, esamina il “farsi” (il Making) della tradizione su Gesù, nel passaggio da una tradizione orale, informale, controllata dal gruppo, a una tradizione scritta (capitolo due), che resta incomprensibile se non viene contestualizzata all’interno della variegata produzione letteraria in seno al movimento di Gesù: in essa possiamo annoverare l’esegesi delle Scritture ebraiche, l’epistolario paolino (anche le lettere pseudepigrafe), le lettere apostoliche, confluiti nel Nuovo Testamento, le lettere di Ignazio di Antiochia, quelle di Clemente Romano, le apocalissi, le opere di orientamento disciplinare (Didaché) e, last but not least, i vangeli, che devono raccogliere e trasmettere per iscritto il ricordo dei detti e dei fatti di Gesù (al pari degli ahadith nella tradizione islamica). Il terzo capitolo è dedicato alle dinamiche attraverso le quali si individuarono i quattro vangeli canonici versus quelli apocrifi e si elaborò il canone delle Scritture cristiane. Non manca un paragrafo dedicato alla forma letteraria dei vangeli, né uno sviluppo su Marcione cui, alla metà del II secolo, dobbiamo la contrapposizione tra vangelo e legge e l’accettazione del solo Vangelo di Luca e di dieci lettere paoline. Il II secolo ha una situazione ancora sostanzialmente fluida, anche se comincia a intravedersi una linea maggioritaria rappresentata dalla cosiddetta Grande chiesa, che individua nei Vangeli di Marco, il più antico, di Matteo, Luca e Giovanni gli scritti con una particolare autorevolezza e dignità e fondamentali per il consolidamento della nuova identità cristiana in formazione.
I Vangeli di Matteo e Luca seguono lo schema di quello di Marco (e con esso sono chiamati sinottici), quello di Giovanni no: il Gesù di Giovanni è il rivelatore inviato dal Padre, non compie miracoli, non fa esorcismi, non annuncia il Regno, e la comunità giovannea è una comunità circoscritta, in difficoltà in mezzo ai Giudei che non hanno accettato Cristo. Alla fine del II secolo Ireneo di Lione testimonia della grande autorità dei quattro vangeli e identifica i quattro evangelisti con i quattro animali della visione di Ap 4, 7: il primo animale, il leone, indica la potenza, la regalità del Figlio di Dio e rimanda a Giovanni; il secondo, il toro, indica la funzione sacrificale e sacerdotale e rimanda a Luca; il terzo animale, il volto d’uomo, evoca la venuta umana del Salvatore e rimanda a Matteo; il quarto animale, l’aquila, indica il dono dello Spirito aleggiante sulla Chiesa e rimanda a Marco. La tradizione iconografica cristiana sarà influenzata da questi abbinamenti evangelisti-animali, con l’inversione tra primo e quarto animale (leone = Marco; toro = Luca; volto umano = Matteo; aquila = Giovanni). Gianotto si sofferma sugli gnostici come gruppo in competizione nella composizione di scritti con la pretesa di veicolare l’autentico insegnamento gesuano. Si profila dunque il problema degli scritti apocrifi, aggettivo che comprende due accezioni: non riconosciuti dalla Chiesa; falsi, non autentici. In realtà l’aggettivo in greco vuol dire segreto, velato, e si riferisce alle diverse raccolte delle parole di Gesù, di cui alcune trasmesse in cerchie esoteriche di iniziati, e dunque segrete.
È chiaro dunque che si tratta del discorso nevralgico del processo di trasmissione delle parole di Gesù e della procedura di autenticazione di quelle parole in un momento in cui, abbandonata la trasmissione per via orale, era venuta meno l’autorità del tradente come garanzia di autenticità. Se nell’Islam il problema analogo per certificare dell’autenticità degli ahadith è risolto con le catene di trasmettitori, in questo caso ci si concentra sulla catena di trasmissione: da un lato una catena di trasmissione iniziatica, segreta, dall’altro una catena di trasmissione pubblica e verificabile, che la Grande chiesa fonda sul principio di successione apostolica dei vescovi. Il giudizio negativo di Ireneo sulle scritture apocrife e illegittime degli gnostici e la classificazione di Eusebio di Cesarea in scritti accolti, illegittimi e contestati e l’inclusione degli apocrifi in queste due ultime categorie sono all’origine del successivo atteggiamento di diffidenza nei confronti di essi. Il quarto capitolo è dedicato alla tradizione dei lógia di Gesù, di cui conosciamo almeno due raccolte: la cosiddetta fonte Q (dal tedesco Quelle), virtuale, frutto di una ricostruzione ipotetica degli studiosi, e il Vangelo secondo Tommaso. La prima fonte è quella che spiega i materiali che hanno in comune Luca e Matteo e che non si trovano in Marco, da cui entrambi attingono («teoria delle due fonti»). Per ciò che concerne il secondo testo, Gianotto cita i recenti studi di April DeConick, secondo la quale si tratterebbe di un rolling corpus: intorno a un nucleo originario di parole di Gesù, con paralleli nella tradizione sinottica, si sarebbero cristallizzate aggiunte, determinate dai nuovi problemi con i quali i gruppi dei tradenti e dei destinatari di questo Vangelo avrebbero dovuto confrontarsi. Il Gesù del Vangelo di Tommaso ha alcune caratteristiche particolari: opera esclusivamente attraverso la parola, rivelando verità, ammonendo, trasmettendo rivelazioni solo a quanti ne sono degni, smentendo altri maestri, né si fa riferimento alla valenza redentrice della sua morte.
Negli anni tra il 60 e il 100, per la mancata realizzazione dell’evento escatologico, il gruppo che sta dietro il Vangelo reagisce convincendosi di aver sbagliato ermeneutica e creando nuovi detti. In una seconda fase, tra l’80 e il 120, il gruppo sviluppa una concezione immanente del regno, in cui la comunità dei credenti in Gesù ritrova lo stato paradisiaco attraverso la continenza e le esperienze mistiche (slittamento dalla prospettiva apocalittica a quella mistica). Ampia parte del capitolo è incentrata sugli àgrapha, in linea con la ricerca avviatasi con Resch e conclusasi con Pesce (Le parole dimenticate di Gesù, Fondazione Lorenzo Valla-Mondadori, Milano 2004), a indicare i detti di Gesù che non avevano trovato posto nella stesura definitiva dei canonici ed erano stati ripresi in vario modo o dalla tradizione apocrifa o dagli antichi autori cristiani. Oggi gli studiosi sono concordi nel ritenere che i Sinottici conservino solo una parte limitata del patrimonio delle parole di Gesù e che si debba tendere a un obiettivo che vada al di là della ricerca delle parole autentiche, ricostruendo le modalità, le occasioni e le finalità delle raccolte di sue parole nelle prime comunità dei suoi seguaci e vedendo come queste parole sono state assemblate, trasmesse, modificate e adattate a situazioni sempre nuove. Con il passare del tempo l’attività di trasmissione delle parole di Gesù sviluppa forme di organizzazione più complesse, tra le quali ad esempio, nella letteratura apocrifa, quella dialogica: esempi sono i dialoghi di rivelazione gnostici come il Dialogo del Salvatore, l’Epistola apocrifa di Giacomo (facenti parte del corpus di Nag Hammadi), la Pistis Sophia. Al centro del quinto capitolo vi è un gruppo di vangeli apocrifi con uno schema compositivo simile a quello dei canonici, cioè con una cornice narrativa: si tratta di scritti di carattere leggendario, che cercano di legittimarsi integrando con nuove informazioni aspetti che i testi canonici lasciano in ombra (nascita e infanzia di Gesù).
Abbiamo dunque i vangeli giudeocristiani (Vangelo degli ebioniti, dei nazorei, secondo gli ebrei, di Pietro, il Vangelo segreto di Marco, al centro di un “thriller” il cui protagonista è lo studioso americano Morton Smith), quelli dell’infanzia (Protoevangelo di Giacomo – a p. 112 il filosofo Cleso è ovviamente Celso – e L’infanzia del Signore Gesù). Il tema dei vangeli gnostici è affrontato nel sesto capitolo: lo studioso si sofferma sul Vangelo di Maria e, soprattutto, su quello di Giuda, oggetto di una recente campagna mediatica: esso si presenta come il resoconto segreto di una rivelazione fatta da Gesù all’apostolo traditore, Giuda, l’unico a conoscere la vera identità celeste di Gesù. In realtà, però, Giuda non è figura positiva, giacché è contrapposto ai discepoli come tredicesimo demone. Si ravvisa inoltre nel Vangelo una critica radicale alla Grande chiesa, nella misura in cui i Dodici sono talmente ignoranti e incapaci di comprendere al punto che persino i demoni fanno meglio di loro. Sintesi chiara e completa, frutto di una competenza altamente specializzata messa però al servizio di un pubblico non specialista, il volume di Claudio Gianotto si presta ottimamente ad essere uno strumento di introduzione alle fonti apocrife, espressione di quella pluralità di cristianesimi che hanno ormai messo in discussione, e per sempre, il paradigma unitario di un cristianesimo immutabile fin dalle sue stesse origini.
Tratto dalla rivista Humanitas 64 (4-5/2009) 825-828
(http://www.morcelliana.it/ita/MENU/Le_Riviste/Humanitas)
-
-
-
-
-
-
-
35,00 €→ 33,25 €
-
-
-
-
10,00 €→ 9,50 € -
-
-
-
-
-
-
-