Religioni forti. L'avanzata dei fondamentalismi sulla scena mondiale
(Saggi)EAN 9788815107985
Gli autori affermano che il fondamentalismo «è uno dei fenomeni politici più significativi dei nostri tempi» (p. 7). Sostengono che tutte le grandi religioni - cristianesimo cattolico e protestante, ebraismo, islam, induismo, buddismo - albergano movimenti fondamentalisti. Osservano che questi esprimono spesso una reazione ai processi di secolarizzazione e di modernizzazione, si scontrano con la globalizzazione e il mercato, creano enclave di ``veri credenti'' che si prefiggono il ritorno alla ``purezza originaria''. I fondamentalisti, infatti, sostengono di difendere l'ortodossia (la retta fede) o l'ortoprassi (il retto comportamento) e di preservare le tradizioni religiose e le forme tradizionali di vita dall'erosione, creando nuovi modi di lottare contro le forze dell'erosione e della marginalizzazione della religione.
Rilevano che in Iran nel 1979, in Sudan nel 1992, in Turchia, Afghanistan e India nel 1996, e di nuovo in India nel 1998 e 1999, i movimenti fondamentalisti sono giunti ai livelli più alti del potere; in Giordania, Israele, Egitto Marocco, Pakistan e Stati Uniti sono penetrati nei parlamenti, nelle assemblee rappresentative e nei partiti politici; altri movimenti sono stati repressi o costretti alla clandestinità e hanno creato gruppi di opposizione potenti e letali, come Hamas, al-Qaeda, gli estremisti sikh, i guerriglieri del Gruppo islamico armato in Algeria (GIA), i rivoluzionari islamici in Cecenia e nel Daghestan e gli estremisti cristiani negli Stati Uniti, che perseguitano le femministe e sparano ai medici che praticano l'aborto. Dopo l'11 settembre 2001, il fondamentalismo - notano gli autori - è adoperato soprattutto in riferimento a movimenti islamisti. Affermano che, «se l'Islam ha prodotto una forma di fondamentalismo radicale particolarmente virulenta e potenzialmente globale, le altre grandi tradizioni religiose hanno originato anch'esse movimenti che possono essere utilmente comparati con quelli islamisti (come al caso cristiano degli anni '20 che è all'origine del termine) » (p. 13).
Il termine ``fondamentalismo'', infatti, è introdotto in un'edizione del 1920 del periodico battista statunitense ``The Watchman-Examiner'', il cui direttore definiva se stesso e il suo gruppo di protestanti evangelici conservatori come militanti decisi a ``dare la grande battaglia'' per difendere i ``fondamentali'' della fede cristiana dagli evoluzionisti e dagli esegeti critici della Bibbia che infestavano i college e i seminari. Gli autori si propongono di dare risposta a una serie di questioni fondamentali: «quali sono i contesti locali, regionali e globali, e gli stimoli per l'emergere nel XX secolo di movimenti fortemente antimoderni e anti-secolari in seno praticamente a tutte le maggiori religioni? In quali condizioni si sono sviluppati e rafforzati tali movimenti? Quali caratteri comuni di questi movimenti attraversano i confini religiosi, culturali e politici? [...]. E' possibile, e appropriato, intendere il fondamentalismo come un fenomeno unitario - un genere con diverse specie? [...]. I movimenti fondamentalisti [...] sono in grado di estendere la loro influenza sul piano transnazionale?» (ibid.).
Articolano il lavoro in sei capitoli. Nel primo, La cultura di enclave, forniscono una descrizione clinica ed etnografica del fondamentalismo, dovuta a una profonda conoscenza delle religioni abramitiche - ebraismo, cristianesimo ed Islam - nel corso del loro incontro con la secolarizzazione nel tardo `800 e primo `900. Fanno ricorso alla teoria gruppo/griglia dell'antropologa Mary Douglas, che mette a fuoco le ``enclave''che prendono forma da questo incontro. Nel secondo capitolo, Il fondamentalismo: genere e specie, comparano circa venti movimenti religioso-politici nell'ambito di sette tradizioni religiose in base ai loro caratteri ideologici e organizzativi; distinguono tra fondamentalismo ``puro'' e sincretico ed escludono quei movimenti che non possono essere considerati fondamentalisti, «perché non sono nati in reazione alla secolarizzazione e alla marginalizzazione della religione, e non cercano di creare un'alternativa religiosa alle strutture e alle istituzioni secolari» (p. 129), come «le varie forme di pentecostalismo in America Latina e la Tablighi Jama'at, il movimento revivalista musulmano ora diffuso in tutto il mondo» (ibid.).
Nel terzo capitolo, Il fondamentalismo: struttura, caso, scelta, spiegano come esso emerge. Il fondamentalismo nasce da tre insiemi di cause: condizioni strutturali di lungo periodo (come la secolarizzazione), fattori casuali sul breve periodo e scelta del leader. Sottolineano che la leadership è importante. Essa - affermano - «gioca il ruolo creativo essenziale nella formazione, trasformazione e sopravvivenza dei movimenti fondamentalisti» (p. 194). Sottolineano che anche la religione è importante «per determinare l'ideologia originaria e la struttura organizzativa dei movimenti fondamentalisti» (p. 195). Nel quarto capitolo, In lotta con il mondo: i movimenti fondamentalisti come sistemi emergenti, sottolineano i movimenti fondamentalisti come sistemi emergenti e descrivono quattro modelli di interazione fondamentalista col mondo: ``conquistatore'', ``trasformatore'', ``creatore'', ``rinunciatario''. I ``conquistatori'' rappresentano il tipo più violento del movimento fondamentalista. I ``trasformatori'' negoziano la loro posizione e trasformano il proprio ambiente nel corso del tempo. I ``creatori'' si organizzano secondo una tipica enclave: leader carismatico, piccola gerarchia, nucleo egualitario. I ``rinunciatari'' mettono in campo le risorse per la battaglia apocalittica.
Nel quinto capitolo, il modello alla prova: politica, etnicità e strategie fondamentaliste, descrivono il contesto politico e quello etno-religioso, i due fattori strutturali più significativi dei programmi e delle strategie dei fondamentalisti. Nel sesto capitolo, Il futuro del fondamentalismo, gli autori si chiedono quali saranno le probabili sorti dei movimenti fondamentalisti nei prossimi decenni. Concludono individuando tre tendenze storiche che hanno influenzato i movimenti fondamentalisti e li influenzeranno probabilmente in futuro: la secolarizzazione culturale, la democratizzazione e la diffusione dell'economia di mercato. «Il fondamentalismo - scrivono - sopravviverà di certo nel XXI secolo. E' probabile che esso prospererà soprattutto nell'opposizione, come minoranza dissenziente, anche se in alcuni contesti potrà assumere il potere, direttamente o per infiltrazione» (pp. 322-323). Sottolineano «la forte possibilità , dovuta alla tecnologia, che un piccolo gruppo possa cambiare le strutture di potere attraverso una serie di attentati, o avere un impatto sulle relazioni internazionali» (p. 323).
Tratto dalla rivista "Sapienza. Rivista di Filosofia e di Teologia" n. 2/2010
(http://www.edi.na.it)