Spazi e immagini dell'eucaristia. Il caso di Orvieto
(Momenti della chiesa italiana)EAN 9788810928165
Un convegno di studi svoltosi a Orvieto verso la fine di maggio del 2005 sta all’origine dell’impegnativo e prezioso volume sull’arte e la teologia presenti figurativamente nel duomo della cittadina umbra. In particolare le due cappelle, una di fronte all’altra, dedicate all’eucaristia e all’escatologia, offrono spunti di meditazione, specie la cappella del Corporale che conserva la reliquia del miracolo eucaristico di Bolsena. Protagonisti del libro sono senz’altro alcuni studiosi della Facoltà teologica dell’Italia centrale di Firenze che «spaziano dalla storia del monumento alla riflessione sui fermenti spirituali che l’hanno caratterizzata» (p. 7). Ma l’originalità del composito volume, sul piano ecumenico e intellettuale, è data da ulteriori contributi di studiosi di Università americane stimolati dal direttore del Gordon College, dell’università protestante di Boston, tipica per la sua intensa ispirazione religiosa. L’università ha un collegio ad Orvieto: è perciò in grado di offrire ai propri studenti l’opportunità di un soggiorno comunitario di tre mesi in una delle più belle cittadine italiane, a contatto con l’arte e la liturgia cattolica. Il prof. John Skillen, direttore del collegio universitario orvietano, ha l’indubbio merito di aver a lungo accarezzato l’idea di un convegno dedicato alla cattedrale di Orvieto, coinvolgendo teologi e storici della spiritualità e dell’arte in un progetto interdisciplinare e interconfessionale di ricerca. La conclusiva raccolta di studi nel volume assomiglia in qualche modo alla cattedrale a cui è dedicata: un insieme composito di varie ispirazioni. Non manca un’ampia documentazione fotografica, dovuta alla dottoressa Alessandra Malquori, che aiuta ulteriormente lo sforzo di decifrare la ricchezza di messaggi contenuti nello scrigno d’arte che è il duomo di Orvieto.
Una prima parte del volume disegna il contesto storico teologico. Offre anzitutto un contributo, firmato da Alfredo Jacopozzi, sulla dimensione simbolica dell’architettura sacra, dove un edificio diventa simbolo, riflesso e miniatura di una cosmologia, dove un alito di trascendenza prende corpo in una forma. Per il versante teologico spirituale, Valerio Mauro aggiunge la grande rilevanza che assume nel medioevo occidentale l’ostensione dell’ostia consacrata durante la celebrazione eucaristica, per rispondere al desiderio dei fedeli di vedere l’ostia: dalle testimonianze studiate emergono i limiti assieme al valore nascosto della nuova prassi liturgica. Gary Macy firma in inglese una ulteriore precisazione sul cambiamento della comprensione eucaristica avvenuto nel dodicesimo secolo a motivo di miracoli valutati e utilizzati dai teologi del tempo: l’a. annota negli affreschi di Orvieto una teologia eucaristica riduttiva del mistero sacramentale nell’esaltazione della presenza fisica del corpo del Signore nel pane e nel vino consacrati.
Spazi e immagini di una cattedrale è il titolo del secondo passaggio. Timothy Verdon definisce la cattedrale di Orvieto un cantiere aperto che si arricchisce col tempo: nel confronto con Siena e Firenze, si intuisce che il mistero di Cristo collega tematiche iconografiche mariane, eucaristiche ed escatologiche. Severino Dianich dà il contributo forse più consistente (pp. 91-126) per illustrare il senso della presenza di Dio che la spiritualità e la teologia hanno sviluppato lungo i tempi: la cattedrale di Orvieto, storicamente collegata al miracolo eucaristico e alla festa del Corpus Domini, si offre quasi a paradigma per indicare le fasi evolutive dei diversi modi di sentire le chiese come luoghi della presenza divina. In particolare i temi escatologici nei rilievi della facciata e nei cicli pittorici del duomo sono analizzati insieme da Gianni Cioli e Agnese Maria Fortuna: i due aa. uniscono in un percorso interpretativo opere tanto differenti per epoca e soggetto, onde rintracciare un cammino spirituale coerente e ancor oggi significativo, tra timore e speranza.
Un terzo passaggio si incarica di studiare in particolare la cappella del Corporale. Lucio Riccetti, in un corposo contributo che si avvale di propri studi precedenti (cf. pp. 171- 219), analiz-za il rapporto testi/immagine per definire una storia del miracolo di Bolsena, evidenziandone le stratificazioni: la sacra rappresentazione della fine del Duecento, codificata all’inizio del Quattrocento, il Reliquiario del 1338, la costruzione della cappella del Corporale affrescata tra il 1357 e il 1364, il culto eucaristico fino alla scrittura del miracolo sulle lastre marmoree alla fine del XVI secolo. Particolare attenzione per la ricostruzione della storia meritano i tre cartigli allegati alle reliquie, scoperti nei ripostigli segreti della cappella del Corporale: la loro attenta lettura e analisi permette una nuova possibile datazione degli avvenimenti collegati con il miracolo di Bolsena. Il ciclo di affreschi nella cappella del Corporale è oggetto di esame da parte del teologo Roberto Filippini: vi si incrociano due differenti impostazioni. Una prima valorizza le storie di miracoli eucaristici con tono apologetico ed edificante; una seconda prospetta un programma mistagogico quasi completamente biblico: le scene richiamate concludono su una sintesi teologico-biblica. Lo straordinario ciclo pittorico risalente al tardo medioevo viene studiato anche da Catherine Harding e proposto in inglese: storie di miracoli riferiti alla dottrina della transustanziazione fanno corona al miracolo dell’ostia sanguinante avvenuto a Bolsena e all’arrivo del Corporale a Orvieto. Ogni scena è accompagnata da didascalie che evidenziano la funzione didattica della cappella: al fedele è offerta la possibilità di accedere ad una comprensione della reliquia invitante alla conversione della mente e del cuore. Due episodi umanamente problematici, presenti nel ciclo affrescato della cappella del Corporale, offrono l’opportunità a Carlo Nardi di esprimere spunti di riflessione storica, teologica e morale anche in ordine a una purificazione della memoria. Dopo l’indice, in una sessantina di pagine, gli apparati iconografici con le riproduzioni a colori e le didascalie aiutano il lettore a ripassare intuitivamente i contributi scritti del volume.
Il dialogo proficuo tra teologia e arte, qui riuscito, ribadisce una probabile pista di evangelizzazione per il futuro, approfittando del capitale artistico della tradizione cristiana in Italia e stimolando la riflessione teologica ben oltre il chiuso delle severe aule nelle Facoltà teologiche. La stampa del volume è stata infatti possibile grazie al sussidio della Conferenza episcopale italiana. Dal punto di vista didattico anche i sommari bilingui conclusivi di ogni studio del volume meritano una segnalazione: in sette/otto righe sintetizzano le analisi e si offrono come aiuto per una visita non superficiale del duomo di Orvieto.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2009, nr. 1
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
La cattedrale di Orvieto, gioiello artistico sorto per ospitare il Corporale del miracolo eucaristico di Bolsena, è una delle cattedrali gotiche più belle d’Italia. Moltissimi sono gli artisti che vi hanno lasciato il segno, qualificandola come un tempio di bellezza unico nel suo genere, in grado di afferrare il visitatore e di lasciarlo stupefatto. Originariamente era dedicata alla Vergine, ma in seguito alle testimonianze del Miracolo, il suo centro focale è divenuto il tema della presenza reale, tanto da essere qualificata lo “scrigno dell’Eucaristia”. Una vera attestazione di arte e di fede, dove questi due mondi riescono a intrecciarsi, esprimendo quella imago mundi che è da sempre stata oggetto della ricerca e degli sforzi umani. Il volume si qualifica come un viaggio specialistico nei tesori di questa cattedrale, partendo dal centro dell’opera architettonica per coglierne le prospettive e leggere in modo analitico i suoi molteplici riflessi. Gli studi hanno conseguentemente un carattere interdisciplinare e spaziano dalla storia del monumento alla riflessione sui temi teologici e spirituali che l’hanno caratterizzato. Come riconoscono i curatori «la raccolta nel suo insieme somiglia in qualche modo alla cattedrale a cui è dedicata: un insieme composto di varie ispirazioni» (7). Per comprenderla adeguatamente si dovrebbe cominciare dalla fine, dalla bellissima appendice iconografica dedicata in particolar modo agli affreschi della Cappella del Corporale. È la prima volta che tale sequenza viene presentata in modo integrale e il materiale è stato disposto con sapiente cura da Alessandra Malquori (tavv. 1-108). Dopo essersi riempiti di queste immagini si è spinti a leggere le riflessioni, dieci studi di elevata competenza che si apprezzano per il rigore e che sono raggruppati in tre sezioni: il contesto storico teologico; spazi e immagini di una cattedrale; la cappella del Corporale. I teologi dell’Eucaristia troveranno di loro interesse l’esposizione di Valerio Mauro che esamina sul piano storico-teologico il rito di “vedere l’ostia” che nel medioevo ha conosciuto un grande successo (cf. 29-57). Dal punto di vista della liturgia è quasi spontaneo storcere il naso di fronte a una prassi che ha trasformato l’assemblea in spettatrice dell’atto consacratorio, piuttosto che in protagonista della celebrazione stessa, con l’attiva partecipazione alla comunione, tuttavia l’autore ricostruisce con cura il periodo, rilevando anche il tesoro nascosto di questa pratica. Rimanendo nell’ambito medioevale (opportunamente perché è questo il periodo di formazione della cattedrale) Gary Macy approfondisce il modo in cui i racconti dei miracoli eucaristici sono utilizzati dai maggiori teologici del tempo e quale teologia eucaristica traspaia dagli affreschi di Orvieto (cf. 59-77). L’ingresso nella cattedrale è aperto da Timothy Verdon che ci dice come essa è concepita, scoprendola come un cantiere aperto dove le varianti eucaristiche, mariane ed escatologiche sono unite da un filo cristologico (cf. 81-89), mentre Severino Dianich, che intende rispondere alla domanda cos’è una chiesa, ricostruisce intorno al caso orvietano il tema della Presenza di Dio nelle sue diverse fasi evolutive. Lo studio è doppiamente interessante perché oltre a servire alla comprensione dell’oggetto monumentale, permette di approfondire al plurale il tema della “presenza”, come oggi si fa quando si parla di quella eucaristica che è specifica, perché sostanziale, ma non unica (cf. 91-126). La visita guidata continua con il lavoro di Gianni Cioli e Agnese Maria Fontana che contemplano le tematiche escatologiche nei cicli pittorici del duomo (cf. 131-168). Per la Cappella del Corporale, gli esperti di questioni storiche riconosceranno l’importanza dello studio di Lucio Riccetti che ricostruisce la storia del Miracolo, fornendone una nuova datazione con l’esame dei tre cartigli scoperti nei ripostigli nella Cappella del Corporale (cf. 171- 227), mentre Roberto Filippini descrive gli affreschi di Ugolino di Prete Ilario (cf. 229-244). Gli ultimi due studi sono a firma di Catherine Harding, che esamina il rapporto tra didascalie e immagini, mostrando la natura di catechismo vivente che compete alla Cappella (cf. 245-253), e di Carlo Nardi che invita gli storici a valorizzare la memoria (cf. 255-280). Scavare nella memoria significa potenziare il presente, soprattutto quando i valori che essa propone non richiamano un semplice sentimento nostalgico, ma hanno la capacità di rivelarsi estremamente attuali. Questo sembra essere il dono specifico di una cattedrale che, come recita il titolo del primo contributo, di Alfredo Jacopozzi, ha inteso “Dare forma all’eterno” (cf. 11-27). Qualificando Orvieto come esempio di una città monosemica, quelle città che hanno simboli rilevanti per la rappresentazione del sacro di una medesima religione, l’autore fornisce una chiave di lettura simbolica, scrivendo: «Ci sono luoghi ed edifici che connotano spesso un orizzonte molto più vasto e profondo, perché sono simboli che comunicano uno spazio di “cose fatte”, in una incredibile fattibilità tecnica, che diviene dimensione cosmica, ordinata ed armonica; e comunicano un tempo immerso nella trascendenza, un tempo non oggettivo, profondamente incastonato in condizioni esistenziali e ammantato di profonda spiritualità» (11).
Tratto dalla rivista Lateranum n. 2/2008
(http://www.pul.it)