Con Maria di Magdala
-Nel giardino del Risorto
(Itinerari)EAN 9788810510674
Tutti ricordiamo come Marco (16, 9-15) ma soprattutto Giovanni (20, 1-18), descrive l’apparizione di Gesù a Maddalena: «Nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto”». Gli apostoli, correndo, si recarono al luogo di sepoltura di Gesù, entrarono anche nella stanza ricavata nella roccia che aveva ospitato le spoglie del figlio della Vergine Maria, videro le bende per terra e il sudario che gli era stato posto sul capo. I discepoli credettero, anche se non compresero bene che cosa gli accadeva sotto gli occhi, e sconfortati se ne tornarono di nuovo a casa.
E Giovanni continua: «Maria invece stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”. Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbunì!”, che significa: Maestro!. Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma và dai miei fratelli e dì loro: ‘Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro’”. Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e anche ciò che le aveva detto». Dunque Maria di Magdala prima donna a incontrare il Risorto ma anche peccatrice redenta, discepola, apostola, mistica dalla inascoltata verità. Maria Maddalena, oltre ai più importanti episodi legati alla sepoltura e alla resurrezione di Gesù, è già presente in altre occasioni descritte dal Vangelo, come quando piange i suoi peccati e ne ottiene il perdono, quando viene liberata da sette demoni, oppure quando unge i piedi del Signore; è la stessa, infine, che assiste al ritorno in vita del fratello Lazzaro e poi ascolta e segue Gesù sino sul monte Calvario. Una donna tra le più famose della cristianità, alla quale fior di scrittori, esegeti, teologi, hanno dedicato volumi e scritti di rilevanza mondiale, anche contemporanei. Giunge ora nelle librerie il volume di Maria Tondo, Maria di Magdala.
Nel giardino del Risorto, introdotto da «una lettera» di presentazione di Enzo Bianchi, noto fondatore e priore della Comunità di Bose. Maria Maddalena è diventata soggetto della narrativa e dell’arte lungo i secoli e i credenti la contemplano come la discepola del Signore. «Tale io la vedo – scrive l’autrice, docente di lettere e psicologa nata a Salice Salentino (Lecce) – e voglio continuare a guardarla come fonte d’ispirazione. Quando mi accosto al giardino pasquale per capire “chi cerco” nella mia vita, trovo in lei la risposta soprattutto nei momenti di assenza e di perdita. Come per lei, perplessa e in attesa, anche per noi esiste la possibilità di essere disorientati nei momenti di buio e di esultare per la gioia di un incontro improvviso che c’invita a cercare “un’altra Presenza” oltre i nostri pensieri e progetti, per diventare persone pienamente umane». La scrittrice, con esperienze socio-politiche alle spalle ed uno spiccato interesse per le problematiche femminili (suo il volume Donna profezia futuro, Milano, 1997), accompagna il lettore in un viaggio con Maria Maddalena che approda all’incontro con Gesù, alla fede pasquale.
E lo fa sottolineando, con linguaggio «lirico e immaginifico alcuni punti importanti per cercare di penetrare le parole del Vangelo», ha scritto nella presentazione padre Bianchi. Un libro che ben si inserisce nella discussione sul Magistero della Chiesa e particolarmente nel tema trattato dalla Lettera apostolica sulla dignità e vocazione della donna, la Mulieris Dignitatem, scritta da papa Giovanni Paolo II nel 1988, argomento ri-preso poi nella Lettera alle donne, del 1995. In entrambi i documenti vi è la gratitudine di tutta la Chiesa verso la donna impegnata nella vita sociale, politica, culturale, artistica, capace di portare ricchezza di umanità nell’ambito politico ed economico. Un omaggio millenario rivolto anche all’inascoltata Maria di Madga-la che di seguire Cristo fece la sua unica ragione di vita. Una donna annunciatrice, comunicativa, che partecipa le sue conoscenze, corsa a trasmettere ai suoi fra-telli la bella notizia. Chissà se i nostri cellulari, soprattutto quelli del cuore, recano ancora la bellezza di questa notizia!?
Tratto dalla rivista "Parola e Storia" n. 2/2009
(http://www.scienzereligiose-br.it)
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Mariella Spagnolo il 7 ottobre 2009 alle 16:45 ha scritto:
Una donna, un giardino, un incontro di sguardi… e la vita che cambia. L’essenza di una vicenda accaduta duemila anni fa, narrata con ampiezza di dati descrittivi nel Vangelo di Giovanni (20,1-18). Un racconto straordinario, che allude alla forza e al mistero di un legame d’amore divenuto fonte d’ispirazione per scrittori e artisti di ogni tempo. Ce lo ripropone Maria Tondo, psicoterapeuta e scrittrice, con la sua recente pubblicazione: Con Maria di Magdala –Nel giardino del Risorto, Edizioni Dehoniane Bologna 2009. Un lavoro che si presenta come il frutto di uno studio appassionato e di un’esperienza di fede pienamente vissuta, come ben sottolinea Enzo Bianchi nella lettera posta in apertura del volume. E davvero, ad ogni pagina, si percepisce che la figura di Maria di Magdala, nella scena dell’incontro con il Risorto, è stata a lungo contemplata e meditata. Ce lo conferma l’autrice nell’introduzione, quando scrive: “voglio continuare a leggere, studiare, ascoltare, pregare, contemplare la Parola. E guardare questa donna per esplorare il suo mondo, la sua storia. Che è anche la mia. E quella di ogni donna. E di ogni credente. Per cercare la verità e crescere nel desiderio di vedere Dio”. Una premessa significativa, che ci guida nella lettura e invita a modellare il nostro cammino di fede su quello percorso da Maria di Magdala, accogliendo gli stessi momenti che l’hanno scandito: la ricerca, l’attesa, il silenzio, l’abbandono, e poi… l’estasi dell’unione. E l’epilogo sarà, come per la diletta discepola del Signore, poter guardare la vita “con occhi nuovi”, con quello sguardo libero e trasparente che rende capaci di vedere l’invisibile-divino nel quotidiano. Il suo dono, l’amore gratuito scaturito dalla visione del “faccia a faccia” con il Risorto, ci è consegnato come risposta chiara e definitiva ad ogni domanda sul senso della vita.
Con un’attenzione particolare alla discepola di Magdala, ammirata un giorno con grande emozione nella tela del Noli me tangere del Correggio al Museo del Prado, e divenuta immagine-simbolo della relazione più intima che si stabilisce tra Dio e la sua creatura, l’autrice ci rende partecipi di un viaggio interiore, tra il reale e l’immaginario, intrapreso in sua compagnia, attraverso i giardini dell’alleanza. Dal giardino pasquale al giardino dell’Eden, e poi nel giardino del Cantico che prelude all’incontro finale con l’Amato, per ripercorrere le tappe già vissute. Per riattraversare il dolore, la solitudine, l’emarginazione subita, e ritrovare i tratti originari del suo volto, la sua identità vera, pensata da Dio fin dagli inizi della creazione e svelatale, inaspettatamente, nel mattino di Pasqua. Infine, di nuovo nel giardino del sepolcro vuoto, dove Maria di Magdala ha realmente toccato l’amore, ineffabile e misterioso, incontrando lo sguardo tenerissimo del Signore risorto. Luogo dell’armonia ritrovata, della pienezza della gioia, da cui si allontanerà, libera e luminosa, per portare ad altri il dono della visione. Si fa particolarmente interessante a questo punto (capitolo V) la riflessione della Tondo, che nell’attribuire alla protagonista i caratteri propri di chi vive da nomade, solitaria e straniera sin dalle origini, orienta il suo sguardo sul mondo femminile, già reso oggetto di studio in un suo precedente lavoro (Donna, profezia e futuro, Paoline, Milano 1997). Scrive a questo proposito: “Maria, “amica” del Figlio di Dio, è amica di tante donne cui ha prestato e presta ancora la voce. A volte timida e silenziosa nella stessa comunità ecclesiale. Tante come lei, amiche di Dio, dicono l’amore col dono totale di sé. Non viste. Solitarie. In silenzio. Non credute. A volte inascoltate in contesti antichi e nuovi della vita pubblica e privata […] Controcorrente quasi sempre. Ma in profondo contatto con la vita e coi dolori del mondo si muovono lungo sentieri dove solo Dio traccia il percorso e le invisibili mete”.
Un’ ultima considerazione sullo stile comunicativo, molto personale, dell’autrice. Si sente che le sue parole-parlanti, come lo sono sempre le parole dei poeti e dei mistici, affiorano da una ricercata condizione di silenzio e di ascolto profondo, e risultano per questo fortemente evocative. Una scrittura vibrante e colorita, piena di ritmo e di respiro, cattura l’occhio e il cuore di chi legge, che, posto di fronte a pagine di puro lirismo, dove si fa quasi percepibile il soffio dello Spirito, non può non avvertire un profondo coinvolgimento interiore e un acuto desiderio di ricerca.
Il messaggio che rimane alla fine è un invito a vivere la fede con quella disposizione d’animo che è propria di chi ha conosciuto l’Amore e ama da persona profondamente innamorata; di chi, un giorno, ha sentito la bellezza di una Voce pronunciare per la prima volta il proprio nome con un accento unico, e ne è rimasto incantato, al punto che l’incanto, penetrato nello sguardo, lo ha reso per sempre libero e appassionato di fronte alla vita e al suo mistero. Proprio come lo sguardo di Maria di Magdala.
m.t. il 4 luglio 2010 alle 18:00 ha scritto:
Relazione letta a Gerusalemme il 14 aprile del 2009
1) L’incontro con Maria di Màgdala
E’ ancora vivo l’intenso suo sguardo d’amore che mi afferrò mentre contemplavo la scena del “Noli me tangere!” del Correggio nel Museo del Prado ( Madrid).
All’improvviso, quell’incontro rievocò la nostra antica amicizia e ri-accese il filo di simpatia che ci legava, da sempre. La visione attiva e persino curiosa mi fece incontrare il Risorto che parlava anche a me.
Col suo silenzio m’invitava a tendere l’orecchio al silenzio per guardare e ascoltare le cose della vita. Come la sua discepola nel giardino pasquale.
Oh, forza di una immagine che apre uno squarcio di luce sulla propria identità di credente e cambia la vita!
Nel tempo il mio amore per lei ha attraversato diverse tappe fino all’attuale scrittura, approdo di un cammino che viene da lontano.
Da sempre ho voluto esplorare il mistero femminile attraverso figure-simbolo, a partire da Maria, la Madre del Signore.
1. Nel 1994, partecipai ad un Seminario Internazionale su “Maria e la donna” con la relazione: “In Maria Donna dell’alleanza, la donna luogo della relazione”. Ne nacque il mio libro “Donna, profezia e futuro”.
2. Ma ancor prima, negli anni 1970-1980, avevo svolto la funzione di Sindaco nel mio Comune di residenza sperimentando il diritto alla parola in un tempo di fragile presenza delle donne in campo pubblico. In verità ancor più debole nei tempi passati.
Ho sempre ammirato il gruppo di donne che seguivano Gesù e i dodici e li assistevano: le donne che fedeli troviamo al Calvario, al sepolcro e all’alba del nuovo giorno.
3. Mi ha toccata, in particolare, la discepola di Màgdala che mi ha svelato i segreti del cuore: la sua relazione col Signore, la sua avventura nella fede. E mi ha tanto affascinata che ne è nata la presente scrittura. Nella forma di un racconto. Un racconto oltre la riflessione e ogni logica, quasi dettato con il titolo: CON MARIA di MAGDALA. Nel giardino del Risorto.
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2) Il racconto, evento di rivelazione
Mi son chiesto a conclusione del lavoro: “Perché la forma del racconto?” E son riuscita a rispondere solo quando altri mi ha aiutato a capire “una scelta”. Certamente non-consapevole.
Scrive Enzo Bianchi: “Raccontare e ascoltare racconti non è un simpatico diversivo, ma è nutrirsi di ciò che ci fa vivere in verità: il conformarsi al disegno di Dio sull’uomo, quell’uomo pienamente riuscito di cui Gesù Cristo è stato il racconto, e lo scoprire il volto autentico di Dio, di quel Dio che Gesù ha narrato” .
E Jüngel ancora: "L’umanità di Dio s’introduce nel mondo attraverso la narrazione, il pensiero che vuole comprendere Dio è sempre rinviato al racconto".
In un antico midrash ebraico leggiamo che "Dio ha creato gli uomini perché Egli - benedetto sia - adora i racconti".
Beh, se anche a Dio piacciono i racconti, mi auguro gli piaccia anche il mio.
Poi… ricordo anche di aver letto da qualche parte che quando lo scrittore prende coscienza di ciò che ha scritto solo dopo la scrittura poiché il pensiero è arrivato prima alla penna e poi alla testa, allora la scrittura è un vero viaggio: un pellegrinaggio-esodo in un luogo inesplorato che diventa un luogo di presenza: il luogo della Presenza. Il luogo aperto alla presenza e all’azione di Dio dove si legge ciò che c’è intorno e dentro in modo nuovo, più profondo, interiore, sottile.
Questo luogo è stato per me la realtà che io stessa scoprivo via via che scrivevo. Ma che nel contempo avvertivo essere proprio ciò che custodivo dentro. Senza saperlo. Il giardino del Risorto era il giardino del cuore.
Ho così cominciato a narrare lo svolgimento della scena pasquale con occhi, anima, sensi proprio come se fossi lì presente.
Trascinata dal desiderio di rendere visibile ciò che stava accadendo, proprio nella forma del viaggio, balbettavo parole deboli, talora esitanti e spezzate mentre ascoltavo il muto linguaggio dei gesti della discepola.
Maria di Magdala si faceva compagna di viaggio: presenza invisibile e reale che mi svelava il mistero della vita e mi faceva entrare “con fede” in un mondo diverso dove scoprivo qualcosa che prima non conoscevo.
Di fronte alla vita noi siamo nella condizione di essere afferrati e questa donna ci mette nella condizione di essere afferrati e di non disperderci nel movimento verso l’esterno o verso l’interno.
La lettura della sua vicenda crea una sorta di nido in cui sprofondare e da cui guardare la vita.
Maria di Magdala è “il nido”: lo spazio interiore ospitale dove incontrare il mondo esterno con gli occhi del Risorto e ascoltare la sua voce (cf. Rahner).
Io la seguivo per sentieri, a volte impervi e impenetrabili e nei luoghi già attraversati “a piedi nudi” accanto a Gesù.
Ma ho osato spingere il racconto così oltre da includere nell’itinerario “tutto il tempo”: dall’inizio al compimento: fino alla “casa del Padre”.
Mentre camminavo in quel mondo così diverso dal mio, leggevo in trasparenza il senso proprio della vita, perché la luce pasquale mi rendeva trasparente ogni cosa.
“Il libro riduce il mondo dell’uomo avvolto nella foschia al suo vero contenuto, rendendolo trasparente” (K. Rahner).
La vicenda di Maria era uno spazio sacro: il luogo ospitale da cui potevo guardare ciò che non avevo ancora visto. La sua immagine, talora, passava dalle pagine scritte al mondo reale sì che la sua gioia e il suo dolore diventavano la mia gioia e il mio dolore. E la gioia e il dolore di ogni uomo e di ogni donna. La sua esperienza l’esperienza di tutti! E anche noi , come scrive P. Claudel, entriamo in contatto insieme con lei con quel “Tu serio, intimo e tenero, che tocca le fibre più segrete dell’essere, colma il cuore e invita alla reciprocità. Il Tu che crea l’io al di sopra dei condizionamenti. Il Tu che dà sicurezza e pace, che dilata e genera gioia…”.
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3) L’identità della discepola, tra lettura psicologica e simbolica
E, restando in contatto con il Tu che svela il segreto della nostra identità di discepoli come lo svelò a Maria, in quel mattino di luce, per una lettura simbolica e psicologica partiamo dal contesto di luogo e di tempo fondato sulla Parola, perché null’altro sappiamo di lei.
”Ora nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro vuoto… Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio” (Gv 19,42; 20,1).
Proprio lì, eletto luogo d’amore, la contemplo nell’incontro col Signore risorto che le svela il mistero della sua identità d’inviata ad annunziare:“Ho visto il Signore!” (Gv 20,18).
Sì, la sua identità è tutta in ciò che alla fine del duplice viaggio ha scoperto davanti al sepolcro vuoto.
Solo chi ha sperimentato che la persona di Gesù è in se stessa vita e luce, può vedere la risurrezione il mattino di Pasqua.
Solo chi sa che senza la persona di Gesù non c’è vita, è capace di trovare il sepolcro e di credere che la luce non può spegnersi e la vita venir meno.
Solo chi muore totalmente col Signore, può ritrovarlo vivo nella morte e vedere vivo nel sepolcro vuoto Colui che l’ha fatta vivere.
Maria ha condiviso la notte e le tenebre e può ri-vedere nel Risorto come in uno specchio ogni momento della sua vita: il passato e il futuro. Ed ecco, le appare come in una sequenza il tempo del travaglio psichico e spirituale, della frammentazione e della confusione, della emarginazione sociale. E poi il primo incontro per le strade della Galilea e la sequela, la peregrinazione e l’intimità coi discepoli, la condivisione della gioia e della fatica quotidiana. E il tempo della passione e della morte, della perdita e dell’assenza, della ricerca e della desolazione, dell’angoscia e della solitudine di fronte al sepolcro vuoto. E… finalmente il tempo dell’apparizione e del ritrovamento, la gioia dell’incontro e l’inizio della vita nuova. Alla fine l’annunzio della risurrezione. Sul piano psicologico ha potuto vedere fuori di sé l’immagine che si portava dentro, ma anche sul piano della fede ha custodito nel cuore la luce pasquale tante volte annunziata dal Maestro.
La visione del Risorto ha acuito la percezione dei sensi, dell’udito e dello sguardo, e l’ha resa più capace di vedere e di ascoltare.
Attraversando le tappe della liberazione, ha compiuto l’intero percorso dalla paura di aver perso la sua identità, alla fuga da se stessa, fino alla consapevolezza di ri-attraversare il dolore per essere consegnata alla nuova identità.
Nel Risorto raggiunge l’armonia interiore prendendo coscienza dei sensi e dell’intelletto, nella unità della percezione sensibile e dell’intuizione spirituale: del visibile e invisibile.
Oh, miracolo della fede in Maria che diventa se stessa! Maria è simbolo dell’uomo che ritrova se stesso poiché per la prima volta si sente persona e ri-nasce a vita nuova.
Risurrezione è per Giovanni la fine dell’angoscia, la trasfigurazione delle ferite, la glorificazione nella crocifissione. E la donna di Màgdala è il punto estremo di tutto questo. Ed è anche l’inizio!
L’attenzione a questa donna mi ha aiutato a capire meglio il rapporto di unità tra processi psichici e percorso interiore e a interpretare le tappe della trasformazione operata dalla grazia nel suo mondo psichico frammentato nel passaggio dall’io angosciato all’io unificato in cui ritrova finalmente se stessa. E non solo, ho anche ripensato il problema del femminile nella storia della Chiesa e nell’economia della salvezza sullo sfondo di Maria di Nazareth, la Madre di Gesù.
Prendere a cuore il racconto del sepolcro vuoto è stato per me un invito a leggere simbolicamente il fatto esteriore e cercare il luogo della risurrezione attraverso un viaggio interiore.
Il viaggio è desiderio, movimento, ricerca, scoperta, incontro con l’inedito, a volta con qualcosa che può cambiare la vita. Per sempre.
Nel viaggio, tra il reale e l’immaginario, per i luoghi storici e simbolici ho avuto un approccio libero al testo del Vangelo e con l’uso di simboli e figure ho sentito l’evento pasquale più vicino all’esperienza.
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4) Con lei per i giardini dell’alleanza
Un viaggio attraverso i giardini dell’alleanza. Che sono in noi luoghi di evocazione e di risonanza del mistero pasquale. E anche luoghi del nostro andare nel giardino della storia. Luoghi delle nostre relazioni. E dell’amore che cerchiamo e doniamo.
In questi luoghi simbolici sono andata con lei nel lungo faticoso cammino. In silenzio sempre e in ascolto della donna semplice inviata a dire ai fratelli tutto ciò che ha annunciato e compiuto il Figlio dell’Uomo.
Niente clamore per l’operaia dell’ultima ora! Nessun’altra parola per raccontare il Mistero. Soltanto la sua esperienza è parola di luce. E questa lei narra chiedendo ai fratelli la stessa fiducia che le è stata chiesta. Nell’incontro pasquale.
E’ proprio vero che “Noi rendiamo presente Cristo attraverso il cambiamento che Egli opera in noi.” (Luigi Giussani).
Ascoltiamo il racconto del viaggio da un brano del libro dal titolo:
“Nei giardini dell’alleanza”
“Maria si allontana dal giardino dove ha incontrato il Signore risorto e parte verso gli altri giardini alla ricerca del volto che Dio ha pensato per lei. Da sempre.
Lascia indietro i luoghi di dolore e corre verso un sogno da realizzare. Il sogno di un viaggio per i luoghi già attraversati dove guardare la “verità” della sua vita, nella luce della risurrezione.
E’ un cammino nuovo: una esperienza profonda di Dio. Così le appare dalle parole di Gesù che dicono vicinanza e lontananza. E’ accaduto anche a noi in un particolare momento della vita di voler superare qualche paura e di cercare una strada dove realizzare ciò che abbiamo desiderato da sempre.
E ci moviamo alla ricerca. Senza sapere la destinazione e il percorso.
Maria vuol ri-vedere se stessa nella originaria bellezza e fare memoria di ogni tappa vissuta. Si dirige verso il primo giorno di luce della prima settimana della creazione e inizia il viaggio (Gen 1,3) “verso il giardino”: luogo del godimento e dell’incontro del desiderio umano e divino.
Fin dall’inizio il cammino è scandito dalle note di luce del mattino di Pasqua. Anch’esso il primo giorno di luce della prima settimana del mondo redento da Cristo” (pp. 53-54).
Mi son chiesto: “Perché l’inizio del viaggio proprio lì, in quel luogo di tenebre e di luce?
E lei mi ha ricordato che quel giardino è lo stesso giardino della storia dove l’uomo incontra il Cristo crocifisso risorto.
Il giardino dove avviene il passaggio dal “tempo della memoria” che è tempo dell’assenza, del dolore, della perdita, del sepolcro, della morte, al “tempo della risurrezione” che è tempo della luce, della vita, dell’amore, della gioia.
Il giardino dove Maria ha compiuto l’intero percorso della fede fino alla conversione a lasciare la ricerca del morto per andare verso il Vivente. Il giardino dove può raccontare per sempre la Presenza oltre i limiti del passato e del presente. Oltre. Al di là. Nel tempo di Dio dove ri-splende l’originaria bellezza. Come all’inizio, nell’Eden!
“E’ come un’eco del dolce essere della terra all’origine” (G.M. Hopkins).
E da quel giardino la discepola parte per le strade del giardino del mondo: il giardino dove sono nascosti tutti i giardini dell’alleanza.
Ancora nel libro scopriamo il senso della nuova partenza.
“All’inizio io non comprendo il senso di questa partenza attraverso la via dell’Antica e della Nuova Alleanza. Ma so che posso vedere con gli occhi del cuore bella e buona ogni cosa. Come all’inizio.
Osservo i suoi gesti e ascolto ogni parola per fare il suo stesso cammino. Per trovare il tesoro che un giorno le è stato donato.
Mi sento come portata nell’aldilà interiore del suo andare e nella luce del mistero pasquale accolgo ciò che mi rivela del viaggio.
In sua compagnia mi sento a mio agio come mai prima d’ora con altra donna e sono al sicuro. La fisso negli occhi e nella luce della Nuova Alleanza mi appare più bella lei che prima fra tutti ha visto il Risorto.
La contemplo nel “giardino pasquale”, il luogo protetto della rivelazione e del riconoscimento, della contemplazione e dell’unione. E dell’incontro e della nuova partenza. Camminiamo insieme nel “tempo di Dio” sgorgato dalla fede pasquale. E attendo di sapere delle sue paure e attese di donna, delle domande e desideri talora inespressi, e del cammino faticoso e forse celato agli altri.
Ma soprattutto voglio sapere della sua esperienza d’amore col Signore che le appartiene per sempre.
Lei resta in silenzio e sorride. E, come la Madre di Dio che “serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19.51), custodisce le cose ascoltate e vissute. Non solo le cose di Dio, ma tutti i momenti della vita passata. Ciò che di più profondo conserva nel cuore: le fatiche, i limiti, i rifiuti, gli ostacoli, le derisioni, l’abbandono. La solitudine e il desiderio d’amore. Tutto è terreno sacro irrigato dalla grazia pasquale.
Si apre dinnanzi a me un mondo sconosciuto fino al suo arrivo e attendo che venga alla luce. In pienezza” (p.54).
Viene alla luce quel mondo sconosciuto che attendo. Sì, quel mondo sgorga dal pianto che in quel giardino ha versato. E che continua a versare ogni giorno con tutti fratelli per le strade del mondo.
Maria vuol condividere il dolore redento e cerca e racconta la vita nei sepolcri vuoti che sono ancora irrigati dal pianto. Lei sa che ci sono tanti fratelli che invocano i diritti umani e la giustizia negata. Fin dal tempo degli antichi Profeti.
Mentre cammina, congiunge le sue con le mani del Signore risorto che tocca e sana ogni ferita del cuore e del corpo.
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4) E il cammino continua
Con Lui Nomade e Pellegrino che si trasferiva di città in città e di villaggio in villaggio per annunciare il Vangelo, se ne va anche lei per strade deserte inondate di pianto. E piange anche lei per esprimere il sentire solidale col pianto degli uomini.
Se ne va Maria, sola e non vista, accogliendo in silenzio il dolore di ogni fratello che accompagna. E ricorda che la sofferenza e la morte sono state sconfitte per sempre.Da persona a persona passa il messaggio pasquale lei che nel pianto ha visto la luce. Lei che del pianto può svelare il mistero con la più grande parola di vita: la risurrezione.
Il pianto, il mezzo più povero e più grande, è l’eletto luogo di rivelazione.
Il pianto il principio della discesa nell’intimo dov’è apparsa la luce.
Il pianto la prima fenditura del cuore che ha reso visibile il dolore e la visione.
“Donna perchè piangi? Chi cerchi’” (Gv 20, 15).
Nel pianto è risuonata la voce dell’Altro! Nel pianto l’invito alla relazione.
Ed è il pianto il luogo dove noi continuiamo a vedere il Signore morto e risorto.
Perché il pianto è il puro linguaggio dell’amore che cerca e attende l’Amato. Lo cerca e lo attende finchè non lo trova (cf. C.d.c.).
Maria di Màgdala piange ancora oggi con gli uomini e le donne per le ingiustizie del mondo.
Piange, perché il pianto è per lei l’unico modo di consolare e di comunicare. Di sentire l’impotenza e la stessa fragile resa vissuta nel giardino pasquale e di stringersi insieme con chi piange per andare alla pura sorgente del Cuore di Cristo: Fontana di vita e d’amore per tutti.
Ora, con tutti i fratelli e le sorelle sparse nel mondo, anche noi ci sentiamo chiamati per nome in quest’angolo del giardino pasquale e con la discepola ci ri-mettiamo per via pronti ad ogni richiamo della vita a partire, a ricominciare, a stringere nuovi legami, per condividere con tutti i fratelli il pianto e il dolore, l’amore e la pace. Mentre con Agostino invochiamo:
“Orsù, Signore, agisci, svegliaci, richiamaci, accendi e trascina i nostri cuori, ardi, sii dolce. Amiamo, corriamo. Non è forse vero che molti risalgono a te da un abisso di cecità?” (Confessioni Libro, VIII,4)
Lara Munari il 5 gennaio 2020 alle 12:12 ha scritto:
Questo scritto contiene sicuramente spunti molto interessanti. Si comprende che l'Autrice ha fatto un'esperienza spirituale particolare, che cerca di trasfondere nel testo. Il linguaggio è però ridondante, troppi giri di parole talvolta rendono ripetitivi alcuni concetti e si fa fatica a seguire il filo del discorso, che spesso appare astratto. Le notizie storiche sulla Maddalena appaiono solo dai Vangeli; a mio avviso è azzardato parlare di lei secondo interpretazioni personali filtrate dalla propria esperienza. È comunque lodevole lo sforzo e l'impegno dell'Autrice per far conoscere una donna che ha avuto un ruolo fondamentale nell'annuncio del fondamento della nostra fede cristiana.