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«Avete qualcosa da mangiare?» Un pasto, il risorto, la comunità
(Biblioteca di teologia dell'evangelizzazione) [Libro in brossura]EAN 9788810450024
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Tipo
Libro
Titolo
«Avete qualcosa da mangiare?» Un pasto, il risorto, la comunità
Autore
Marcheselli Maurizio
Editore
Edizioni Dehoniane Bologna
EAN
9788810450024
Pagine
296
Data
gennaio 2006
Peso
440 grammi
Altezza
24 cm
Larghezza
17 cm
Profondità
1,5 cm
Collana
Biblioteca di teologia dell'evangelizzazione
COMMENTI DEI LETTORI A ««Avete qualcosa da mangiare?» Un pasto, il risorto, la comunità»
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Recensione di Giuseppe Segalla della rivista Studia Patavina
«All’origine di questo lavoro sta una tesi presentata al PIB per il conseguimento del dottorato in Sacra Scrittura ed elaborata sotto la direzione competente ed affabile del prof. J. Beutler S.J.» (p. 12). E della tesi ha pregi e difetti: il pregio di una analisi e argomentazione minuta e di una documentazione accurata, il difetto della impostazione accademica che comporta molte ripetizioni.
La tesi di fondo è che Gv 21 sia un «racconto di manifestazione» (rispetto a Gv 20 è infatti caratterizzata dal verbo ephanerôthê del v. 14), e funga da epilogo a Gv 1-20 per cui Gv 1-21 è una unità letteraria. Il metodo usato è la rilettura, di cui il miglior rappresentante è J. Zumstein. Gv 21 sarebbe dunque una rilettura di Gv 1-20 nella retrospettiva della Pasqua e nella prospettiva della sua proiezione nel futuro della chiesa, missionario e pastorale. La rilettura più immediata è quella della manifestazione del Messia a Israele (Gv 1,19-2,12), ma comprende la missione e dell’eucaristia (Gv 21,1-14), strettamente legate fra loro: la pesca come simbolo della missione, tenendo conto della metafora della pesca già usata nei Sinottici (Mt 4,19/ Mc 1,6; in Lc 5,10 solo per Pietro) e il pasto seguente dei pesci presi e del pane e pesce preparato da Gesù, simbolo dell’eucaristia che richiama Gv 6.
Lo stesso vale per le figure di Pietro e del DA: una loro rilettura alla luce della loro comparsa nella seconda parte del vangelo (Gv 13-20), e in particolare nei discorsi di addio, dove ricorre pure il tema della manifestazione (Gv 14,4-9 e Gv 16). Pietro rappresenta la missione pastorale, il DA la testimonianza che sta alla base del QV e che rimane fino al ritorno di Gesú (Gv 21,15-23). I due compiti sono già narrati precedentemente in Gv 21,1-14, ove Pietro agisce come guida del gruppo apostolico, mentre la breve comparsa del DA è il grido del testimone che riconosce il Signore (Gv 21,7). In tal modo Gv 21 risulta essere una unità letteraria nelle sue due parti : narrativa la prima (21,1-14) e dialogica la seconda (2,15-23) con la conclusione del narratore che compare in prima persona (21,24-25). Il legame letterario fra loro è dato dal verbo pasteggiare (21,12.15) e quello narrativo dalle due figure principali di Pietro e del DA. Nel dialogo viene loro assegnata un missione, già adombrata nella prima parte. Gv 21 unisce la missione al mondo (nel senso dell’attrazione giovannea) e quella pastorale all’interno della Chiesa (guida e testimonianza) nel tempo che va dalla risurrezione di Gesú alla sua venuta finale.
Nel corso del lavoro si ricorre molto al carattere simbolico del QV, che in Gv 21 appare nella sua più ricca fioritura: missione nella pesca miracolosa, discepolato fino alla morte, guida pastorale e testimonianza: sono tutte espresse con linguaggio simbolico.
Non va dimenticato, infine, il rapporto con i Sinottici, e quello tra Gv 21 e Gv 20.In ambedue i casi si ha continuità e discontinuità. Gv 21 si collega a Gv 20 ricordando al lettore che è «la terza volta che Gesú si manifestò» (Gv 21,14), rileggendo in tal modo anche i primi due «racconti di venuta» come «racconti di manifestazione». Lo stesso si può dire del rapporto di Gv 21 con i Sinottici: la pesca miracolosa e la metafora dei «pescatori di uomini», l’apparizione del Risorto in Galilea e la missione universale vengono riletti in un contesto giovanneo. E ciò potrebbe esprimere l’intenzione dell’autore di affermare che il vangelo non è solo per la comunità giovannea, ma anche per la grande Chiesa.
Il rapporto con la tradizione giovannea è ancora più evidente: la manifestazione del Messia (Gv 1,19-2,12), la missione ai samaritani (Gv 4,4-42), Gesú buon pastore in Gv 10 e 12,20-36 con l’apertura ai «greci» e l’attrazione della croce sono tutti riletti e rielaborati.
Il metodo della rilettura di Gv 21 presuppone una retrospettiva e perciò un’aggiunta posteriore, sia pure in continuità e unità letteraria e tematica con Gv 1-20 come epilogo. In un mio saggio recente [Un epilogo necessario (Gv 21), in Teologia 31 (2006) 514-533], pur accettando la documentatissima tesi di Marcheselli, ho cercato di dimostrare che oltre alla retrospettiva di Gv 21 rispetto a Gv 1-20 si ha anche una prospettiva da Gv 1-20 a Gv 21. Accenno solo a due prove: il titolo cambiato di Simone in «Kefa» (Gv 1,42) e Gv 6,66-71, cui Marcheselli non dà alcuna importanza sono linee che si concludono solo con la missione data a Pietro in Gv 21,15-19, ovviamente insieme alla sua comparsa in Gv 13-19. E, inoltre, il DA, senza Gv 21 rimarrebbe una figura enigmatica.
Io perciò completerei la tesi di Marcheselli, così ben condotta e convincente, con una visione prospettica di Gv 1-20 su Gv 21. In tal modo apparirebbe ancora di più l’unità letteraria complessiva del QV nella sua forma attuale, per cui Gv 21 risulta essere un «epilogo necessario».
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2007, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
La tesi di fondo è che Gv 21 sia un «racconto di manifestazione» (rispetto a Gv 20 è infatti caratterizzata dal verbo ephanerôthê del v. 14), e funga da epilogo a Gv 1-20 per cui Gv 1-21 è una unità letteraria. Il metodo usato è la rilettura, di cui il miglior rappresentante è J. Zumstein. Gv 21 sarebbe dunque una rilettura di Gv 1-20 nella retrospettiva della Pasqua e nella prospettiva della sua proiezione nel futuro della chiesa, missionario e pastorale. La rilettura più immediata è quella della manifestazione del Messia a Israele (Gv 1,19-2,12), ma comprende la missione e dell’eucaristia (Gv 21,1-14), strettamente legate fra loro: la pesca come simbolo della missione, tenendo conto della metafora della pesca già usata nei Sinottici (Mt 4,19/ Mc 1,6; in Lc 5,10 solo per Pietro) e il pasto seguente dei pesci presi e del pane e pesce preparato da Gesù, simbolo dell’eucaristia che richiama Gv 6.
Lo stesso vale per le figure di Pietro e del DA: una loro rilettura alla luce della loro comparsa nella seconda parte del vangelo (Gv 13-20), e in particolare nei discorsi di addio, dove ricorre pure il tema della manifestazione (Gv 14,4-9 e Gv 16). Pietro rappresenta la missione pastorale, il DA la testimonianza che sta alla base del QV e che rimane fino al ritorno di Gesú (Gv 21,15-23). I due compiti sono già narrati precedentemente in Gv 21,1-14, ove Pietro agisce come guida del gruppo apostolico, mentre la breve comparsa del DA è il grido del testimone che riconosce il Signore (Gv 21,7). In tal modo Gv 21 risulta essere una unità letteraria nelle sue due parti : narrativa la prima (21,1-14) e dialogica la seconda (2,15-23) con la conclusione del narratore che compare in prima persona (21,24-25). Il legame letterario fra loro è dato dal verbo pasteggiare (21,12.15) e quello narrativo dalle due figure principali di Pietro e del DA. Nel dialogo viene loro assegnata un missione, già adombrata nella prima parte. Gv 21 unisce la missione al mondo (nel senso dell’attrazione giovannea) e quella pastorale all’interno della Chiesa (guida e testimonianza) nel tempo che va dalla risurrezione di Gesú alla sua venuta finale.
Nel corso del lavoro si ricorre molto al carattere simbolico del QV, che in Gv 21 appare nella sua più ricca fioritura: missione nella pesca miracolosa, discepolato fino alla morte, guida pastorale e testimonianza: sono tutte espresse con linguaggio simbolico.
Non va dimenticato, infine, il rapporto con i Sinottici, e quello tra Gv 21 e Gv 20.In ambedue i casi si ha continuità e discontinuità. Gv 21 si collega a Gv 20 ricordando al lettore che è «la terza volta che Gesú si manifestò» (Gv 21,14), rileggendo in tal modo anche i primi due «racconti di venuta» come «racconti di manifestazione». Lo stesso si può dire del rapporto di Gv 21 con i Sinottici: la pesca miracolosa e la metafora dei «pescatori di uomini», l’apparizione del Risorto in Galilea e la missione universale vengono riletti in un contesto giovanneo. E ciò potrebbe esprimere l’intenzione dell’autore di affermare che il vangelo non è solo per la comunità giovannea, ma anche per la grande Chiesa.
Il rapporto con la tradizione giovannea è ancora più evidente: la manifestazione del Messia (Gv 1,19-2,12), la missione ai samaritani (Gv 4,4-42), Gesú buon pastore in Gv 10 e 12,20-36 con l’apertura ai «greci» e l’attrazione della croce sono tutti riletti e rielaborati.
Il metodo della rilettura di Gv 21 presuppone una retrospettiva e perciò un’aggiunta posteriore, sia pure in continuità e unità letteraria e tematica con Gv 1-20 come epilogo. In un mio saggio recente [Un epilogo necessario (Gv 21), in Teologia 31 (2006) 514-533], pur accettando la documentatissima tesi di Marcheselli, ho cercato di dimostrare che oltre alla retrospettiva di Gv 21 rispetto a Gv 1-20 si ha anche una prospettiva da Gv 1-20 a Gv 21. Accenno solo a due prove: il titolo cambiato di Simone in «Kefa» (Gv 1,42) e Gv 6,66-71, cui Marcheselli non dà alcuna importanza sono linee che si concludono solo con la missione data a Pietro in Gv 21,15-19, ovviamente insieme alla sua comparsa in Gv 13-19. E, inoltre, il DA, senza Gv 21 rimarrebbe una figura enigmatica.
Io perciò completerei la tesi di Marcheselli, così ben condotta e convincente, con una visione prospettica di Gv 1-20 su Gv 21. In tal modo apparirebbe ancora di più l’unità letteraria complessiva del QV nella sua forma attuale, per cui Gv 21 risulta essere un «epilogo necessario».
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2007, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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