Un maestro senza scuola? La lezione di Jacques Dupont
(Biblica)EAN 9788810221457
Dupont (1915-1998) fu autorità indiscussa nell’esegesi biblica cristiana neotestamentaria del secolo scorso, conosciuto e stimato non solo in campo cattolico. Fu anche appassionato protagonista di quel fermento di rinnovamento spirituale che, a partire dalla costituzione conciliare Dei verbum, ha caratterizzato alcuni ambienti legati a comunità monastiche e laicali italiane. Fu, però, maestro senza scuola, perché la sua attività d’insegnamento e di studio fu limitata al ruolo di professore invitato e non si ancorò mai stabilmente a un’istituzione accademica. Ebbe quindi numerosi allievi, che ancora serbano gratitudine per il suo sostegno sempre curioso e interessato (cf. a tale proposito il contributo di G. Betori), ma non creò una tradizione e una scuola di esegesi. In occasione del 10° anniversario della morte, un seminario ha ripercorso i molteplici aspetti del suo magistero: i vari contributi, raccolti nel vol., possono ora ricevere meritata diffusione.
Tratto dalla rivista Il Regno n. 20 del 2009
(http://www.ilregno.it)
Il volume curato da L. Saraceno è la versione cartacea di una delle iniziative che hanno avuto luogo in memoria di Jacques Dupont, monaco benedettino ed esegeta di fama internazionale, a dieci anni dalla scomparsa (13 settembre 1998); si tratta di un convegno-seminario-incontro, svoltosi all’eremo camaldolese di S. Giorgio a Bardolino, nei pressi del lago di Garda, tra alcuni di coloro che hanno conosciuto e apprezzato Dupont, e che per questo si sentono – a vari livelli – suoi discepoli. Il titolo non è solo descrittivo (Dupont non è mai stato insegnante stabile in nessuna facoltà teologica), ma anche volutamente provocatorio: si può dire che l’esegeta-monaco abbia «fatto scuola?». La domanda ritorna in tutti gli interventi: nella prima e nella terza parte più da un punto di vista interpersonale, nel ricordo delle persone e comunità che hanno goduto dell’amicizia e della comunione di Dupont. Nell’ordine sono intervenuti: G. Betori, allora a cavallo tra il segretariato della CEI e la Diocesi di Firenze, e P.-F. de Béthune, dalla comunità monastica in cui P. Jacques visse gli ultimi venticinque anni; quindi M.I. Angelini per l’Abbazia di Viboldone, G. Dotti per la comunità di Bose, L. Fallica per la comunità monastica Ss. Trinità di Dumenza (VA) e infine P. Giudici per la comunità di via Sambuco (Milano). Nella seconda e più corposa parte del lavoro, quella di taglio esegetico, cambia il tono ma rimane la medesima domanda di fondo: l’esegesi di Dupont ha avuto un seguito, o il suo è rimasto solo uno tra i tanti nomi che arricchiscono le lunghe bibliografie dei lavori moderni?
Fermiamoci più nel dettaglio su questa parte centrale. Il primo contributo è di A. Barbi: prende in considerazione solo gli studi sui Vangeli sinottici, dei quali mette bene in evidenza il metodo; è quello della cosiddetta «storia della redazione», che cerca di raggiungere la figura di Gesú attraverso l’analisi delle redazioni evangeliche. La ricerca sul Gesú storico ha fatto passi in avanti significativi, negli ultimi anni, per cui «l’opera di Dupont appare datata. Datazione non significa però superamento o tanto meno dismissione» (p. 36): ha segnato un tratto del percorso di ricerca. Ancore con lo sguardo rivolto alla ricerca sul Gesú storico è il secondo contributo, firmato da M. Pesce, che evidenzia nel metodo seguito da Dupont un presupposto esplicito (che però rimane da chiarire): la ricerca storica non si oppone alla fede nel Cristo risorto. Secondo Pesce, uno dei punti deboli dello studio di Dupont è la scarsa considerazione data al Vangelo di Tommaso, ma occorre ricordare che la discussione in merito è ancora aperta e la posizione di Pesce non comunemente accettata.
Nel terzo contributo, D. Marguerat evidenzia le caratteristiche dei famosi studi sugli Atti degli Apostoli: sono una vera e propria pietra miliare, che – insieme ai lavori di altri noti esegeti – ha segnato la fine della ricerca sulle fonti e l’inizio dell’attenzione alla redazione finale del testo. Certo che l’esegesi contemporanea ha fatto passi in avanti, ma si può affermare senza timore che «le intuizioni di Jacques Dupont anticipavano qua o là l’analisi narrativa, senza arrivare tuttavia fino all’analisi della costruzione del racconto» (p. 84). Dopo Marguerat, R. Fabris rimane nel contesto dell’opera di Luca e affronta i lavori sul terzo Vangelo; qui la prospettiva si fa meno unitaria, ma il metodo di ricerca rimane chiaro.
Il quinto e il sesto contributo affrontano altri due pezzi grossi dell’esegesi di Dupont: le parabole (A. Puig i Tàrrech) e le beatitudini (B. Standaert). Per quanto riguarda le parabole, i principali poli di interesse sono due: da una parte il rapporto tra l’evangelista e Gesú, dall’altra la ricaduta dell’insegnamento parabolico nella vita della comunità credente (di allora e di oggi). Circa i tre volumi sulle beatitudini, che sono forse l’opera più conosciuta, la conclusione è che «Dupont è ancora letto, studiato e perfettamente integrato nella ricerca di oggi» (p. 140); non tutti i commentatori moderni lo citano con profusione, ma molti ne utilizzano di fatto gli studi.
Concludono la parte centrale del libro il lavoro R. Burigana e quello di L. Saraceno. Il primo ripercorre il lavoro svolto da Dupont al Concilio Vaticano II: una partecipazione «attiva ma non ufficiale», o forse è meglio dire «non ufficiale ma attiva», perché pur non essendo perito del Concilio ha saputo influenzare moltissimo il dibattito (l’articolo si sofferma esclusivamente su quanto riguarda la Dei Verbum). Il secondo, firmato dal curatore del volume, dà un’idea del materiale che Dupont ha lasciato in eredità, sfogliando per noi uno dei quarantuno raccoglitori che formano il suo archivio, contenenti appunti articoli note e fotocopie.
Il volume non ha una conclusione ufficiale, che tiri le somme dei vari contributi; non serve, perché è chiaro il ritornello costante: Jacques Dupont è stato e rimane un maestro, che ha una sua scuola non solo nel senso che alcuni lo ricordano con affetto, ma anche e specialmente perché i suoi studi hanno segnato un passaggio importante della storia dell’esegesi moderna. Molti contributi l’hanno evidenziato: è specialmente il suo metodo di ricerca che ha tracciato un percorso nell’esegesi scientifica. Oggi vengono percorse vie nuove, si preferiscono prospettive in parte diverse dalle quali interrogare il testo biblico; un giorno anche queste sembreranno «vecchie»: speriamo che si possano invece definire, come quelle di Dupont, «antiche» e ancora ricche di valore.
Vorrei concludere questa scheda bibliografica con una citazione dal brevissimo scritto di Betori, che ricorda come il p. Dupont avesse creato un legame con i giovani studenti italiani la cui ricerca si intrecciava con i temi da lui più amati. «Qualcuno potrà considerare tutto questo piccola cosa – scrive Betori – una piccola storia periferica nel mondo degli studi biblici, e probabilmente a ragione. Ma non posso dimenticare come questo essere presi sul serio da uno dei più grandi esegeti del momento, che non disdegnava di dedicare un po’ del suo tempo a leggere e perfino a divulgare le nostre modeste realizzazioni, fu elemento non secondario nel rimanere fedeli alla vocazione alla ricerca» (p. 11). Speriamo che anche questo suo stile abbia fatto scuola.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2010, nr. 2
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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