Venite e vedrete
-Commento al Vangelo di Giovanni
(Lettura pastorale della Bibbia)EAN 9788810211335
Il lettore ideale del IV Vangelo, dice l’autore nell’introduzione, è quello descritto da Origene che colloca il Vangelo di Giovanni come primizia tra i quattro evangeli e «del quale nessuno può comprendere il senso se non si è chinato sul petto di Gesù e non ha ricevuto da Gesù Maria come sua Madre» (p. 7). Ed effettivamente il presente commento si presenta come un approfondimento che, senza nulla togliere allo studio storico-critico del IV Vangelo, apre a riflessioni e meditazioni teologiche e spirituali. L’autore, padre assunzionista, ha insegnato alla facoltà di Tolosa fino a giungere nella comunità di San Pietro in Gallicantu, vivendo dunque per lunghi anni in uno degli snodi dell’antica città percorsi da Gesù stesso. Il tono stesso del commentario testimonia una meditazione approfondita del IV Vangelo «compagno e guida spirituale» (p. 11), testimoniata già dalla precedente pubblicazione I personaggi nel Vangelo di Giovanni. Specchio per una cristologia narrativa (Bologna 2007). Dello stesso autore si ricorda tra l’altro un precedente commento al Vangelo di Giovanni, edito dalla San Paolo nel 1994.
Fin dall’introduzione, dedicata alle questioni relative all’autore e all’unità letteraria del IV Vangelo, il volume si lascia apprezzare per lo stile sobrio, essenziale con cui descrive gli aspetti critici fondamentali. Pur presentando alcune questioni dibattute sull’autore, si mostra favorevole all’identificazione di Giovanni evangelista con il discepolo figlio di Zebedeo, che tuttavia va inteso non tanto come l’autore materiale dello scritto giunto a noi, ma come colui che ha impresso la sua impronta alla tradizione giovannea, il testimone oculare che «ha saputo imporre una corrente cristologica molto diversa da quella degli altri evangelisti» (pp. 8-9). Con la stessa sobrietà Marchadour accenna alle tante ricostruzioni proposte dagli studiosi per motivare alcune incongruenze letterarie senza entrare direttamente in questione e scegliendo di considerare il IV Vangelo nella sua forma attuale, situando così il suo commentario nell’ambito degli studi narrativi. Sceglie dunque di interpretare il testo a partire dal suo intreccio narrativo senza tuttavia negare, per la diversa concezione di “autore” nel mondo antico, che la scrittura dell’opera sia avvenuta attraverso l’intervento di diverse mani redazionali. Nondimeno ammette che il Vangelo mostra l’impronta di un vero e proprio “autore” con una sua logica che non è frutto di interventi di semplice aggiunta o integrazioni. In particolare, la testimonianza dei due papiri scoperti nel 1952, P66 e P75, testimoniano la diffusione del testo nella sua forma definitiva (eccetto la nota pericope dell’adultera Gv 7,53-8,11) già all’inizio del II secolo.
Il commento è sprovvisto di note a pie’ di pagina per la sua esplicita destinazione a un ampio pubblico di lettori, rinviando per gli approfondimenti alla bibliografia finale (pp. 267s) in verità, piuttosto esigua data l’enorme quantità di commenti e compendi che riguardano il IV Vangelo; anche in questo l’autore conferma la sua scelta di essenzialità, ma a discapito di qualche riferimento importante come per esempio a quelle opere che hanno praticato lo stesso approccio narrativo al testo, tra tutti R. A. CULPEPPER, Anatomy of the Fourth Gospel. A Study in Literary Design, Philadelphia 1981, ma anche il nostro V. MANNUCCI, Giovanni il Vangelo narrante. Introduzione all’arte narrativa del Quarto Vangelo, Bologna 1993. Proprio a partire dalla lettura narrativa, l’autore opera delle scelte anche nella traduzione del testo. Così per esempio a proposito dell’evoluzione della rappresentazione de “i giudei”. L’osservazione, approfondita da diversi studiosi di Giovanni, parte dal raro uso che viene fatto del termine nei primi quattro capitoli dell’Evangelo, per passare a un tono decisamente diverso e polemico dal capitolo quinto: i giudei sono sempre più gli oppositori e i persecutori di Gesù (cf. Gv 5,16.18), distinguendosi da quei giudei che sono sostenitori di Gesù. Fino alla decisione di uccidere Gesù (7,1) e di espellere dalla sinagoga coloro che credono in lui (9,34). Proprio seguendo il filo della narrazione Marchadour sembra riprendere quanto Culpepper, nello studio sopra citato, presentava come elemento drammatico del plot (l’intreccio), alimentato dal conflitto tra credere e non credere come risposta a Gesù. È così che il nostro autore sceglie di aiutare il lettore traducendo oiJ Ij oudai~oi con “i giudei” quando si vogliono indicare gli abitanti della Giudea (2,6.13.20…) e con «le autorità giudaiche» quando si indicano i capi religiosi (Gv 1:19; 2,18; 7,1…). Lo stesso termine viene così qualificato in funzione del contesto al di là di quanto il testo indichi alla lettera. Un’operazione utile al lettore, ma anche audace da parte del traduttore. Il motivo della scelta è esposto in uno dei brevi ma utili approfondimenti (pp. 129s) indicati nel volume come «finestre»: per rivolgere particolare attenzione a uno dei temi giovannei più discussi, l’accusa di aver posto le premesse per l’antigiudaismo cristiano a partire dai giudizi duri espressi dall’evangelista sui giudei. Forse la citazione di qualche studio come quello di C. K. BARRET Il Vangelo di Giovanni e il giudaismo, Brescia 1980, avrebbe aiutato nella ricerca di qualche approfondimento.
La successione dei capitoli segue naturalmente il piano dello scritto giovanneo, dedicando una lunga introduzione al Prologo (1,1-18 prefazione sovrastorica, pp. 15-27) e alla successiva unità relativa alla testimonianza di Giovanni Battista e al passaggio dei suoi discepoli a Gesù (1,19-51 prefazione storica: pp. 29-39). Seguono poi le due parti del libro dedicate a quelle che solitamente sono indicate come “i due libri” del IV Vangelo: il libro dei segni (cc. 2-12 la fede: pp.41-174) e il libro della gloria (cc. 13-21 l’amore, pp. 175257). Il volume si conclude con una serie di paragrafi raccolti come Appendici (pp. 261-265).
Il commento alle singole unità del Vangelo è articolato in tre momenti: la traduzione (dell’autore) con il commento vero e proprio a carattere prevalentemente narrativo; le “finestre”, cioè aperture “oltre il testo” di genere piuttosto spirituale; “i riquadri tematici”, utili approfondimenti su parole o temi di particolare rilievo nel contesto giovanneo.
L’autore traduce con attenzione e in maniera convincente alcuni versetti; così, per esempio, nel caso di 1,17 «Per mezzo di Mosè la Legge è stata data, per mezzo di Gesù Cristo la grazie e la verità» dove rispettando la struttura del versetto greco si evita la tendenza a interpretare il dono di Gesù Cristo come opposto o alternativo a quello di Mosè. Sempre a proposito del Prologo (Gv 1,1-18), l’autore pur riconoscendo la validità degli approfondimenti critici, sottolinea come le incongruenze riscontrate nel testo giovanneo da parte di studiosi contemporanei dipendano piuttosto dalla logica che presiede alle loro riflessioni piuttosto che a quella dell’autore biblico. Così la questione della diversità di genere e linguaggio tra il prologo e il resto del Vangelo va piuttosto spiegata dall’enfasi che l’autore biblico ha inteso dare al
«testo d’inizio» (p. 17), ciò indipendentemente dal contesto preciso di origine dell’inno che probabilmente preesistette alla composizione del Vangelo.
Condividendo quanto altri hanno sostenuto, il Prologo nel suo complesso finisce per assumere la funzione non solo di introduzione ma di riassunto dell’intero Vangelo (p. 26).
Come già indicato da altri studiosi (tra gli altri R. FABRIS, Giovanni. Traduzione e commento, Roma 1992), i capitoli dal 2 al 4 sono raccolti nella sezione dal titolo Da Cana a Cana (pp. 43-82). Per questa parte, come per le successive, l’autore non si diffonde in approfondimenti, ma raccoglie quanto ritiene utile per l’interpretazione delle singole unità in costante rapporto con gli eventuali paralleli sinottici al fine di evidenziare l’originalità giovannea che dipende certamente dallo scopo teologico dell’autore come anche dalle sue diverse fonti. Del resto egli chiarisce in alcuni passaggi l’importanza della dichiarazione che l’autore stesso del Vangelo fa in 20,31 e cioè di condurre alla fede i suoi lettori/uditori «perché crediate che Gesù è il Messia, il Figlio di Dio, e perché credendo, abbiate la vita nel suo nome». Proprio quest’intento dichiarato è sufficiente a non soffermarsi eccessivamente sulla ricostruzione di pagine del IV Vangelo a partire dal contesto di origine delle singole unità (come ipotizzato da molti, per esempio, a proposito del lungo discorso di rivelazione che segue il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci al c. 6): l’invito è a non perdere il senso del testo nella sua forma e composizione attuale perdendosi nelle ipotesi ricostruttive (p. 96).
In particolare, è possibile costatare l’intreccio tra fonti storiche giovannee, fonti sinottiche e teologia dell’autore nell’ultima parte del commento dedicata al racconto della passione-morte-risurrezione (pp. 213-257). L’analisi della narrazione giovannea è svolta con stile discorsivo e semplice, fruibile da lettori non addentrati in materia esegetica. È lasciato spesso come supposto uno studio narratologico più accurato che l’autore evita di riportare nel dettaglio, in armonia con la destinazione della pubblicazione.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 1-4/2014
(http://www.pftim.it)
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roberta bubola il 1 dicembre 2020 alle 07:59 ha scritto:
Bellissima collana di libri
A. Di cola il 10 marzo 2023 alle 21:53 ha scritto:
Alain Marchadour è sacerdote assunzionista e uno dei maggiori studiosi del vangelo di San Giovanni. Con quest'opera mette a disposizione del lettore i risultati della ricerca scientifica con uno stile discorsivo che rinuncia a citazioni e rimandi. Vale la pena leggerlo.