Custodire il creato
-Teologia, etica e pastorale
(Oggi e domani)EAN 9788810140741
La questione ecologica spesso è stata letta, anche in termini teologici, come una risposta alle crescenti emergenze. Di fronte alle sfide che l’ecologia porta con sé può prevalere una lettura riduttivo-emergenziale o l’ascolto non attento di richiami magisteriali sempre piú frequenti in questo settore. A questi possibili problemi cerca di rispondere il testo in questione, frutto di una serie di incontri e interventi e di un gruppo di studio che ha visto tra i protagonisti diversi docenti della Facoltà teologica del Triveneto, da Simone Morandini – cui si deve un’efficace sintesi dei lavori del gruppo di ricerca (Confessare il Creatore, custodire il creato.
Ripensare un percorso di ricerca, pp. 33-45) – a Giuseppe Quaranta fino ad Augusto Barbi, senza dimenticare il prezioso contributo della Fondazione Lanza nella figura di Matteo Mascia. Già la Presentazione (pp. 11-13), affidata al moralista Bastianel e al teologo Repole, implica la presa in carico sistematica delle questioni ecologiche che non possono essere trattate solamente in ambito morale. La prima e la terza parte – Disegnare spazi educativi, pp. 15-45; Le buone pratiche del custodire, pp. 161-204 – si tengono insieme nell’unità del discorso pedagogico e pastorale, che non sono estrinseci rispetto al lavoro sistematico. In particolare la terza parte, anche a partire da esperienze concrete – Scalmana, L’esperienza di pastorale del creato della Diocesi di Brescia, pp. 175-180 –, si incarica di inquadrare le buone pratiche dentro un contesto socio-economico in cui la questione ecologica è sempre piú connessa con la crisi economica e sociale – Mascia, Custodire il creato, rinnovare le pratiche, pp. 181-204 – ma anche dentro un contesto pastorale – Bressan, Custodire il creato, rinnovare le pratiche.
Prospettive per una pastorale del creato, pp. 163-173 – in cui l’ecologia non è solo oggetto di pratiche pastorali, istituzionali o meno, in relazione agli approfondimenti in ambito civile, ma anche soggetto di tutto l’agire pastorale, secondo il noto richiamo, divenuto particolarmente insistente nel magistero di Benedetto XVI, a una nuova ecologia umana e sociale. La seconda parte – Percorrere il creato tra etica e teologia, pp. 47-159 –, che tocca il nocciolo della questione sistematica, analizza i fondamenti biblici – Barbi, «E Dio vide che ciò era buono», pp. 49-62 – per rispondere alle accuse mosse al pensiero biblico di definire un antropocentrismo radicale e distruttivo nei confronti dell’ambiente. La potenza discreta con cui Dio crea si lega al comando di un dominio altrettanto discreto per l’uomo sulla terra a lui affidata. La riflessione ecologica sul piano teologico-sistematico diventa un luogo privilegiato per recuperare il senso contemporaneo del cristocentrismo, come origine del discorso sul mondo ma anche come destino che si fa compito nella custodia del mondo – Scanziani, Una responsabilità filiale.
Teologia della creazione e questione ambientale, pp. 63-83 –: dall’homo faber solo proteso alla manipolazione del mondo, l’apertura cristologica permette il recupero della dimensione contemplativo-liturgica dell’opera umana nel mondo. In chiave storico-attuale si muove invece l’analisi del tema ecologico nella dottrina sociale della chiesa – Lorenzetti, Dottrina sociale della chiesa e responsabilità per il creato, pp. 85-99 –, che nei continui richiami mette in luce la centralità dell’intervento cristiano nei confronti dell’ambiente; in questa direzione i riferimenti magisteriali potrebbero essere intercettati dal concreto vissuto dei cristiani e delle comunità per evitare il richiamo etico in ottica solo emergenziale. Per certi versi sintetico rispetto all’intera ricerca appare l’importante contributo di Giuseppe Quaranta, Una spiritualità ecologica dell’abitare, un’etica del custodire, pp. 101-124, che unisce la prospettiva spirituale, pastorale ed etica in chiave ecologica: a partire da luoghi del pensiero teologico contemporaneo come le riflessioni di Häring e Auer, la dinamica dell’ecologia permette di superare il mero riferimento all’emergenza integrando visioni differenti, da quella liturgico-etico-orientale come alternativa al razionalismo, alla riscoperta del volto personale del Dio cristiano all’uscita etica dalla strettoia dell’antropocentrismo. L’ecologia, riscoperta proprio nel momento del suo essere «problema», rivela quindi non soltanto la dinamica etica del rispetto responsabile per il creato, ma il senso e la destinazione dell’abitare come figura antropologica originaria.
L’ospite della terra potrà ricostruire tanto eticamente quanto esteticamente un’opera creativa nei confronti del mondo che gli è stato affidato. Non mancano le aperture su questioni attuali come il recente dibattito sui beni comuni – Guenzi, Custodire la terra per il bene comune, pp. 125-159 – in cui si individua un’apertura relazionale del bene comune come interpretato dalla tradizione e una cura responsabile dell’umano comune che viene prima di politiche ambientali solo tecnicisticamente intese. Nel complesso il volume sembra aprire spaccati interessanti su piú fronti: dall’unità delle questioni etiche che dall’ecologia toccano la bioetica e l’etica sociale, allo stretto nesso tra dimensione pastorale, spirituale ed etica del discorso ecologico, fino all’inscindibile nesso tra dimensione biblica e sistematica e tra sistematica e riflessione etico-teologica su un settore definito come quello ecologico. La speranza è che il valore di questi contributi possa continuare a fruttificare all’interno della riscoperta specifica del pratico in teologia come incarnata nel lavoro della Facoltà teologica del Triveneto.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 2/2013
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
Per iniziativa dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI e del Servizio nazionale per il progetto culturale della medesima conferenza episcopale, sono raccolti in questo volume una decina di contributi, affidati a teologi e moralisti italiani di riconosciuta competenza. Accanto alle ormai numerose opere che ammoniscono sui pericoli dell’inquinamento e sulla limitatezza delle risorse naturali, si può ben collocare questa riflessione teologico-morale, che insiste maggiormente sulle opportunità e sugli aspetti positivi della cura verso il creato, proprio mostrando che dall’incontro tra Dio e l’uomo scaturisce la missione di custode del creato affidata al genere umano dallo stesso creatore.
Il problema dell’ambiente può ricevere nuovi stimoli per un’efficace soluzione anche da una visione teologica che mette in rilievo il valore delle realtà terrene e della loro bontà primigenia. «E Dio vide che ciò era buono»: il commento biblico di Augusto Barbi, puntuale e preciso, dà il tono alle altre voci di Simone Morandini, Giuseppe Quaranta, Luigi Lorenzetti e Luca Bressan che formano un coro bene affiatato e convincente attorno a un tema sempre più attuale e urgente. Sarebbe fuorviante pensare che la fede riguardi la salvezza dell’anima da raggiungere nel cielo e quindi non ci si debba preoccupare dei problemi della terra.
Più volte il cristianesimo è stato accusato di mettere l’uomo al centro o quasi al di sopra come «re» del creato, e quindi sarebbe giustificato lo sfruttamento dell’ambiente da parte degli esseri umani. Il messaggio biblico va in un’altra direzione: l’uomo fatto a immagine di Dio, a lui deve rendere conto del «giardino» che gli è stato affidato perché lo custodisca e lo lavori. Perciò difendere la terra, l’acqua e l’aria, che sono doni di Dio, è un compito a cui bisogna educare continuamente ogni generazione. Sotto questo aspetto, le generazioni passate erano molto più sagge e attente: ci hanno trasmesso in eredità paesaggi, foreste e pianure che tocca a noi salvaguardare e mantenere. Ovviamente ciò richiede la ricerca e l’attuazione di pratiche rinnovate, per uno sviluppo sostenibile, che non può essere miticamente infinito, ma va controllato e guidato, utilizzando talvolta il freno e accettando fasi di «decrescita». Le risorse della natura non sono inesauribili. Di qui la necessità di cercare e usare fonti di energia rinnovabili e non inquinanti.
Ma un punto specifico e decisivo riguarda la politica economica e gli stati: se non si stabilisce un’etica di condivisione solidale dei beni della terra, avremo sempre una situazione di grande ingiustizia, in cui i paesi ricchi dispongono di quasi l’80% del prodotto mondiale, pur avendo solo il 22% della popolazione, mentre i paesi poveri utilizzano il restante 20% del prodotto, pur essendo il 78% dell’umanità. In questo compito di «madre e maestra», la chiesa ha una responsabilità pubblica non solo per richiamare e ammonire a «pratiche di giustizia», ma anche per proteggere l’uomo dalla possibilità reale della sua autodistruzione. Come Benedetto XVI ha giustamente scritto nella Caritas in veritate (n. 5): «È necessario che ci sia qualcosa come un’ecologia dell’uomo». Solo così potranno nascere nuovi stili di vita nei quali «la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini siano gli elementi che determinano la scelta dei consumi, dei risparmi e degli investimenti».
Tratto dalla rivista "Credere Oggi" n. 3 del 2013
(http://www.credereoggi.it)
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