La ragione, le scienze e il futuro delle civiltà
-8° Forum del Progetto culturale
(Oggi e domani)EAN 9788810140406
Disponibile anche come | Prezzo |
---|---|
Libro usato | da 20,23 € |
1 pezzo in stato usato come nuovo | 28,90 € → 20,23 € |
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 12
(http://www.ilregno.it)
La Conferenza Episcopale Italiana (CEI) continua a proporre all’uomo contemporaneo la riflessione su temi attuali che aprono al futuro. Si avvale di studiosi seri e impegnati che, mettendosi a confronto, veicolano informazioni e riflessioni ad alto livello. Nell’ottavo Forum, svoltosi a Roma nei giorni 2-3 marzo 2007, si parla del rapporto tra ragione, scienze e futuro delle civiltà, in piena sintonia col magistero vivo di Benedetto XVI. Si apre con la prolusione del card. Camillo Ruini, seguono le riflessioni introduttive dettate da Piero Coda, Giandomenico Boffi e Andrea Riccardi che scrive: «la cultura rende un popolo soggetto del futuro, anche quando gli mancano libertà e sovranità» (p.43). Suddiviso in quattro capitoli: Fede, ragione e spiritualità; Scienza, Fede e Realtà; Dignità e responsabilità dell’uomo; Educazione, comunicazione e crescita della civiltà, ospita firme di eminenti studiose e studiosi e si conclude con la parola del card. Ruini. Egli ripercorre le linee dei diversi interventi concordandoli, rafforzandoli e, in alcuni casi, anche completandoli. Il cardinale ritiene che l’ottavo Forum ha rappresentato un notevole progresso, una sensibile maturazione rispetto ai Forum precedenti… anche se resta molto cammino da fare (cf p.371).
Tratto dalla Rivista di Scienze dell'Educazione n. 3/2008
(http://www.pfse-auxilium.org)
Molti e interessanti sono gli interventi presenti nel volume che raccoglie gli interventi tenuti all’VIII Forum del Progetto Culturale della CEI, tenutosi a Roma nei giorni 2 e 3 marzo 2007. Pur riconoscendo la validità notevole dei rispettivi contributi e la grande ricchezza degli argomenti e dei riferimenti, non ci è possibile analizzare tutti gli interventi singolarmente, come sarebbe opportuno, ma dovremo limitarci a cogliere alcune linee di fondo, utili per un ulteriore dibattito.
Nell’introduzione al volume il card. Camillo Ruini spiega l’importanza di «allargare gli spazi della razionalità, proponendo un dialogo, anzi un nuovo incontro della fede cristiana con la ragione del nostro tempo» (p. 11). È necessaria un’alleanza tra la ragione illuminata e la coscienza teologica delle religioni mondiali, per superare il disincanto che si manifesta nella decadenza post-moderna e nello scientismo positivistico (p. 12). Infatti, la post-modernità ha spesso evidenziato una radicale sfiducia nella ragione. Le religioni devono invece riconoscere l’autorevolezza della ragione naturale, ma va purtroppo anche notato che, in molti casi, la filosofia ha saputo appropriarsi criticamente dell’eredità del pensiero greco, ma ha rifiutato la rivelazione. È significativa la proposta di J. Habermas, secondo il quale la ragione secolare dovrebbe riconoscere l’origine comune di filosofia e religione, favorendo un dialogo tra entrambe, In effetti, il Cristianesimo riesce a congiungere antropocentrismo e teocentrismo, com’è stato ribadito più volte dal Magistero della Chiesa, senza venire meno al concetto della trascendenza divina e alla creaturalità del mondo e dell’uomo.
Riflettendo sul kantismo e sull’armonia che sussiste tra matematica e fisica, è possibile «rovesciare» il punto centrale della tesi kantiana. In tal modo, si ripropone la domanda sull’origine di tale corrispondenza e sull’ipotesi dell’intervento creatore di Dio. La fede non è una filosofia, ma è una virtù teologale che ci libera dalla presunzione in cui cadono alcune filosofie. A questo proposito, non si devono confondere la ragione e la scienza. Esiste un primato della ragione rispetto alla scienza: alla ragione si riconosce la capacità di porre degli interrogativi più ampi rispetto a quelli che pone la scienza. La fede deve essere detta nella relazionalità razionale e nell’impegno ineludibile di un vissuto che sveli l’intima congiunzione tra logos e agape (p. 68). La fede stessa è incontro non con un valore astratto, ma con Cristo: in questa luce, essa è un incontro personale e coinvolgente che fa dell’uomo non un esecutore, ma un convinto seguace dell’annuncio. Occorre superare lo scientismo attraverso una razionalità che consideri altre forme di esperienza e si renda conto che vi sono altri saperi che permettono un orizzonte più ampio di quello che può dare lo scientismo (p. 77).
In un dialogo autentico si deve partire dal riconoscimento dei nostri limiti. Per quanto siano stati fatti passi notevoli, molto ci sfugge. La questione riguarda anche la nostra identità storica e religiosa e le nostre incertezze sul futuro richiedono un’integrazione culturale e spirituale (p. 39 e p. 44). D’altra parte la filosofia contemporanea ha sottolineato l’inconsistenza di molti idoli e di quegli assoluti terrestri che sono stati messi in discussione da filosofi della statura di Karl Popper. Anche Gadamer ha sostenuto che il mondo viene interpretato con un linguaggio che non sono assoluti. La critica agli assoluti ideologici è stata portata avanti da Kelsen e da Von Hayek. Wittgenstein ha sottolineato che dobbiamo liberarci da affermazioni. La metafisica risponde a domande vitali alle quali l’uomo non potrebbe rinunciare, in quanto ne va del significato della sua esistenza. Quali sono effettivamente le possibilità della scienza? Se bisogna prendere sul serio la domanda kantiana sulla condizione di possibilità delle scienze e riflettere sull’evoluzione della scienza dopo Kant e nel Novecento. Pur denunciando la conflittualità tra ragione e fede, si registrano dei cambiamenti interessanti.
Occorre invocare, ai fini di un confronto fruttuoso, una nuova visione del rapporto tra la fede e la ragione, così da creare un dialogo reciproco più vantaggioso per entrambe le parti. Il contributo della fede può e deve essere portato nell’«Areopago» spesso incerto dei nostri tempi (p. 24): «si fa possibile giungere a una conoscenza convergente e articolata della realtà, in uno spazio epistemologico relazionale dove ogni sapere, aprendosi con il proprio metodo agli altri saperi possa esprimere e offrire il proprio contributo al progetto comune» (pp. 26-27). A questo proposito, è necessario sottolineare che la teologia del Novecento ha operato un rinnovamento e apportato nuove riflessioni sullo specifico cristiano. Questo permette un dialogo più profondo tra le diverse religioni, ma anche tra teologia, filosofia e scienze. Non servono un facile concordiamo né una conflittualità sterile e fine a se stessa (p. 86). Inoltre, la fede purifica la ragione e le consente di aprirsi alla radice che la trascende. In questo senso, si tratta di comprendere che la fede affonda le radici in esigenze che la ragione si pone quando affronta le tante contraddizioni che si manifestano nel mondo della storia e del vissuto umano.
Occorre preservare la ragione da una diffidenza verso se stessa causata da ideologie che tradiscono il compito di orientamento dell’uomo. La ragione non deve isolarsi nella rilevazione del fenomeno, ma deve cogliere la dialettica che muove la ricerca analitica: oggi scorgiamo una crisi di significato che colpisce una società che riconduce la vita solo a una funzione soltanto e perde la sua finalità intrinseca. Lo stresso mistero non deve essere sottovalutato: se per la scienza può costituire un limite, esso può condurla a superare alcuni preconcetti inveterati. Sarebbe discutibile se gli scienziati che sono spesso impegnati a trascendere determinati aspetti del reale, non comprendessero le ragioni che spingono ad una ricerca che impegna ad una integrazione profonda tra razionalità, ragione e ragionevolezza. La crisi della ragione ha portato a disconoscerne le capacità e ha spesso offuscato i concetti di totalità, integralità e complessità (p. 133).
Del resto, secondo Cantor, l’infinito «è un’entità oggettiva che il ricercatore ritrova nelle nascoste armonie dell’universo» (p. 154). A questo proposito, è stato importante l’apporto anche epistemologico di Bohr e di Heisemberg, che hanno ritenuto necessario passare dal sistema osservato alla riflessione sul sistema osservatore, mettendo in crisi un’immagine ferma della scienza. In molti casi, la modernità ha scientificamente constatato la razionalità dell’Universo: sono concepibili un disegno e un ordine razionale (p. 162-164) che mette in discussione la tesi di un puro e semplice caos originario. In questo senso, si può ritrovare una solida giustificazione teologica, propria di una fede che sia ragionevolmente fondata e disponibile al dialogo in un atteggiamento di collaborazione e non di preclusione. Inoltre, passando all’analisi dell’uomo e della persona umana, bisogna rilevare come il non prendere in considerazione l’esistenza di un’attività mentale correlata ai parametri chimico-fisici sia un esempio di restrizione ingiustificata della ragione. Vi sono molti segni di una ragione superiore.
Queste riflessioni si riconfermano nelle molte altre tematiche trattate. Si pensi alle tematiche della dignità umana e della ragione nella società secolarizzata, a quelle dell’uscita dal relativismo che nega la grande dignità della persona. Nel volume si affronta la questione di nuove forme di scientismo e di sminuimento della tematica etica, così centrale per il nostro tempo. Il futuro della scienza e della tecnica non può sottrarsi all’esigenza di un confronto con la dimensione morale. Anche in questo caso, bisogna superare ogni unilateralità e il riduzionismo che pretende che la razionalità scientifica possa essere l’unica risposta al problema umano.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 2/2011
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)