«Io sto in mezzoa voi»
-Il prete e la sua comunità
(Carlo Maria Martini)EAN 9788810108857
Alcune lettere, meditazioni, omelie e riflessioni del card. C.M. Martini – durante il suo servizio pastorale a Milano – dedicate ai preti sono state raccolte in questi due volumi. Il primo delinea la figura del prete come «un uomo dalla spiritualità gentile, la statura del pastore solerte e vigile, il tratto di un cristiano che vuole farsi compagno di viaggio di chiunque, per qualsiasi motivo, che accetta di mettersi con lui in ascolto della parola di Dio e di camminare sulla via da essa indicata» (tratto dalla Presentazione di mons. Carlo Ghidelli). Il secondo volume, invece, mira ad aiutare il prete a fare ordine nella sua vita e ad assumere uno stile ministeriale in rapporto alla propria comunità. Di quest’ultimo riportiamo la Presentazione fatta da mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia. Un vescovo in dialogo con i suoi preti esprime una paternità e una coscienza apostolica che sono rivolte nello stesso tempo ai pastori e al gregge. La vita e il ministero dei pastori è la via ordinaria scelta dal Signore perché i credenti possano attingere con verità alle fonti della salvezza.
Ma sia l’esistenza dei pastori sia quella del gregge è immersa nella storia, nelle storie personali e nelle vicende complesse e sempre in mutamento della società umana. Occorre dunque incessantemente percorrere il cammino che riporta alle radici della propria identità vocazionale. Del corpo di Cristo risorto, vivo e operante nella storia, noi siamo membra vive, ciascuno secondo la propria funzione, con il compito cioè che il Signore ha voluto affidarci. E il compito affidato al sacerdote è quello di mettere l’uomo in contatto con Dio, con il suo essere luce, verità, amore. Nessun uomo da sé, a partire dalle proprie risorse può mettere l’altro in contatto con Dio. Ciascun presbitero sa bene di essere strumento dell’agire salvifico di Dio, strumento da lui scelto, ma pur sempre solo strumento. È bene essere dotati di buone qualità umane e saper condividere la vita degli altri, ma ciò che abilita un credente a essere pastore del gregge è l’iniziativa di grazia del Risorto che compie la sua opera di salvezza nella potenza dello Spirito operante nella Chiesa (cf. BENEDETTO XVI, Udienza generale, Piazza San Pietro, 5.5.2010). Come sarebbe possibile essere annunciatori efficaci del mistero di salvezza senza sentirsi salvati, raggiunti nell’intimo dalla grazia che chiama e manda? Nella dedicazione al ministero è necessario che il credente pastore resti aperto alle situazioni e alle domande presenti nel contesto sociale in cui si vive. Esse assumono continuamente nuove configurazioni e sollecitano a ripensare sé stessi, l’esperienza di fede e le forme con cui il Vangelo va ripresentato in ogni ambito e tempo.
In dialogo con i suoi preti l’arcivescovo di Milano C.M. Martini ha ben presenti gli insegnamenti del magistero e i contributi dei vari ordini di sapere: teologico, antropologico e sociale. Ma la sua attenzione è rivolta al modo con cui il Vangelo anima la vita delle persone, al modo con cui esse si rapportano con la testimonianza di vita di Gesù e con il suo insegnamento, al modo con cui affrontano le difficoltà che incontrano e riavviano i dinamismi della conversione e della missionarietà. È una comunicazione di tipo sapienziale, dunque, quella dell’arcivescovo, con la quale egli vuole aiutare la maturazione di un discernimento spirituale e pastorale dentro il quale il presbitero ritrova se stesso e i criteri di fondo del suo servizio nella Chiesa. I testi qui riportati appartengono a un periodo determinato del servizio pastorale del cardinale C.M. Martini a Milano. In essi però Martini inserisce molteplici richiami a riflessioni e proposte da lui fatte nel corso degli anni fin dall’inizio del suo episcopato, a sottolineare così una continuità e coerenza di pensiero che consentono di leggere anche nel frammento il senso dell’insieme. Benché collocati in un preciso contesto storico ed ecclesiale, i testi parlano oltre la contingenza nella quale sono nati. Essi si propongono con un’esemplarità che mantiene tutta la sua forza illuminante. Prima di tutto perché da essi emerge con chiarezza il metodo con cui il prete deve muoversi nelle vicende della sua realtà personale e del suo servizio ecclesiale. Sottoposto a molteplici richieste e pressioni interne ed esterne, il credente che è pastore cerca il discernimento e si mette in ascolto di colui che ci parla nella Scrittura e che con la sua Parola ci fa capaci di ascoltare con realismo noi stessi, le persone e le situazioni. L’ascolto della Parola non è successivo a giudizi e scelte già assunti con altri criteri, è invece primario, fondante per la comprensione di quello che il Signore ci dona e ci chiede, di quello che la Chiesa è chiamata a vivere e a operare.
E ancora perché dall’ascolto così praticato il cardinale fa emergere un’armonia di messaggi che aiutano il prete a fare ordine nella sua vita e ad assumere uno stile ministeriale: riconoscere e rispettare il primato di Dio, inserirsi con libertà interiore e disponibilità collaborativa nella pastorale della propria Chiesa particolare, incoraggiare i carismi suscitati dallo Spirito e aiutarli a porsi nella comunione, interpretare le situazioni con lo sguardo della fede cogliendo le possibilità positive che in esse si aprono. Non possiamo che essere grati al Signore perché in ogni tempo, e nel nostro, non mancano nella Chiesa presenze illuminate che svolgono nei confronti dei fratelli il servizio educativo a immagine di quello compiuto dal Risorto verso i due discepoli di Emmaus. Con i tratti particolari della sua fede, della sua sapienza e umanità, la parola del cardinal Martini va oltre l’effettivo esercizio milanese della sua responsabilità episcopale e si propone come buona compagnia per tutti, aiuto a ritrovare il volto del Signore e una fiduciosa e attiva appartenenza ecclesiale. Ciascuno di noi dovrebbe essere attento a riconoscere la luce evangelica che ci raggiunge attraverso i compagni di strada che il Signore ci ha messo accanto. E per queste figure, con l’opportuna semplicità e misura, sentiamo vere le parole della preghiera della Chiesa alle Lodi mattutine quando si fa memoria di pastori santi: «Li hai posti come sentinelle... giorno e notte annunciano il tuo nome... vegliano sulla tua Chiesa».
Tratto dalla rivista Il Regno n. 14/2010
(http://www.ilregno.it)
Alcune lettere, meditazioni, omelie e riflessioni del card. C.M. Martini – durante il suo servizio pastorale a Milano – dedicate ai preti sono state raccolte in questi due volumi. Il primo delinea la figura del prete come «un uomo dalla spiritualità gentile, la statura del pastore solerte e vigile, il tratto di un cristiano che vuole farsi compagno di viaggio di chiunque, per qualsiasi motivo, che accetta di mettersi con lui in ascolto della parola di Dio e di camminare sulla via da essa indicata» (tratto dalla Presentazione di mons. Carlo Ghidelli). Il secondo volume, invece, mira ad aiutare il prete a fare ordine nella sua vita e ad assumere uno stile ministeriale in rapporto alla propria comunità. Di quest’ultimo riportiamo la Presentazione fatta da mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia. Un vescovo in dialogo con i suoi preti esprime una paternità e una coscienza apostolica che sono rivolte nello stesso tempo ai pastori e al gregge. La vita e il ministero dei pastori è la via ordinaria scelta dal Signore perché i credenti possano attingere con verità alle fonti della salvezza.
Ma sia l’esistenza dei pastori sia quella del gregge è immersa nella storia, nelle storie personali e nelle vicende complesse e sempre in mutamento della società umana. Occorre dunque incessantemente percorrere il cammino che riporta alle radici della propria identità vocazionale. Del corpo di Cristo risorto, vivo e operante nella storia, noi siamo membra vive, ciascuno secondo la propria funzione, con il compito cioè che il Signore ha voluto affidarci. E il compito affidato al sacerdote è quello di mettere l’uomo in contatto con Dio, con il suo essere luce, verità, amore. Nessun uomo da sé, a partire dalle proprie risorse può mettere l’altro in contatto con Dio. Ciascun presbitero sa bene di essere strumento dell’agire salvifico di Dio, strumento da lui scelto, ma pur sempre solo strumento. È bene essere dotati di buone qualità umane e saper condividere la vita degli altri, ma ciò che abilita un credente a essere pastore del gregge è l’iniziativa di grazia del Risorto che compie la sua opera di salvezza nella potenza dello Spirito operante nella Chiesa (cf. BENEDETTO XVI, Udienza generale, Piazza San Pietro, 5.5.2010). Come sarebbe possibile essere annunciatori efficaci del mistero di salvezza senza sentirsi salvati, raggiunti nell’intimo dalla grazia che chiama e manda? Nella dedicazione al ministero è necessario che il credente pastore resti aperto alle situazioni e alle domande presenti nel contesto sociale in cui si vive. Esse assumono continuamente nuove configurazioni e sollecitano a ripensare sé stessi, l’esperienza di fede e le forme con cui il Vangelo va ripresentato in ogni ambito e tempo.
In dialogo con i suoi preti l’arcivescovo di Milano C.M. Martini ha ben presenti gli insegnamenti del magistero e i contributi dei vari ordini di sapere: teologico, antropologico e sociale. Ma la sua attenzione è rivolta al modo con cui il Vangelo anima la vita delle persone, al modo con cui esse si rapportano con la testimonianza di vita di Gesù e con il suo insegnamento, al modo con cui affrontano le difficoltà che incontrano e riavviano i dinamismi della conversione e della missionarietà. È una comunicazione di tipo sapienziale, dunque, quella dell’arcivescovo, con la quale egli vuole aiutare la maturazione di un discernimento spirituale e pastorale dentro il quale il presbitero ritrova se stesso e i criteri di fondo del suo servizio nella Chiesa. I testi qui riportati appartengono a un periodo determinato del servizio pastorale del cardinale C.M. Martini a Milano. In essi però Martini inserisce molteplici richiami a riflessioni e proposte da lui fatte nel corso degli anni fin dall’inizio del suo episcopato, a sottolineare così una continuità e coerenza di pensiero che consentono di leggere anche nel frammento il senso dell’insieme. Benché collocati in un preciso contesto storico ed ecclesiale, i testi parlano oltre la contingenza nella quale sono nati. Essi si propongono con un’esemplarità che mantiene tutta la sua forza illuminante. Prima di tutto perché da essi emerge con chiarezza il metodo con cui il prete deve muoversi nelle vicende della sua realtà personale e del suo servizio ecclesiale. Sottoposto a molteplici richieste e pressioni interne ed esterne, il credente che è pastore cerca il discernimento e si mette in ascolto di colui che ci parla nella Scrittura e che con la sua Parola ci fa capaci di ascoltare con realismo noi stessi, le persone e le situazioni. L’ascolto della Parola non è successivo a giudizi e scelte già assunti con altri criteri, è invece primario, fondante per la comprensione di quello che il Signore ci dona e ci chiede, di quello che la Chiesa è chiamata a vivere e a operare.
E ancora perché dall’ascolto così praticato il cardinale fa emergere un’armonia di messaggi che aiutano il prete a fare ordine nella sua vita e ad assumere uno stile ministeriale: riconoscere e rispettare il primato di Dio, inserirsi con libertà interiore e disponibilità collaborativa nella pastorale della propria Chiesa particolare, incoraggiare i carismi suscitati dallo Spirito e aiutarli a porsi nella comunione, interpretare le situazioni con lo sguardo della fede cogliendo le possibilità positive che in esse si aprono. Non possiamo che essere grati al Signore perché in ogni tempo, e nel nostro, non mancano nella Chiesa presenze illuminate che svolgono nei confronti dei fratelli il servizio educativo a immagine di quello compiuto dal Risorto verso i due discepoli di Emmaus. Con i tratti particolari della sua fede, della sua sapienza e umanità, la parola del cardinal Martini va oltre l’effettivo esercizio milanese della sua responsabilità episcopale e si propone come buona compagnia per tutti, aiuto a ritrovare il volto del Signore e una fiduciosa e attiva appartenenza ecclesiale. Ciascuno di noi dovrebbe essere attento a riconoscere la luce evangelica che ci raggiunge attraverso i compagni di strada che il Signore ci ha messo accanto. E per queste figure, con l’opportuna semplicità e misura, sentiamo vere le parole della preghiera della Chiesa alle Lodi mattutine quando si fa memoria di pastori santi: «Li hai posti come sentinelle... giorno e notte annunciano il tuo nome... vegliano sulla tua Chiesa».
Tratto dalla rivista Il Regno n. 14/2010
(http://www.ilregno.it)
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