“Ogni mattina a Jenin” di Susan Abulhaw è un romanzo che racconta la storia dei palestinesi in esilio dopo la creazione dello Stato di Israele nel 1948. Creazione che ha costretto anche migliaia di persone ad abbandonare le proprie terre, per non averne più nessuna, ed essere confinate in ghetti, sempre troppo stretti e brutti, come ogni ghetto che si rispetti.Non avere una patria propria in cui riconoscersi e nella quale abitare, crescere e vivere assieme alla propria gente che vuole il bene della stessa terra che condivide con gli altri, è una situazione che definire infelice è riduttivo, oggi come oggi. Essendo l’appoggio di uno Stato fondamentale per ogni essere umano, visti gli assetti politici e mondiali odierni, chi ne è privo risente di questa mancanza in ogni ambito della sua vita, e spesso si trova scoperto nelle situazioni più difficili di calamità naturali, guerre e carestie, dove il supporto statale diventa fondamentale per la sopravvivenza stessa delle persone che rappresenta e governa. Altrimenti le persone senza patria sono esposte a ogni tipo di vessazione da parte dei più potenti e organizzati vicini (o lontani) paesi, e non hanno la possibilità di rispondere alle offese e alle ingiustizie subite, o nemmeno più semplicemente dialogare ponendosi sullo stesso piano degli interlocutori internazionali.Susan Abulhaw racconta con estrema dolcezza la storia di quattro generazioni, e della loro difficile nuova condizione di ogni giorno al campo profughi di Jenin dove sono costretti a rifugiarsi dopo il 1948, tramite il personaggio di Amal, la nipote del patriarca di famiglia. Amal dopo l’abbandono della vecchia casa di Ein Hod, racconta la sua storia incredibile e comune, di guerre e disperazioni, strade rotte che nessuno ripara e case che cadono a pezzi, sotto i colpi dell’incuria e delle armi. In mezzo alla polvere, che come una costante riempie i polmoni di terra. Terra che non appartiene più a chi la respira. Amal racconta anche dei drammi quotidiani che non per questo meno dolorosi, come quello di avere due fratelli che combattono su fronti opposti, così come quello di vivere ogni giorno sulla propria pelle la condizione dei rifugiati in esilio. E poi gli amori, le perdite, la maternità. La sofferenza diffusa che viene combattuta con l’amor. L’unica arma che serva a qualcosa, nonostante tutto quello che ci si può trovare intorno.“Ogni mattina a Jenin” di Susan Abulhaw è un romanzo che racconta quasi sessanta anni di storia della Palestina, attraverso le vicende di una famiglia palestinese.