Storia di Chiara e Francesco
(Frontiere Einaudi)EAN 9788806205133
Chiara Frugoni continua a stupirci nella sua incalzante produzione di studiosa di «cose» d'arte e di intelligente (proprio nel significato etimologico del termine, intus-legere) «lettrice» delle figure di santo Francesco e della sua plantula, Chiara, assisani entrambi. Abbiamo avuto, in tempi recenti, molteplici contributi in cui ha saputo unire il rigore della ricerca accademica con l'intento di una buona divulgazione nel campo dell'arte e della storia francescana, non più riservata a «chierici» addetti ai lavori. Con queste intenzioni si presenta anche il testo che segnaliamo, riferito a queste due figure, complesse, travagliate e da secoli interpretate secondo diversi codici di valutazione.
È una proposta che intercetta l'abbondante bibliografia che continua ad uscire sul caso Francesco e del primo francescanesimo, a cui l'Autrice rimanda nella bibliografia finale (pp. 180-190). Il testo risulta essere una proposta capace di divulgare, in parte, quanto aveva già espresso, con maggiore estensione e riferimento alle fonti, in una biografia di Francesco (Vita di un uomo, Torino 1995) e di Chiara (Una solitudine abitata, Roma-Bari 2005): vi ritorna scegliendo «di privilegiare le voci di Chiara e Francesco e ascoltare poco quelle dei loro agiografi, costretti spesso a seguire le volontà dei committenti», preoccupata di comprendere «in che cosa fosse consistita davvero la novità del loro progetto di vita cristiana» facendosi direttamente carico delle problematiche del loro tempo, ritrovando nella semplice parola del Vangelo la lingua e i gesti per dichiararsi e agire. Un'intenzione chiaramente espressa nella nota iniziale (p. 2), rilanciata ai suoi lettori a cui lascia anche la sua personale e-mail per continuare il dialogo. Scelta programmatica e nuova, direi! Il testo si snoda in otto capitoli, che entrano progressivamente nelle intenzioni più profonde, esistenziali dei due protagonisti, al di là dei risultati storici.
E il narrare dell'Autrice parte con il dichiarato progetto di non tediare i lettori con analitici riferimenti storici, pennellando tuttavia il contesto storico con essenziali elementi doverosi per comprendere il contesto storico in cui si colloca la vicenda di Francesco e Chiara. Il contesto familiare, borghese commerciale, socialmente emergente, quello di Francesco; aristocratico, militare, quello di Chiara in una società conflittuale in cui vanno costituendosi nuovi assetti economici e politici, in cui l'istituzione ecclesiastica svolge un ruolo determinante nel gioco delle parti. È proprio in questi assetti storici che si snoda tutta la vicenda esistenziale dei due protagonisti, con quella dialettica (un eufemismo?) sempre esistente tra ideale e reale, tra intuizione e istituzione già ben descritta nel classico contributo di p. Théophile Desbonnets, in cui il primo elemento sembra essere sempre sacrificato al secondo. I primi due capitoli, Decostruire il passato (pp. 26-54) e Quale via da seguire (pp. 55-76) si riferiscono particolarmente alla vicenda esistenziale di Francesco.
I codici agiografici delle legendae sono utilizzati solo in parte, cercando di scavare in profondità sui veri desideri e intenzioni di Francesco. In questo percorso il verbo «decostruire» è particolarmente significativo nell'indagine metodologica dell'Autrice, nel «sospetto» che ogni biografia ufficiale si «costruisca» nel progetto voluto dalla committenza, oltrepassandolo nello sforzo di andare oltre le parole e i fatti presentati, cogliendo le motivazioni più profonde. La chiave interpretativa delle motivazioni è rintracciabile soprattutto negli Scritti di Francesco capace di illuminare le vere intenzioni nel progressivo farsi dell'Ordine e nell'evoluzione dalla Regola bollata (1221) alla Regola bollata (1223), con la sua canonica inalterabilità, motivo della continua oscillazione tra idealità e realtà caratterizzante la storia francescana. La proposta dell'Autrice è di andare oltre il semplice raccontare per cercare di cogliere le dinamiche, evidenziando alcune focalizzazioni. Innanzitutto il tema della povertà, con un Francesco consapevole dell'insidioso fascino e profumo del denaro (cf. di Jacques Le Goff, a cui il presente libro è dedicato, Lo sterco del diavolo.
Il denaro nel medioevo, Roma-Bari 2010), per cui obbliga che nemmeno sia toccato per non restarne in qualche modo compromesso. Se proprio lo si debba usare per qualche frate malato, sia sempre fatto per interposta persona. Il riferimento al racconto del Sacrum Commercium (pp. 123-125) è testimonianza concreta, piena di fascino narrativo di un sogno persistente mentre l'eterogenesi dei fini iniziali si dilatava sempre di più. Un testo, il Sacrum Commercium, dalla datazione discussa, che rimane comunque presente, posto davanti ai frati anche nel racconto pittorico nella vela della Basilica inferiore di Assisi (cf. Milvia Bollati, Franciscus gloriosus. Un'immagine di Francesco tra agiografia e storia, Padova 2012, pp. 51-65). Un ulteriore tema evidenziato è la proposta «altra» di Francesco in Terra d'islam, ben lontano dalla recezione successiva di un Francesco deciso a conquistare la palma del martirio ottenuta provocando i musulmani ma semplicemente «fratello universale» di ogni uomo sotto il cielo dato agli uomini dallo stesso Dio (pp. 133-140). Una lettura troppo irenistica? Di certo: provocazioni per cogliere un Francesco alternativo alla logica violenta del tempo. Come, altresì, viene focalizzato il tema della parola annunciata soprattutto con la testimonianza e l'esemplarità della propria vita, l'unica cosa a cui può aggrapparsi Francesco nella sua proposta ultima (p. 68, come propone anche A. Vauchez, Francesco d'Assisi.
Tra storia e memoria, Torino 2010). Non si può negare comunque una complessità (ambivalenza?) in Francesco stesso, rintracciabile nel suo Testamento: da una parte il ricordo, la memoria di una vocazione personale, il ripercorrere i punti nodali di un'esistenza convertita negli ultimi vent'anni della sua vita e tenacemente perseguita, d'altra parte, l'obbligo per i frati di osservare quella Regola bollata, a lui stesso indirizzata dalla cancelleria papale, nonostante non fosse più giuridicamente il ministro. Un riconoscimento ufficiale arrivato alla fine di una lunga contrapposizione «da cui Francesco uscì pesantemente sconfitto»? (p. 145). Un'altra delle «stranezze» della vicenda di Francesco, espropriato di tutto, ma figura carismatica e di riferimento fino alla fine. È nella chiave della complessità della sua personalità che va letto l'ultimo periodo della vita di Francesco, quello della crisi profonda che lo attraversa prima dell'esperienza delle stimmate, anticipata nel Natale del 1223, nell'esperienza di Greccio. Percorsi che ritroviamo nel capitolo settimo, Sole d'inverno (pp. 141-153). E dopo Francesco, non senza di lui, Chiara.
Chiara verso Francesco, come titola il capitolo quarto (pp. 77-101). Sono pagine di particolare acume psicologico quelle che l'Autrice ci offre in questo «itinerario dell'anima» di Chiara. Tenacemente abbarbicata alla memoria di Francesco e al suo progetto evangelico, sopravvive per lunghi anni al Santo, attraversando momenti in cui l'Ordine era diventato altra cosa rispetto alla fraternitas delle origini. Chiara, con i primi compagni, rimane la memoria tenace di un inizio, in cui il vangelo sine glossa era ancora l'eu-topos per radicare evangelicamente la propria esistenza e il locum di San Damiano diventa lo spazio concreto in cui vivere questa radicalità (pp. 84-101; con un ampio rimando alla questione del Crocifisso di San Damiano, per altro mai citato da Chiara, cf. pp. 93-101).
Una specularità intensa da parte di Chiara, per la quale, stando alle fonti, non sembra esserci stata un'analoga reciprocità, quasi un'asimmetria, calcolando le trentadue volte che Chiara cita Francesco, rispetto al silenzio di questi su Chiara (p. 175). Asimmetria solo apparente, tuttavia, sapendo leggere in modo più ampio le fonti e altri riferimenti in cui Chiara abita con certezza l'orizzonte di Francesco e tenendo conto dei ventisette anni che intercorrono tra la morte di Francesco (1226) e quella di Chiara (1253). È un'identità che si rispecchia nella luce dell'esemplarità di Francesco, che si costruisce con un linguaggio tipicamente femminile, rintracciabile nel vasto movimento delle «mulieres religiosae» che attraversa il femminile europeo tra la fine del XII secolo e gli inizi del successivo. Un movimento che Chiara attraversa nelle sue progressive scelte: nel monastero benedettino di San Paolo della Bastia, nell'esperienza di Sant'Angelo di Panzo, sulle pendici del Subasio, fino al «suo luogo» di San Damiano. Chiara: donna capace di dialogare con Agnese di Boemia, nel condividere un appassionato amore per Cristo, capace di rifiutare ripetute avances regali proposte alla figlia del re di Boemia; Chiara, la «donna forte della valle spoletana» capace di tenere testa al progetto ugoliniano di regolamentare le nuove forme di vita religiosa incanalandole nella consolidata e rassicurante forma benedettina. Un ampio spazio viene dedicato al famoso episodio della visione (non sogno! p. 161) che Chiara ebbe di san Francesco in cui veniva invitata a «suggere» dalla mammella che il Santo stesso le offriva. L'Autrice lo propone nell'ultimo capitolo, l'ottavo, Mentre si fa sera (154-178).
Un episodio che ha avuto varie letture e interpretazioni, anche di tipo psicanalitico, già ampiamente trattato dall'Autrice nella biografia di Chiara Una solitudine abitata (pp. 185-199) e qui sostanzialmente ripreso, come affermato dall'Autrice nella scheda iniziale (p. 2). La lettura che ne fa la Frugoni rimanda al tema ricorrente del latte nell'immaginario di Chiara, riferimento a metafore materne, capaci di richiamare analoghi passaggi presenti nella Passio Perpetuae (p. 165), ma soprattutto in vari passi biblici. Sembra, e lo dice convinta l'Autrice, diversamente da altri autori, che queste siano i sicuri riferimenti che fondano la visione di Chiara, più che una indiretta polemica alla bolla Angelis gaudium del 1238 di Gregorio IX diretta ad Agnese di Boemia, invitata ad accogliere l'impostazione benedettina espressa nelle Costituzioni ugoliniane, rispetto alla forma vitae data da Francesco a Chiara: cibo solido, la prima, rispetto al potum lactis della seconda, capace di nutrire solo neonati. Un bilancio finale: tristezza e gioia! Usando le stesse parole dell'Autrice: «Tracciando un bilancio fra le attese della giovinezza e la realizzazione concreta degli ideali, nella maturità, si potrebbe concludere che la vita di Francesco e Chiara fu una storia triste: contestato precocemente Francesco dai suoi stessi frati, sostanzialmente limitato dai pontefici, oppressa Chiara da una Chiesa che non seppe mai comprenderla, tiepidamente amata allora e oggi dai frati, lasciata sola, da un certo punto in poi, dal suo stesso maestro. Patirono tante rinunce, tante costrizioni, ma seppero vivere i loro incanti e vividamente rappresentarli, diffondendo gioia fino ad oggi in modo suggestivo e felice» (p. 178).
Triste, forse in un rapporto tra ideale e reale; ma è proprio questo che continua a costituire il fascino e la forza, di questi due personaggi, Francesco e Chiara, riletti nella loro esperienza di persone, che a più di ottocento anni di distanza continuano a parlare all'uomo d'oggi, narrati in questo libro dall'Autrice, donna e laica, con una passione femminile, potendo applicare per lei quel titolo di «frate Chiara» che san Francesco concedeva alla cerchia più ristretta delle donne che gli volevano bene e a cui voleva bene.
Tratto dalla Rivista "Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte" LII, 2012, fasc. 1-2
(http://www.centrostudiantoniani.it)
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