Cantici
(Classici greci)EAN 9788802057347
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DETTAGLI DI «Cantici»
Tipo
Libro
Titolo
Cantici
Autore
Romano il Melode
Editore
UTET
EAN
9788802057347
Pagine
1314
Data
2002
Collana
Classici greci
COMMENTI DEI LETTORI A «Cantici»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Cantici»
Recensione di Celestino Corsato della rivista Studia Patavina
Questi due splendidi volumi, di eleganza anche formale oltre che contenutistica, stanno a testimoniare la bellezza e l’armonia dei Cantici, declamati con accompagnamento musicale dal diacono-compositore Romano il Melodo, ammirati dai cristiani contemporanei che andavano con piacere ad ascoltare il giovane siriano, emigrato a Costantinopoli, mentre svolgeva le sue funzioni ecclesiali durante le liturgie.
Qui sono editi, nel testo originale greco e in traduzione italiana, 59 componimenti poetici (kontàkia, contàci, saranno chiamati dal bastoncino intorno al quale si avvolgeva il rotolo su cui il diacono dall’ambone leggeva il testo) che fondono, quanto al genere letterario, elementi diversi provenienti dalla Siria e dalla Palestina ma che si ricollegano anche alla tradizione della prosa d’arte antica. Questi inni, che tanto strabiliavano il pubblico costantinopolitano, erano un “misto di poesia e prosa, di musica e declamazione oratoria, di effusione lirica e sviluppo drammatico” (p. 11).
Il Melodo, rielaborando e perfezionando modelli patristici a lui vicini nel tempo e nello spazio (si tratta della prassi omiletica dei secoli IV e V nelle chiese orientali dell’Impero) - ma non mancano “debiti” nei confronti dei generi letterari antichi, e in particolare della tradizione retorica ellenica: tecnica compositiva, concisione, ricorso all’ironia -, ha rivestito di ritmo poetico e musicale le sue omelie, rendendole esteticamente affascinanti e didatticamente efficaci.
Originario di Emesa (attuale Homs) sul fiume Oronte, Romano ha visto i natali probabilmente verso il 490. Dopo gli studi a Berito (Beyrout), lo troviamo ben presto ad esercitare il servizio diaconale oratorio nelle chiese della capitale orientale durante l’impero di Giustiniano. Nelle vigilie delle feste del calendario bizantino l’omileta-poeta-compositore spiegava i testi liturgici e scritturistici recitando, con accompagnamento di coro e musica, inni da lui stesso composti, con l’intento di catechizzare, ammaliando e avvincendo, gli ascoltatori convenuti. Ciò che la Bibbia dell’Antico e del Nuovo Testamento “raccontava”, il Melodo lo commentava trasformandolo in poesia e melodia, in strofe dalle sequenze ritmiche e dallo svolgimento narrativo. Ed è alla tradizione biblica e patristica che va continuamente rapportato il contenuto dei Cantici, ma anche, per quanto attiene alla ricercatezza estetica, al patrimonio letterario-retorico-poetico greco. Il cantico 54, tradizionalmente intitolato “Terremoti e incendi”, è l’unico contacio della raccolta che apre una finestra su un evento storico (la sedizione - detta “Nika=Vinci!” - di alcuni rivoltosi contro il governo giustinianeo nel gennaio del 532) a cui Romano si è ispirato nella sua omelia sulla misericordia ammaestratrice di Dio: facendo riferimento al sanguinoso episodio (segni premonitori, repressione imperiale, conseguenze), lo legge in chiave penitenziale-morale e interpreta l’agire repressivo dell’imperatore in una religious perspective (J.H. Barkhuizen) così da attribuire al rappresentante di Dio sulla terra “anche gli atti punitivi, dettati dall’amore provvidenziale per il suo popolo” (Tomo II, p. 452).
Si deve a Riccardo Maisano dell’università di Napoli questa nuova e raffinata edizione, curata e documentata in ogni particolare, corredata di consistenti note di commento attinenti alla spiegazione e/o alla terminologia linguistica. Essa è introdotta da un centinaio di pagine che comprendono una Introduzione storica e interpretativa dell’opera e dell’epoca del Melodo (preferibile al francesismo Melode); una Nota biografica che setaccia al filtro della storia le scarne notizie sulla vita riportate, da un’antica fonte agiografica oggi perduta, nei martirologi e nei libri liturgici bizantini (in particolare nel Sinassario Sirmondiano) alla data del 1° ottobre; una completa Nota bibliografica che elenca edizioni (dal 1867), traduzioni e studi scientifici; una lunga Nota critica sulla tradizione manoscritta (storia e diffusione dei testi); un Prospetto liturgico dei Cantici.
Il Maisano espone i criteri che l’hanno guidato nel comporre la presente edizione (pp. 55-56): questa si discosta dalle più recenti edizioni (il curatore ha aggiunto un quadro sinottico fra le edizioni: la presente, quella di J. Grosdidier de Matons, 1964-1981, e quella di P. Maas - C.A. Trypanis, 1963-1970), riservando la dovuta attenzione alla testimonianza dei codici italiani, quando disponibile. Nei Cantici in cui la tradizione non appare contaminata in modo irrimediabile, il Maisano ha attribuito il peso maggiore, nell’ordine, all’accordo di ? con ???, con ? o con uno o più manoscritti orientali. Maggiore prudenza mostra di fronte alle varianti tramandate dal solo ?, anche se in ogni caso l’estrazione periferica e conservatrice dei manoscritti di questo gruppo, insieme alla testimonianza papiracea, rivela l’origine arcaica della tradizione italogreca.
In appendice viene pubblicato l’Akathistos per fornire un termine di confronto con la produzione di Romano il Melodo, a cui nel passato era stato attribuito quell’antico inno bizantino.
Ciascuno dei 59 Cantici è opportunamente introdotto da un paio di pagine in cui si descrive il contenuto, il contesto liturgico, gli elementi poetici, le particolarità, la bibliografia relativa.
Nella rassegna dei titoli si può leggere lo svolgersi dei tempi liturgici del calendario (natalizio, quaresimale, settimana santa, pasquale, ecc.) con le principali festività (del Signore, in onore di Maria e dei Santi) su alcune delle quali il Melodo ritorna più d’una volta, con testi biblici commentati in occasione di altre ricorrenze e domeniche, con tematiche attinenti al digiuno, preghiera, penitenza, battesimo, abito monastico, ecc.
L’iniziale delle strofe va a costituire la firma acrostica dell’autore-compositore (poema/inno dell’umile Romano). Il lirismo dei Cantici - con le assonanze e i giochi di parole, con la finale ripetuta a conclusione delle singole strofe, con l’esegesi poetica delle pagine bibliche, con la molteplicità e la simbologia delle immagini, con l’esposizione narrativa e drammatica dei temi - porta gli uditori coevi a deliziarsi ma anche a saziarsi di una sicura e nutriente spiritualità biblico-liturgica-mariana.
Meritano una sosta meditativa le 14 tavole Tavole, inserite qua e là nel corpo dei due tomi, che illustrano o hanno un qualche riferimento ai contenuti dei Cantici. Davvero indispensabili risultano gli ottimi Indici (biblico, patristico, di altre Fonti; dei nomi; delle parole commentate). La nitida veste tipografica è degna cornice che rende onore al raffinato poeta-compositore Romano Melodo e dà splendore a questa accurata edizione del Maisano.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2003, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Qui sono editi, nel testo originale greco e in traduzione italiana, 59 componimenti poetici (kontàkia, contàci, saranno chiamati dal bastoncino intorno al quale si avvolgeva il rotolo su cui il diacono dall’ambone leggeva il testo) che fondono, quanto al genere letterario, elementi diversi provenienti dalla Siria e dalla Palestina ma che si ricollegano anche alla tradizione della prosa d’arte antica. Questi inni, che tanto strabiliavano il pubblico costantinopolitano, erano un “misto di poesia e prosa, di musica e declamazione oratoria, di effusione lirica e sviluppo drammatico” (p. 11).
Il Melodo, rielaborando e perfezionando modelli patristici a lui vicini nel tempo e nello spazio (si tratta della prassi omiletica dei secoli IV e V nelle chiese orientali dell’Impero) - ma non mancano “debiti” nei confronti dei generi letterari antichi, e in particolare della tradizione retorica ellenica: tecnica compositiva, concisione, ricorso all’ironia -, ha rivestito di ritmo poetico e musicale le sue omelie, rendendole esteticamente affascinanti e didatticamente efficaci.
Originario di Emesa (attuale Homs) sul fiume Oronte, Romano ha visto i natali probabilmente verso il 490. Dopo gli studi a Berito (Beyrout), lo troviamo ben presto ad esercitare il servizio diaconale oratorio nelle chiese della capitale orientale durante l’impero di Giustiniano. Nelle vigilie delle feste del calendario bizantino l’omileta-poeta-compositore spiegava i testi liturgici e scritturistici recitando, con accompagnamento di coro e musica, inni da lui stesso composti, con l’intento di catechizzare, ammaliando e avvincendo, gli ascoltatori convenuti. Ciò che la Bibbia dell’Antico e del Nuovo Testamento “raccontava”, il Melodo lo commentava trasformandolo in poesia e melodia, in strofe dalle sequenze ritmiche e dallo svolgimento narrativo. Ed è alla tradizione biblica e patristica che va continuamente rapportato il contenuto dei Cantici, ma anche, per quanto attiene alla ricercatezza estetica, al patrimonio letterario-retorico-poetico greco. Il cantico 54, tradizionalmente intitolato “Terremoti e incendi”, è l’unico contacio della raccolta che apre una finestra su un evento storico (la sedizione - detta “Nika=Vinci!” - di alcuni rivoltosi contro il governo giustinianeo nel gennaio del 532) a cui Romano si è ispirato nella sua omelia sulla misericordia ammaestratrice di Dio: facendo riferimento al sanguinoso episodio (segni premonitori, repressione imperiale, conseguenze), lo legge in chiave penitenziale-morale e interpreta l’agire repressivo dell’imperatore in una religious perspective (J.H. Barkhuizen) così da attribuire al rappresentante di Dio sulla terra “anche gli atti punitivi, dettati dall’amore provvidenziale per il suo popolo” (Tomo II, p. 452).
Si deve a Riccardo Maisano dell’università di Napoli questa nuova e raffinata edizione, curata e documentata in ogni particolare, corredata di consistenti note di commento attinenti alla spiegazione e/o alla terminologia linguistica. Essa è introdotta da un centinaio di pagine che comprendono una Introduzione storica e interpretativa dell’opera e dell’epoca del Melodo (preferibile al francesismo Melode); una Nota biografica che setaccia al filtro della storia le scarne notizie sulla vita riportate, da un’antica fonte agiografica oggi perduta, nei martirologi e nei libri liturgici bizantini (in particolare nel Sinassario Sirmondiano) alla data del 1° ottobre; una completa Nota bibliografica che elenca edizioni (dal 1867), traduzioni e studi scientifici; una lunga Nota critica sulla tradizione manoscritta (storia e diffusione dei testi); un Prospetto liturgico dei Cantici.
Il Maisano espone i criteri che l’hanno guidato nel comporre la presente edizione (pp. 55-56): questa si discosta dalle più recenti edizioni (il curatore ha aggiunto un quadro sinottico fra le edizioni: la presente, quella di J. Grosdidier de Matons, 1964-1981, e quella di P. Maas - C.A. Trypanis, 1963-1970), riservando la dovuta attenzione alla testimonianza dei codici italiani, quando disponibile. Nei Cantici in cui la tradizione non appare contaminata in modo irrimediabile, il Maisano ha attribuito il peso maggiore, nell’ordine, all’accordo di ? con ???, con ? o con uno o più manoscritti orientali. Maggiore prudenza mostra di fronte alle varianti tramandate dal solo ?, anche se in ogni caso l’estrazione periferica e conservatrice dei manoscritti di questo gruppo, insieme alla testimonianza papiracea, rivela l’origine arcaica della tradizione italogreca.
In appendice viene pubblicato l’Akathistos per fornire un termine di confronto con la produzione di Romano il Melodo, a cui nel passato era stato attribuito quell’antico inno bizantino.
Ciascuno dei 59 Cantici è opportunamente introdotto da un paio di pagine in cui si descrive il contenuto, il contesto liturgico, gli elementi poetici, le particolarità, la bibliografia relativa.
Nella rassegna dei titoli si può leggere lo svolgersi dei tempi liturgici del calendario (natalizio, quaresimale, settimana santa, pasquale, ecc.) con le principali festività (del Signore, in onore di Maria e dei Santi) su alcune delle quali il Melodo ritorna più d’una volta, con testi biblici commentati in occasione di altre ricorrenze e domeniche, con tematiche attinenti al digiuno, preghiera, penitenza, battesimo, abito monastico, ecc.
L’iniziale delle strofe va a costituire la firma acrostica dell’autore-compositore (poema/inno dell’umile Romano). Il lirismo dei Cantici - con le assonanze e i giochi di parole, con la finale ripetuta a conclusione delle singole strofe, con l’esegesi poetica delle pagine bibliche, con la molteplicità e la simbologia delle immagini, con l’esposizione narrativa e drammatica dei temi - porta gli uditori coevi a deliziarsi ma anche a saziarsi di una sicura e nutriente spiritualità biblico-liturgica-mariana.
Meritano una sosta meditativa le 14 tavole Tavole, inserite qua e là nel corpo dei due tomi, che illustrano o hanno un qualche riferimento ai contenuti dei Cantici. Davvero indispensabili risultano gli ottimi Indici (biblico, patristico, di altre Fonti; dei nomi; delle parole commentate). La nitida veste tipografica è degna cornice che rende onore al raffinato poeta-compositore Romano Melodo e dà splendore a questa accurata edizione del Maisano.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2003, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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