San Ciro Martire
-Medico inviato da Dio
(Biografie)EAN 9788801059229
Sebbene, che io sappia, alle prime armi come scrittore, questo bell’opuscolo di Andrea Beato, in carta bianca patinata, splendido nei colori delle immagini che illustrano e commentano l’agile testo, si avvale della Presentazione di S. Ecc. Mons. Enrico Dal Covolo, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense. L’autore, napoletano, già alunno della Pontificia Facoltà Teologica di San Bonaventura al Seraphicum (2011-2014), imposta in maniera perspicua la sua narrazione delle vicende della vita di S. Ciro martire.
Quale il motivo dell’opuscolo? Lo dichiara l’A. stesso nella sua preliminare Presentazione. Tra i suoi familiari è tuttora viva la devozione a S. Ciro, invocato specialmente come santo guaritore: «Forse dopo Gesù e la Madonna, San Ciro è stata la prima figura spirituale che ho conosciuto» (p. 4). Abitando a Napoli, dove la devozione a S. Ciro talora supera quella di S. Gennaro, è cresciuto in lui il desiderio di conoscere meglio la vita del santo guaritore egiziano, «considerato forse il primo medico cristiano». Il quale ebbe come suo collaboratore e compagno di vita e di martirio San Giovanni di Edessa, un soldato che gli fu prezioso aiuto dopo la conversione. I loro corpi, sebbene traslati a Napoli nel sec. XVII, stando un calendario marmoreo erano tuttavia venerati nella città partenopea fin dal sec. IX, una devozione grande, «che nei secoli è cresciuta sempre più, specialmente verso San Ciro, grazie all’opera del gesuita santo, Francesco De Geronimo» (p. 4).
Nell’Introduzione l’A. afferma che in S. Ciro si avverano le condizioni richieste per la canonizzazione dei santi: il sepolcro che, in questo caso, è la chiesa del Gesù Nuovo in Napoli; un culto, che è «attestato dai primi giorni dopo il martirio ad oggi»; una testimonianza quasi contemporanea, quella di S. Sofronio di Gerusalemme, che contiene l’altra, ancor più antica, di San Cirillo d’Alessandria. Un medico di nome Seneca, testifica anche lui, quale testimone oculare, i molti prodigi avvenuti presso la tomba di S. Ciro in Alessandria per sua intercessione (p. 7).
Accomunato a S. Giovanni di Edessa e ad altri martiri, S. Ciro è commemorato nel Martirologio romano come «medico, eremita e martire di Alessandria» (p. 9). Nato ad Alessandria d’Egitto verso la metà del sec. III, fervente cristiano secondo varie testimonianze, Ciro frequentò probabilmente la scuola di Galeno divenendo un abile medico, dedito gratuitamente alla cura di quanti ricorrevano a lui, guarendoli nel corpo e convertendoli al cristianesimo (p. 15).
Quest’attività, ma soprattutto le sue guarigioni gratuite, gli attirarono l’odio di medici e maghi, i quali per invidia lo denunciarono al prefetto di Alessandria, Siriano, costringendo l’uomo di Dio a rifugiarsi nel Castello di Cetzo, sulle coste arabe, dove visse 4 o 5 anni da eremita; ma anche lì, pur immerso nella contemplazione, la sua fama di santo guaritore gli attirò molti malati e seguaci, tra questi ultimi, un soldato, Giovanni, di Edessa, cristiano, costretto a lasciare l’esercito imperiale, essendosi rifiutato di rinnegare la sua fede (pp. 17-18).
Giovanni si rivelò un valido aiuto dell’Abba Ciro, come era chiamato il santo alessandrino nella sua attività clandestina di anargiro; ma le guarigioni di tanti malati nel corpo e nello spirito non potevano restare nascoste. Poiché nel 303 Diocleziano aveva emanato un decreto che prescriveva la morte a quanti non avrebbero sacrificato all’imperatore, i due lasciarono l’eremitaggio «per confortare e curare i tanti fratelli nella fede» (p. 20). Furono però arrestati, torturati e uccisi il 31 gennaio 304 a Canopo, dov’erano andati a sostenere nel martirio una donna, Atanasia, e le tre figlie: Teodiste, Teodata ed Eudossia (p. 21). Sepolti presso la tomba di S. Marco ad Alessandria con le 4 donne martiri, ma in due casse diverse, i corpi di Ciro e Giovanni il 28 giugno del 414 d.C. furono solennemente traslati a Menoutis, presso Canopo, nel santuario a loro dedicato (p. 23), che divenne presto meta di tanti malati.
Nel sec. VIII le spoglie di Ciro e Giovanni, forse per salvarle da eventuali profanazioni musulmane, furono trasferite dall’Egitto a Roma. Nella Città Eterna sostarono a S. Maria Antiqua, a S. Angelo in Pescheria, ma più a lungo in santa Passera, una chiesetta presso S. Paolo fuori le mura, oggi in grande degrado (pp. 25-27). Ivi è visibile un affresco sbiadito, ma leggibile, dei due Martiri con al centro il Cristo (p. 9). Il nome della chiesetta sarebbe corruzione linguistica di Sant’Abbaciro che, passando per Apacero, Pacero, è divenuto Santa Passera (p. 26).
L’approdo a Napoli delle reliquie dei SS. Ciro e Giovanni avvenne sotto il pontificato di Paolo V (1605-1621), quando dal card. Francesco Sforza la principessa Porzia Cigala ottenne molte reliquie, tra le quali erano le ossa dei due Martiri egiziani, donate da lei al fratello gesuita p. Antonio Cigala, che le tumulò subito nella chiesa del Gesù nuovo (pp. 28-30). Intenso il culto di S. Ciro a Napoli, come accennato. È molto diffuso anche nel meridione d’Italia.
Nonostante l’indole popolare e divulgativa dell’opuscolo, l’A. cita le fonti sulle quali ha basato la narrazione: S. Sofronio vescovo di Gerusalemme, le cui opere sui due santi martiri si trovano nei voll. 97 e 114 della Patrologia Greca; gli Acta Sancorum dei Bollandisti, importanti dal punto vista scientifico; l’inserzione dei nostri Martiri nel Martirologio Romano corretto dal Baronio; l’opera del gesuita Giuseppe Prevete sui martiri Ciro a Giovanni, che l’A. ritiene di «grande valore» (p. 36). Finisco riportando l’ultimo capoverso della Presentazione del vescovo Dal Covolo: «Il guadagno che il lettore può avere dalla lettura di questo opuscolo è quello di sperimentare che è possibile vivere una santità nella ferialità perché il Vangelo continua ad invitare ognuno di noi a compiere nuovi percorsi non più sulla scorta delle nostre poche forze, ma alzando lo sguardo a Colui che per primo ci precede e che ci invita a seguirlo. Lui solo è il nostro sostegno!» (p. 3).
Tratto dalla rivista "Miscellanea Francescana" n. I-II/2018
(http://www.seraphicum.com)
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