Dieci buoni motivi per essere cristiani (e cattolici)

Bruno Ferrero, salesiano, esperto in pedagogia ed educazione religiosa dei bambini e dei ragazzi, autore di numerosi volumi di racconti per la catechesi, per l’insegnamento della religione e per la meditazione e, fino allo scorso anno, direttore editoriale della ELLEDICI, offre con la presente pubblicazione un ulteriore testo di accattivante interesse sia per lo stile narrativo che caratterizza tutto lo scritto, sia per la modalità semplice e profonda con cui affronta le dieci tematiche volte a motivare le ragioni della fede, che sostengono e animano la scelta di vita cristiana. I temi di Dio, di Gesù, della preghiera, della Chiesa, degli altri, della missione, della sofferenza, della felicità, della libertà, così come sono presentati, mirano a sfatare il senso che la religione si ponga su un piano teorico e distante dalla vita quotidiana. Le riflessioni attorno ad ogni argomento, espresse in tono affabile e discreto, sono arricchite da piccole storie che favoriscono la comprensione e l’accoglienza del messaggio presentato. Al termine della lettura non si può davvero dire che il cristianesimo sia una religione della noia, che non abbia senso servire Dio e vivere in armonia con Lui; al contrario, si è stimolati a ricuperare il senso vero della fede cristiana e a proclamarla con gioia. Interessati alla lettura del testo possono essere di preferenza i catechisti e gli educatori, ma non meno i giovani.

Tratto dalla Rivista di Scienze dell'Educazione n. 1/2010
(http://www.pfse-auxilium.org)

Siamo «cristiani, certo, e con questo? Perché questo strano pudore nell’ammetterlo? … A che serve credere in Dio?»: sono alcune delle domande scomode a cui ogni credente dovrebbe saper rispondere e che questo libro, attraverso piccole storie e semplici riflessioni, pone. I fedeli, sencondo l’a., dovrebbero essere consapevoli che «il cristianesimo è la via più semplice per la verità e quindi per la felicità » e potrebbero gioiosamente distinguersi per il loro innato desiderio di non «essere uomini speciali, superuomini o simili», quanto d’«essere pienamente e semplicemente persone umane, pienamente umane».

Tratto dalla Rivista Il Regno 2010 n. 20
(http://www.ilregno.it)