Un'introduzione profondamente spirituale alla pratica della lectio divina: l'opera richiama in modo opportuno la specificità della spiritualità cristiana, e mediante numerose citazioni attinte negli scritti dei Padri sollecita un'attuazione personale partendo dagli esempi offerti dagli autori antichi.
PREFAZIONE
di Fr. Robert Le Gall Vescovo di Mende
Il padre Joseph-Marie Verlinde voleva una prefazione non da un Vescovo, ma da un Padre Abate per il suo nuovo libro, e se ne capisce il perché quando si prende conoscenza del manoscritto intitolato Iniziazione alla lectio divina. Così, quando seppe che un Padre Abate era stato eletto Vescovo, si è subito recato da lui che «da cenobita diventava eremita», per riprendere le parole di un Abate benedettino inglese diventato Vescovo nel paese del Galles.
E' stata per me una gioia, mista a nostalgia, leggere le pagine che seguono, in cui gli autori della grande tradizione monastica sono largamente citati, il che conferisce a questo libro l'andamento di un'antologia sulla lectio divina. Per un monaco ripiombato nel mondo per volontà del Santo Padre, è un po' doloroso ritrovare testi che parlano di pace, di solitudine, di sguardo tranquillo su Dio e sul suo mistero, partendo dalla sua Parola lungamente e lentamente ruminata. Gli torna in mente il famoso prologo di san Gregorio Magno ai suoi Dialoghi, in cui quel papa santo si lamenta degli affari che deve costantemente trattare a danno della calma della sua vita interiore. Nel medesimo senso egli scrive in una Omelia su Ezechiele, che si legge il giorno della sua festa nell'Ufficio delle letture del Breviario: «Certo, quando mi trovavo in monastero ero in grado di trattenere la lingua da parole inutili, e di tenere occupata la mente in uno stato quasi continuo di profonda orazione. Ma da quando ho sottoposto le spalle al peso dell'ufficio pastorale, l'animo non può più raccogliersi con assiduità in se stesso, perché è diviso da molte faccende».
Infatti, gli impegni di un Vescovo sono molteplici, anche se quelli di un Padre Abate sono già numerosi. Le persone che frequentano il primo sono più diverse di quelle di cui si occupa il secondo, mentre l'orario di un vescovado non può essere regolato come quello di un monastero. Tuttavia, l'unità di vita è possibile con la grazia di Dio - specialmente la grazia dello stato — nell'uno e nell'altro caso, poiché la prima si costituisce attorno alla carità pastorale, mentre la seconda si organizza attorno alla vita liturgica.
I Padri della Chiesa spesso erano Vescovi, molti di loro erano stati monaci, e i loro scritti testimoniano ancora largamente la profondità della loro lettura delle Sante Scritture; durante tutto il Medioevo molti Abati sono diventati Vescovi e sono rimasti uomini di preghiera. La formazione monastica e l'esperienza abbaziale rendono capaci, sembra, di un contatto con le persone che va immediatamente all'essenziale, e così la ricerca di Dio può proseguire, in condizioni nuove, per un monaco diventato «vigilante», secondo il significato del nome «Gregorio» in greco, perché il Vescovo non è tanto il «sorvegliante», come dice l'etimologia del nome, quanto colui che «veglia su» con amore, l'amore dello Spirito che lo ha investito.
Il monaco-Vescovo che scrive la prefazione a questo libro continua a onorare ogni giorno la lectio divina, in una specie di «battesimo» mattutino, che lo immerge prima dell'autore nella Parola di Dio. Gli sono piaciute le pagine che apre con te, amico lettore, e ti invita a diventare un po' per volta, secondo la felice formula dell'Autore, «una concordanza viva» delle Scritture, cioè un'anima in cui le parole bibliche si richiamano a vicenda in una sinfonia interiore, di cui ha dato esempio la predicazione monastica di san Bernardo. La mente e il cuore, e la stessa fantasia, sono abitati dalle parole di Dio, in modo tale che il «lettore di Dio» (lector divinus, per così dire) può sempre meglio parlare a Dio con i termini divini, e questo lo può fare soltanto in una vicinanza sempre maggiore con l'Uomo-Dio, Gesù Cristo.
La lectio divina è un'esperienza che introduce nella Tradizione apostolica, nel senso forte del termine, secondo questo testo sorprendente della Dei Verbum, la Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione del Vaticano II: «Questa Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l'assistenza dello Spirito Santo: cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cf Lc 2,19.51), sia con l'esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità» (n. 8). I Vescovi hanno permissione, derivata dagli Apostoli, di far entrare nell'eredità viva della Parola di Dio (cf n. 25), di cui essi rimangono, mediante la loro predicazione collegiale, i Dottori e i garanti; ma anche i fedeli fanno sviluppare la Tradizione della Chiesa mediante il loro studio dei misteri divini rivelati e celebrati, mediante la percezione spirituale o il gusto che ne ritraggono. La nostra missione comune, con i nostri carismi e le nostre missioni complementari, è grande: fare crescere la Parola di Dio, assaporandola, diffondendola in tutti i modi, perché cresca, come ha così ben compreso Newman, l'organismo ecclesiale - il Corpo di Cristo - «per la gloria di Dio e la salvezza degli uomini». Ringraziamo il Padre Verlinde perché ci fa entrare in una tradizione onorata da secoli dai monaci e dai Vescovi - e anche da monaci-vescovi - diventata patrimonio di ogni fedele, perché crescano le dimensioni del Mistero fino alla Pienezza annunciata da san Giovanni e da san Paolo (cf Gv 1,16; Ef 3,19).
INTRODUZIONE
«La Torah dice davanti al Santo, benedetto sia: dammi in eredità la razza dei poveri, perché essi sono ricchi nella misura in cui si fermano a scrutarmi; è la loro gloria, al centro stesso del loro abbassamento».
Ilakoth Schmone Ruth, 1
Riscoprire il chiostro interiore per ascoltare Dio che ci parla
Il Concilio ci ha ricordato con forza il posto centrale della Parola di Dio nel cuore della Chiesa: «Insieme con la Sacra Tradizione, la Chiesa ha sempre considerato e considera le Divine Scritture come la regola suprema della propria fede; esse infatti, ispirate come sono da Dio e redatte una volta per sempre, impartiscono immutabilmente la parola di Dio stesso e fanno risuonare, nelle parole dei profeti e degli Apostoli, la voce dello Spirito Santo. È necessario dunque, che la predicazione ecclesiastica come la stessa religione cristiana sia nutrita e regolata dalla Sacra Scrittura.
Nei Libri Sacri, infatti, il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli e discorre con essi; nella parola di Dio poi è insita tanta efficacia e potenza da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza della fede, cibo dell'anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale. Perciò si deve riferire per eccellenza alla Sacra Scrittura ciò che è stato detto: Viva ed efficace è la parola di Dio (Eb 4,12), che ha il potere di edificare e di concedere l'eredità con tutti i santificati (At 20,32; cf 1 Ts 2,13)».
La nuova primavera della Chiesa, profetizzata dagli ultimi Pontefici, il rinnovamento tanto atteso a seguito del Concilio, si realizzeranno soltanto mediante una riscoperta della Parola del nostro Dio; la civiltà dell'amore si potrà edificare soltanto su un'obbedienza amorosa ai suoi precetti. Nella crisi contemporanea, che colpisce l'intelligenza della fede, il rimedio più urgente è dunque rifarsi alle Scritture, sorgenti della nostra fede e vera fonte di preghiera. Bisogna purtroppo riconoscere che i cristiani sono sempre più coscienti di dover fondare la loro vita di fede sulla Parola, è vero, ma la maggior parte di loro stenta a entrare in questa familiarità con le Scritture, per quanto sia vitale. Sòren Kierkegaard2 aveva già scritto: «In sostanza ci sono due classi di cristiani: una maggioranza che non legge mai la Bibbia, e una minoranza che la legge in modo più o meno saggio, cioè non la legge veramente. La maggior parte considera i libri santi come libri vecchi e antiquati, che si mettono da parte. Un piccolo numero vi scorge un'opera antica, estremamente notevole, sulla quale si esercita con zelo sorprendente la propria perspicacia. I rari veri cristiani che se ne nutrono, capiscono infine che cosa sia leggere la Parola di Dio».3
Per risvegliarci dal nostro torpore il santo Concilio «esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli, soprattutto i religiosi, ad apprendere la sublimità della conoscenza di Gesù Cristo (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture. "L'ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo".4 Si accostino essi volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia ricca di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi, che con l'approvazione e a cura dei Pastori della Chiesa lodevolmente oggi si diffondono ovunque. Si ricordino però che la lettura della Sacra Scrittura dev'essere accompagnata dalla preghiera, affinché possa svolgersi il colloquio tra Dio e l'uomo; poiché "quando preghiamo, parliamo con Lui; Lui ascoltiamo quando leggiamo gli oracoli divini».
Perciò «la Sposa del Verbo incarnato, la Chiesa, ammaestrata dallo Spirito Santo, si preoccupa di raggiungere una intelligenza
sempre più profonda delle Sacre Scritture, per poter nutrire di continuo i suoi figli con le divine parole L.). Gli esegeti cattolici, poi, e gli altri cultori di Sacra Teologia, collaborando insieme con zelo, si impegnino, sotto la vigilanza del Sacro Magistero, a studiare e spiegare con gli opportuni sussidi le divine Lettere, in modo che il più gran numero possibile di ministri della divina parola possano offrire con frutto al popolo di Dio l'alimento delle Scritture, che illumini la mente, corrobori le volontà, accenda i cuori degli uomini all'amore di Dio».
In questo lavoro di mettere a disposizione e distribuire il Pane del cielo alle folle affamate, i monasteri hanno il loro posto specifico e il loro ruolo particolare da svolgere. Nel Decreto sul rinnovamento e adattamento della vita religiosa, Perfectae caritatis, il Concilio Vaticano II esprime infatti l'augurio che i monasteri siano «Seminaria aedificationis populi christiani» (n. 9), «altrettanti vivai di edificazione del popolo cristiano».
Dom Jacques Rousse commenta: «Non si poteva tradurre seminaria con seminari; ma è significativa l'origine della parola, che collega vitalmente il monastero al seme che è la Parola: semenseminaria. Il monastero è così un ambiente vitale in cui germina la parola che costruisce il popolo cristiano». Noi potremmo tradurre: «Un terreno per l'edificazione del popolo cristiano; un ambiente vitale in cui germoglia la Parola che costruisce i credenti». Non mediante un esempio di vita pia che i cristiani verrebbero a contemplare da lontano, ma mediante una condivisione di ciò che costituisce il centro della loro vita: l'amore di Cristo, ascoltato, incontrato, accolto e celebrato nella sua Parola e nei suoi sacramenti.
Il chiostro del monastero è la visibilità nella pietra - e quindi il richiamo - del chiostro segreto che ogni cristiano porta in cuore, ove è costituito «ascoltatore della Parola». È il chiostro che vorremmo visitare insieme, per dissodarlo e seminarvi il seme della Parola di vita che dona la Vita. Il nostro intento si colloca dunque direttamente nella linea di ciò che i Padri conciliaci chiedevano con
il loro augurio: «Con la lettura e lo studio dei Sacri Libri la parola del Signore si diffonda e sia glorificata (2 Ts 3,1). E il tesoro della rivelazione, affidato alla Chiesa, riempia sempre più il cuore degli uomini. Come con l'assidua frequenza del mistero eucaristico si accresce la vita della Chiesa, così è lecito sperare nuovo impulso alla vita spirituale dall'accresciuta venerazione della Parola di Dio che "rimane in eterno" (Is 40,8; cf 1 Pt 1,23-25)».
Il tempo del desiderio
Abbiamo citato il termine «vita spirituale». Oggi questa espressione ha acquisito pieno diritto di circolazione. Bisogna certamente rallegrarsi di questo riconoscimento del primato dello spirito sulla materia e di questo ritorno a una definizione dell'uomo a partire dal suo polo spirituale; ma l'ampia diffusione di molteplici spiritualità, provenienti da tutti gli orizzonti, ci obbliga a un lavoro di discernimento sulla specificità della «vita spirituale» nel contesto del Vangelo.
In generale, si definisce la «vita spirituale» come la vita interiore della persona, che comprende le sue aspirazioni intime, il suo desiderio - eros - profondo. Le «spiritualità» rappresentano allora le diverse vie particolari che intendono condurre a una maggiore interiorità.
L'originalità della Rivelazione cristiana e della sua «spiritualità» consiste nell'affermazione che Dio nel suo Figlio Gesù Cristo si offre personalmente a questo desiderio che egli stesso ha risvegliato nel cuore dell'uomo perché possa cercarlo e trovarlo in spirito e verità (Gv 4,24). Perciò la «spiritualità» cristiana si identifica con Cristo stesso, via, verità e vita (Gv 14,6). Nello slancio di amore verso il Padre, che costituisce l'essenza stessa del suo essere filiale, Gesù soddisfa il desiderio più puro a cui possa aspirare il cuore dell'uomo. Di conseguenza, la spiritualità del Vangelo non è una tra le altre, non può ridursi a una componente di una sintesi universale di diverse spiritualità. Anzi, precisa il card. H. U. von Balthasar, «la forma interna del Vangelo richiede che l'uomo segua Gesù giocando tutto con suprema risoluzione su una carta unica, abbandonando tutte le altre carte del gioco».
La radicalità con cui Dio si impegna al nostro fianco esige in cambio una risposta radicale all'appello di Cristo e una chiara testimonianza della specificità della spiritualità evangelica. Nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte Giovanni Paolo II constata: «Come quei pellegrini di duemila anni fa, gli uomini del nostro tempo, magari non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti di oggi non solo di "parlare" di Cristo, ma in certo senso di farlo loro "vedere". E non è forse compito della Chiesa riflettere la luce di Cristo in ogni epoca della storia, farne risplendere il volto anche davanti alle generazioni del nuovo millennio? La nostra testimonianza sarebbe, tuttavia, insopportabilmente povera, se noi per primi non fossimo contemplatori del suo volto. [...] E la contemplazione del volto di Cristo non può che ispirarsi a quanto di Lui ci dice la Sacra Scrittura, che è, da capo a fondo, attraversata dal suo mistero, oscuramente additato nell'Antico Testamento, pienamente rivelato nel Nuovo».
Siamo dunque invitati a rivolgerci risolutamente verso Gesù Cristo, per accogliere nello Spirito il suo desiderio, che è quello del Padre, e concretizzare questa conversione in un agire rinnovato, conforme al Vangelo: «Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio: è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,1-2).
La vita cristiana: una vita nello Spirito della Parola
«Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1,18)
La spiritualità cristiana non può essere che una vita in Cristo, una vita nello Spirito della Parola ispirata, mediante la quale Dio continua a rivelarsi e a comunicarsi ai credenti.
«Non c'è dubbio - afferma chiaramente Giovanni Paolo II - che questo primato della santità e della preghiera non è concepibile che a partire da un rinnovato ascolto della Parola di Dio. Da quando il Concilio Vaticano II ha sottolineato il ruolo preminente della Parola di Dio nella vita della Chiesa, certamente sono stati fatti grandi passi in avanti nell'ascolto assiduo e nella lettura attenta della Sacra Scrittura. Ad essa si è assicurato l'onore che merita nella preghiera pubblica della Chiesa. Ad essa i singoli e le comunità ricorrono ormai in larga misura, e tra gli stessi laici sono tanti che vi si dedicano, anche con l'aiuto prezioso di studi teologici e biblici. Soprattutto poi è l'opera dell'evangelizzazione e della catechesi che si sta rivitalizzando proprio nell'attenzione alla Parola di Dio.
Occorre, carissimi Fratelli e Sorelle, consolidare e approfondire questa linea, anche mediante la diffusione nelle famiglie del libro della Bibbia. In particolare è necessario che l'ascolto della Parola diventi un incontro vitale, nell'antica e sempre valida tradizione della lectio divina, che fa cogliere nel testo biblico la parola viva che interpella, orienta, plasma l'esistenza.
Nutrirci della Parola, per essere "servi della Parola" nell'impegno dell'evangelizzazione: questa è sicuramente una priorità per la Chiesa all'inizio del nuovo millennio».
Già san Giovanni Crisostomo 13 affermava: «Non voglio lasciar passare un solo giorno senza nutrirvi del tesoro delle Sante Scritture». E non si rivolgeva ai religiosi, ma al popolo di Dio; e aggiungeva: «Alcuni di voi dicono: "Non sono mica un monaco, ho moglie, figli e gli affari di famiglia, di cui sono responsabile".
Ma è una convinzione deleteria: tu ritieni che la lettura delle divine Scritture sia riservata ai soli monaci, mentre è molto più necessaria a te che a loro. Colui che vive in mezzo al mondo e ne riceve ogni giorno le ferite ha molto più bisogno di rimedi. Ma vi è un male ancora peggiore di quello di non leggere: credere che la lettura sia vana e inutile. Quando tornate a casa, dovreste prendere la Scrittura e, con vostra moglie e i vostri figli, rileggere e ripetere insieme la Parola ascoltata in Chiesa».
Fin dalle origini, questa «ruminazione» della Parola, accolta in un cuore rispettoso e riconoscente, costituisce il centro della preghiera cristiana. «Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me. Come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno» (Gv 7,37-38). All'inizio del terzo millennio dobbiamo ritornare a bere alla sorgente della Parola, per bere le acque vive dello Spirito, per essere testimoni credibili di Cristo, vera via di vita per ogni pellegrino dell'Assoluto.
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Dott. Maria Gloria Campi il 13 marzo 2017 alle 17:09 ha scritto:
Joseph-Marie Verlinde accompagna il lettore a conoscere e comprendere la Lectio Divina, a cogliere il significato che questo esercizio spirituale ha per la vita di ogni cristiano, non solo del monaco. La dinamicità e la vitalità della Parola di Dio non è appannaggio di alcune vocazioni soltanto, ma è la vita stessa di tutti i figli di Dio. Attraverso la pratica della Lectio, Gesù, Verbo di Dio Incarnato, vivifica ciascuno di noi, dà senso divino ad ogni nostra azione, ad ogni nostro atteggiamento, ad ogni nostra scelta.