La nuova professione d'aiuto del counseling professionale ha uno spazio d'azione sempre più ampio. Oltre al riconoscimento legislativo, anche l'ambito ecclesiale comincia a cogliere questa attività come una grande risorsa: il counseling pastorale può essere sostegno prezioso alla coscienza credente nel suo percorso di vita e di fede. La ricerca presentata in questo volume avvia una riflessione teologica sulla relazione pastorale d'aiuto: qual è il contributo che la teologia morale può offrire al counseling pastorale? E quanto quest'ultimo può a sua volta illuminare la teologia a partire dalla dimensione fenomenologica-antropologica-esistenziale? Più radicalmente, quali interrogativi rivolge la pratica del counseling alla ricerca teorica della teologia morale? E come si configura il profilo del teologo morale, sollecitato dal ministero pastorale di oggi?
INTRODUZIONE
La presente ricerca nasce da un interesse personale e professionale. In qualità di counselor professionista e di studentessa di teologia è emerso in me il desiderio di riflettere sui compiti che la relazione pastorale propone alla riflessione teologica e reciprocamente sul contributo che la stessa teologia morale offre alla pratica del counseling pastorale. La domanda di fondo da cui questa ricerca teologica desidera procedere è legata al ruolo che oggigiorno svolge la teologia morale nella nostra società, facendo particolare riferimento alla relazione tra teologia morale e counseling pastorale. Riflessione che investe anche l’identità del teologo moralista. Dunque, si potrebbero esprimere in questi termini gli interrogativi di indagine da cui questo studio vuole avviarsi: qual è il contributo che la teologia morale può offrire al counseling pastorale? Quanto il pastoral counseling può illuminare la teologia morale a partire dalla dimensione fenomenologica-antropologica-esistenziale? E quindi, più radicalmente, quali interrogativi la pratica del counseling rivolge alla ricerca teorica della teologia morale? Come si configura il profilo del teologo morale, sollecitato dal ministero pastorale di oggi?
La nostra attenzione è diretta, in modo particolare, alla teologia morale cattolica. Per cercare di comprendere meglio la nostra ricerca, è necessario ricollocare la questione all’interno della realtà socio-culturale. La cosiddetta crisi del soggetto nell’epoca moderna si colloca nel grande cambiamento sociale: dalla società organica alla società complessa.
A rendere ancora più difficile l’identità del soggetto contemporaneo, contribuiscono alcuni fattori assai rilevanti. In primis, la generale caduta di quei valori che una volta erano condivisi all’unanimità dalla stessa società, ad esempio il valore del lavoro, della fatica per un fine a lunga scadenza e il rispetto di norme di comportamento civico e morale. Inoltre, la perdita di credibilità da parte delle istituzioni e delle voci pubbliche in genere influisce sulla fragilità dell’individuo.
Un aspetto incisivo, che caratterizza questa società postmoderna è legato alla perdita di significato da parte delle agenzie formative per eccellenza: la famiglia e la scuola. L’indebolimento da parte di queste ultime trova in parte la sua giustificazione nei fenomeni socio-culturali quali il pluralismo etico e religioso, l’agnosticismo e la secolarizzazione. A ciò si devono aggiungere altri fenomeni più soggettivi, quali l’orientamento ossessivo al consumismo che sembra occultare la ricerca di beni immateriali legati al vero, al bello, al buono e al giusto. Per di più la scarsa fiducia verso l’autorità, rappresentata da leader spesso inadeguati, induce a una deresponsabilizzazione civile e a una chiusura nel privato che produce a sua volta relazioni interpersonali superficiali. Difatti, la nostra epoca è caratterizzata da legami che si indeboliscono fino a liquefarsi; l’impegno e il sacrificio sono banditi perché non vengono più riconosciuti nel loro rimando morale, e di conseguenza ogni scelta diventa leggera e reversibile. Potremmo sintetizzare il tutto nella famosa metafora che il sociologo Zygmunt Bauman utilizza per definire la nostra modernità: relazioni liquide. Questa «liquidità» investe il soggetto e rende difficile stabilire relazioni durature e costruttive. L’epoca postmoderna nasce, pertanto, dallo scioglimento delle vecchie certezze e delle istituzioni un tempo granitiche, come la famiglia, lo stato e la chiesa. Sullo sfondo di questi fattori socio-culturali si produce l’evidente crisi del soggetto, ossia dell’identità della persona, che risulta in generale più debole, insicura e confusa. Non a caso la grande fatica nel nostro secolo diventa proprio quella di scegliere. Difatti, il soggetto vive una profonda solitudine nell’affrontare le questioni di coscienza che lo interpellano, non avendo più punti di riferimento sociale, politico, religioso e culturale. Ciò crea nella persona stress, parola tanto insistentemente utilizzata nel nostro linguaggio da essere ormai inserita pacificamente nel vocabolario italiano.
A ciò si aggiunge la cultura clinica, promossa dalla psicoanalisi e dalla psicologia, che ha plasmato fortemente il soggetto nella sua capacità/incapacità di agire.
Sullo sfondo sociale che abbiamo brevemente presentato, si genera il fenomeno del counseling professionale, proteso a colmare il disagio della persona umana e a sostenerla nella sua vicenda personale e interpersonale, rintracciando quelle risorse utili alla persona per compiere scelte libere e consapevoli. A respirare quest’aria culturale di disagio è anche la coscienza credente, che necessita di essere sostenuta e accompagnata nella sua vicenda umana. L’area protestante americana, più sensibile alle dinamiche psicologiche, si apre per prima alla pratica del counseling pastorale e fa quindi da apripista per la chiesa cattolica nordamericana ed europea. Cercare di comprendere quali siano i nuovi interrogativi che l’esperienza concreta dell’uomo e della donna solleva diventa fondamentale per istruire in maniera adeguata la teologia morale nel suo compito speculativo. Tra le domande e le attese, intercettate nell’epoca moderna, emerge in maniera singolare il bisogno di prendersi cura della persona nelle sue dimensioni emotive, affettive, fisiche, psicologiche, spirituali ed esistenziali. Aumenta così il bisogno di trovare persone competenti che aiutino l’individuo a connettere le sue dimensioni umane nell’unica totalità: se stessi. Difatti, la persona intuisce di aver bisogno di essere ascoltata e accolta in ogni aspetto della sua vicenda attraverso un rimando che non sia esclusivamente antropologico, ma che si apra anche all’autentica spiritualità. La percezione di non essere solo il frutto di condizionamenti biologici, sociali, culturali e psicologici apre l’uomo e la donna di oggi a recuperare la dimensione interiore, quale aspetto necessario per saper leggere e vivere la propria esistenza.
A livello internazionale, difatti, si registrano uno sviluppo e un’attenzione crescente nei confronti dell’attività del counseling pastorale, quale relazione d’aiuto professionale alla persona, che sembra volgersi proprio in tale direzione: sostenere e accompagnare la persona nel suo percorso esistenziale, utilizzando anche e soprattutto le risorse spirituali.
Alla luce di queste considerazioni, vorremmo istruire questo studio di ricerca, che muove la sua indagine proprio dal fenomeno del counseling pastorale, che negli ultimi decenni ha trovato maggior spazio d’azione anche nella realtà ecclesiale cattolica. In primo luogo, cercheremo di descrivere l’attività professionale di counseling e la specificità del counseling pastorale (capitolo primo). In seconda battuta, evocheremo i tratti sintetici della vicenda della teologia morale nel suo rinnovamento recente (capitolo secondo). Dopo questa parte descrittiva, sia del counseling pastorale e sia della teologia morale, cercheremo di formulare gli interrogativi di carattere fondamentale che la relazione di aiuto propone alla teologia morale. Infatti, scopo di questa ricerca è mettere in luce quegli aspetti di ordine riflessivo che dovrebbero essere rivisitati dalla teologia morale nel suo servizio pastorale e indicare quegli aspetti fenomenologici utili alla riflessione teologica che il pastoral counseling rintraccia nella relazione d’aiuto. Difatti, entrambi sembrano occuparsi del soggetto e in particolare del soggetto chiamato a scegliere e ad agire. Il tema della relazione d’aiuto alla persona, ossia alla coscienza, sembra essere – tesi che sosterremo – il punto di contatto tra la disciplina teologica e la pratica del counseling pastorale, anche se per natura e finalità, come vedremo, le due sono assai differenti.
Per istruire tale questione abbiamo scelto di concentrare la nostra attenzione sul pensiero del più noto teologo che ha concorso a realizzare la riforma generale della teologia morale alla vigilia del concilio Vaticano II, e cioè Bernhard Häring. In linea con il rinnovamento della teologia morale, portato avanti da molte parti, egli – in qualità di iniziatore del rinnovamento – ha dato molto spazio al tema della relazione di aiuto alla persona, sia a livello speculativo sia nella sua esperienza di docente e di direttore spirituale. Scegliamo di iniziare questa analisi a partire da uno studio maturo, Teologia morale verso il terzo millennio, riservandoci la possibilità di attingere in seconda battuta anche ad altre sue opere di maggior rilievo (capitolo terzo). In questo testo, dedicato a delineare i tratti fondamentali dell’identikit della teologia morale, egli descrive l’identità del teologo morale, fornendo aspetti utili per la nostra riflessione sul tema della relazione d’aiuto pastorale. Häring sembra aver intuito, nell’epoca del rinnovamento conciliare, alcuni rimandi utili per ripensare la questione morale, quale tra tutti la questione della coscienza (capitolo quarto).
La relazione d’aiuto alla persona, ossia alla coscienza, accomuna le due discipline, la riflessione della teologia morale e la pratica del pastoral counseling, nel sostenere, accompagnare e formare il soggetto nella pratica dell’agire.
La nostra ricerca, dunque, si prefigge di mettere in evidenza come la teologia morale, sollecitata anche dalla pratica del counseling pastorale, sia chiamata a fornire quelle categorie di pensiero utili al counselor pastorale per comprendere e interpretare l’agire morale nella prassi della relazione d’aiuto, e come la pratica stessa del counseling sia fondamentale per rintracciare quegli aspetti culturali, esistenziali ed educativi indispensabili per fare della buona teologia, ancorata all’esperienza umana. Emerge, dunque, come il rapporto tra vita e fede, tra morale e religione, sia per il credente un compito impegnativo e prezioso, a cui le due discipline non possono sottrarsi, all’interno di una sinergia di differenti ruoli e finalità.
La riflessione teologica non può trascurare lo sfondo antropologico, che solo consente di mettere in evidenza il rimando religioso-morale insito nelle forme dell’esperienza umana.
Nell’ultimo capitolo (capitolo quinto), infine, cercheremo di sintetizzare il percorso proposto, segnalando alcuni aspetti che dovrebbero essere ripresi, a nostro avviso, dalla riflessione teologica e che lo stesso modello teorico di Häring, pur ponendo l’attenzione alle dinamiche dell’esperienza umana, non riesce a ripensare.
Alla luce di questo percorso riflessivo, desidero ringraziare alcune persone che mi hanno sostenuta, aiutata e incoraggiata in questa ricerca. Innanzitutto, desidero ringraziare di vero cuore il professore monsignor Giuseppe Angelini che – attraverso le nostre frequenti chiacchierate sul tema – mi ha permesso di riflettere teologicamente sul counseling pastorale.
Ringrazio di cuore il dottore padre Angelo Brusco, direttore del Centro di Formazione dei Camilliani, per la pazienza e la disponibilità che mi ha riservato nell’ascoltare e nel rispondere alle mie osservazioni sul counseling pastorale.
Ringrazio S.E. monsignor Guglielmo Borghetti, già direttore del Pastoral Counseling di Camaiore, per avermi spronata alla riflessione teologica sul tema del counseling pastorale e per la preziosa intervista rilasciatami.
Ringrazio infinitamente la mia famiglia, e in particolare i miei genitori, per avermi sostenuta nell’intraprendere gli studi teologici e l’attività di counseling professionale.
Infine, desidero ringraziare tutte le persone che ho incontrato nei miei incontri di counseling: grazie alle loro storie e alle loro domande, ho avuto la preziosa opportunità di istruire questa ricerca teologica.