Una raccolta degli scritti più significativi di don Luigi Giussani, curata dal suo successore alla guida di Comunione e Liberazione. Testi che continuano ad accompagnare e sostenere moltissime persone nella quotidiana vita di fede.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
«Tutto per me si è svolto nella più assoluta normalità e solo le cose che accadevano, mentre accadevano, suscitavano stupore, tanto era Dio a operarle facendo di esse la trama di una storia che mi accadeva – e mi accade – davanti agli occhi. Ho visto il succedere di un popolo, in nome di Cristo, protagonista della storia». Con queste parole – pronunciate il giorno del suo ottantesimo compleanno – don Giussani ha sintetizzato la sua lunga esistenza, afferrata da Cristo fin da quando era ragazzo e resa generatrice di vita. Lo ricordò l’allora cardinale Joseph Ratzinger il 24 febbraio 2005, celebrandone il funerale nel Duomo di Milano: «Don Giussani realmente voleva non avere per sé la vita, ma ha dato la vita, e proprio così ha trovato la vita non solo per sé, ma per tanti altri. Ha realizzato quanto abbiamo sentito nel Vangelo: non voleva essere un padrone, voleva servire, era un fedele servitore del Vangelo, ha distribuito tutta la ricchezza del suo cuore, ha distribuito la ricchezza divina del Vangelo, della quale era penetrato e, servendo così, dando la vita, questa sua vita ha portato un frutto ricco – come vediamo in questo momento –, è divenuto realmente padre di molti e, avendo guidato le persone non a sé, ma a Cristo, proprio ha guadagnato i cuori, ha aiutato a migliorare il mondo, ad aprire le porte del mondo per il cielo».
Luigi Giussani nasce a Desio, in Brianza, il 15 ottobre 1922. Il padre Beniamino, di tendenze socialiste, è disegnatore e intagliatore; la madre Angelina, cattolica, è operaia tessile. Don Giussani ricorderà sempre di avere assimilato dall’ambiente familiare alcuni elementi decisivi della sua vita: dal padre, l’urgenza di darsi ragione di ogni cosa, il senso della giustizia e il gusto per la musica; dalla madre la convinzione che la fede è uno sguardo nuovo su tutte le cose («Com’è bello il mondo e com’è grande Dio!», si sentì dire dalla madre, mentre da bambino andavano a messa di mattina presto e in cielo brillava ancora l’ultima stella). Attraverso i momenti della vita quotidiana il piccolo Giussani impara il senso degli altri e l’apertura al mondo; mentre andava per strada, «se il mio papà non mi avesse stretto la mano mille volte per farmi dire “Buongiorno”, io non avrei imparato a dire “Buongiorno” alla gente». E mentre gli rimboccava le coperte la sera, la mamma era solita dire al figlio: «Pensiamo ai poveri [...] pensiamo a quel che è successo in Giappone, pensa alla guerra che c’è in Cina».
È in questo contesto che matura nel giovane Luigi la vocazione sacerdotale: nell’ottobre 1933 fa il suo ingresso nel seminario della diocesi di Milano di San Pietro Martire, a Seveso. Nel 1937 passa nell’immenso seminario di Venegono Inferiore (Varese), dove prosegue gli studi e la preparazione al sacerdozio.
Sotto la guida dei maestri della «Scuola di Venegono» il percorso vocazionale si arricchisce di fondamenta sicure, che segneranno tutti gli sviluppi futuri della sua esistenza e della sua missione sacerdotale. Ricorderà: «Tutto è dovuto alla fedeltà ad un insegnamento ricevuto [negli anni del liceo e seminario diocesano di Venegono] da maestri veri che seppero farmi assimilare una solida tradizione cristiana». Per tutta la vita don Giussani sottolineerà la centralità delle loro figure per la maturazione della sua fede cristiana: «Se io non avessi incontrato monsignor Gaetano Corti nella mia prima liceo, se non avessi sentito le [...] lezioni di italiano di monsignor Giovanni Colombo [...], Cristo [...] sarebbe stata una parola oggetto di frasi teologiche, oppure, nei casi migliori, richiamo a una affettività “pietosa”, generica e confusa».
A Venegono l’insegnamento ruota intorno alla centralità dell’incarnazione, che compie ogni attesa dell’uomo, e alla scoperta che la fede è profondamente ragionevole perché risponde alle domande del cuore. C’è un momento decisivo nella vita del giovane seminarista: «A tredici anni studiai a memoria l’intera produzione poetica di Leopardi, perché la problematica sollevata mi sembrava oscurare tutte le altre. Per un mese intero studiai soltanto Leopardi [...], il compagno più suggestivo del mio itinerario religioso». E arriverà a dire: «Credo di aver mantenuto sempre fede al proposito giovanile di ripetermi qualche sua poesia tutti i giorni, avendole imparate tutte a memoria in terza ginnasio». Le poesie di Leopardi toccheranno il cuore del giovane Giussani in modo decisivo, rivelandogli tutta la profondità del desiderio di infinito che c’è nel cuore di ogni uomo. Lo ricordò Ratzinger celebrando il funerale di don Giussani: «Sin dall’inizio era toccato, anzi ferito, dal desiderio della bellezza, non si accontentava di una bellezza qualunque, di una bellezza banale: cercava la Bellezza stessa, la Bellezza infinita».
Altrettanto decisivo è un secondo fatto, che capita a Giussani all’inizio del liceo, poco dopo il suo «incontro» con Leopardi: «Per me tutto avvenne come la sorpresa di un “bel giorno”, quando un insegnante di prima liceo [che si chiamava don Gaetano Corti] – avevo quindici anni – lesse e spiegò la prima pagina del Vangelo di san Giovanni. Era allora obbligatorio leggere questa pagina alla fine di ogni messa; l’avevo sentita dunque migliaia di volte». Ma venne il «bel giorno» quando quell’insegnante spiegò la prima pagina del Vangelo di san Giovanni: «“Il Verbo di Dio, ovvero ciò di cui tutto consiste, si è fatto carne” diceva, “perciò la bellezza s’è fatta carne, la bontà s’è fatta carne, la giustizia s’è fatta carne, l’amore, la vita, la verità s’è fatta carne: l’essere non sta in un iperuranio platonico, si è fatto carne, è uno tra noi”. In quell’istante pensai come quella di Leopardi fosse, milleottocento anni dopo, una mendicanza di quell’avvenimento che era già accaduto, di cui san Giovanni dava l’annuncio». Il cardinale Ratzinger dirà che Giussani «cercava la Bellezza stessa, la Bellezza infinita; così ha trovato Cristo, in Cristo la vera bellezza, la strada della vita, la vera gioia».