1. Il termine ordo: prassi ecclesiastica e vita religiosa
Tra i vari meriti attribuibili al pontificato di Innocenzo III vi è sicuramente l’intuizione di aver riconosciuto le potenzialità rappresentate dai nuovi gruppi religiosi e, contemporaneamente, di aver operato un notevole sforzo per la sistemazione di quelle spinte riformatrici che animavano la vita religiosa già dal XII secolo.
Il Lateranense IV, previsto per la fine del 1215, venne annunciato con la lettera Vineam Domini del 19 aprile 1213; con esso il Pontefice si proponeva di agire congiuntamente a tutti i religiosi nell’opera di riforma della Chiesa e di stabilire norme giuridiche che riguardassero sia i vescovi che il clero secolare e regolare.
Secondo le cronache del tempo al Concilio parteciparono quattrocento vescovi, settantuno primati e metropoliti e più di ottocento tra abati e priori2. Innocenzo III predilesse due Ordini, almeno nelle sue prime intenzioni, per essere sostenuto nell’organizzazione del Concilio: i Priori generali della congregazione dei monaci Cistercensi e della congregazione dei canonici Premonstratensi. Essi ebbero infatti il privilegio di assistere da vicino il Papa nell’organizzazione dei primi lavori conciliari.
Ad essere oggetto della legislazione del Lateranense IV furono i religiosi regulares. Le norme del Concilio ripresero alcune delle costituzioni del Lateranense III e alcune disposizioni dei recenti Concili Provinciali.
«Il Concilio ebbe il merito di affrontare […] problemi in maniera più generale, in un programma di unificazione del diritto dei religiosi, estendendo a tutti quanto valeva o era stato concesso per alcuni […] applicando a tutti certe innovazioni benefiche concesse ad alcuni religiosi, ed estendendo a essi delle norme canoniche conciliari emanate per il clero secolare. Fu pertanto un’opera vasta e profonda, anche se disuguale e non sempre valida ed efficace»3.
Un ruolo sicuramente preponderante nella stesura delle costituzioni conciliari lo ebbero le dottrine ecclesiologiche dello stesso Innocenzo III e l’azione di governo da lui portata avanti nei precedenti diciotto anni di pontificato.
Ad Innocenzo III, uomo di studi, esperto di questioni sia teologiche che politiche, non mancò l’occasione di conoscere da vicino, già prima della sua elezione papale, i lavori della Curia romana. Ciò gli permise dunque di essere anche a stretto contatto con la Cancelleria pontificia (che in quegli anni si andava sviluppando in maniera esponenziale e si modificava in maniera sostanziale), e di acquisire una sempre maggiore familiarità sia con le prassi in vigore in essa sia, soprattutto, con i lessici che in essa erano impiegati.
Egli ebbe subito occasione di notare quanto fosse importante la precisione nell’uso dei vocaboli per instaurare rapporti diplomaticamente corretti sia con le forze religiose che con quelle politiche.
È stato ad esempio notato che tanto nei Registri papali, quanto nei Gesta Innocentii papae III (opera che narra la vita di Lotario dei Conti di Segni dalla sua nascita fino all’anno 1208-1209, scritta probabilmente da un impiegato della Cancelleria papale che, verosimilmente, conosceva personalmente il Pontefice4) persino il lessico utilizzato per designare il territorio su cui si estendeva l’azione diretta del Papato (per intendersi quello che venne poi definito il Patrimonium) risultava spesso variabile. A causa, infatti, della situazione politica estremamente volubile e molto instabile di questi territori «il papato non aveva ancora elaborato una terminologia atta a distinguere le terre realmente sotto la sua potestà temporale, e quelle dove vantava solo altissimi diritti di sovranità feudale o di protettorato».
Molto probabilmente ciò era dovuto al fatto che la terminologia in questione era stata variamente utilizzata non solo da Innocenzo III, ma anche dai suoi predecessori: è solo a partire dai pontificati successivi che i sostantivi utilizzati per delineare i possessi papali verranno adoperati con maggiore cognizione, benché le sfumature di significato usate dalla Cancelleria testimonino un’evoluzione non sempre lineare e completa anche di termini chiave per la politica territoriale pontificia.
La variabilità dell’utilizzo del lessico rispecchia perciò, in modo preciso, l’instabilità delle relazioni del Papato con le terre del Patrimonium.
Un discorso analogo, e ancora più esteso, riguarda il lessico usato dalla Cancelleria per designare le moltissime comunità (o forse si vorrà dire fraternità, gruppi religiosi, movimenti, religiones) di ispirazione pauperistico-evangelica che tra il XII e il XIII secolo proliferarono in maniera mai vista fino ad allora e che ovviamente fecero riferimento proprio ad Innocenzo III per ottenere da lui un riconoscimento o per presentarsi come alternativa ad un Papato che essi non riconoscevano.
Notoriamente si afferma che con il canone 13 del Lateranense IV si legiferò riguardo gli “Ordini” nuovi che si erano formati fino ad allora e che ancora si andavano formando ai tempi del Concilio.
Sarà bene dunque analizzare con precisione il suddetto canone; ma prima ancora sarà bene chiarire cosa si intende per “Ordine”.
Il lemma è complesso ed articolato e rischia di creare confusione quando lo si voglia riferire proprio alle realtà religiose sorte nel periodo in considerazione. È necessario mettere alcuni punti, si spera fermi, basandosi sulla definizione che ne diede il Dubois6. L’accezione con cui il termine veniva usato nel latino classico è fondamentalmente la stessa usata nell’Antico Testamento: ordo era tanto l’ordine con cui era fatta una costruzione, quanto l’ordine militare o religioso con cui si distinguevano le vari classi della società.
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