Rivista di Pastorale Liturgica - La riforma dei riti ebook

EDITORIALE

Abbiamo vissuto un anno in compagnia di Sacrosanctum concilium, rimeditandone alcune parole chiave. Cinquant’anni dal concilio e dal primo numero di RPL. P.G. Cabra, lavoratore della prima ora, ricorda l’esordio della nostra rivista e apre questo numero che cinquant’anni dopo esce nello stesso bimestre del primo (novembre 1963). Il corpo centrale dei contributi riflette sul tema della riforma dei riti. Quali sono i criteri riformatori essenziali enunciati in Sacrosanctum concilium? G. Cavagnoli risponde che l’intento conciliare è stato quello pastorale: fare in modo che la revisione storico-teologica dei riti aprisse il rito stesso alla partecipazione-comprensione esistenziale dei fedeli. Ma quali istanze riformatrici hanno preceduto il concilio? L’articolo di A.M. Burlini Calapaj presenta il lungo dibattito e la riflessione sulla riforma della liturgia a partire dalla fine del Seicento fino all’epoca contemporanea. Mostra come i nn. 23 e 24 di Sacrosanctum concilium raccolgano l’esito ultimo di tale riflessione. M. Augé, data l’ampiezza del tema, si limita a illustrare i due ambiti fondamentali della riforma dei riti, quello della parola e quello dei gesti, e ad indicare alcuni criteri presenti in Sacrosanctum concilium ripresi in seguito dagli altri documenti magisteriali conciliari e postconciliari. Nella riforma dei riti è stata necessaria una certa discontinuità per ritrovare la fondamentale continuità con lo spirito della liturgia e con la tradizione dei primi secoli, oscurata talvolta da alcuni elementi del modello liturgico medievale. Riforma dei riti: continuità o discontinuità?

L’autorevole discorso pronunciato da Benedetto XVI nel 2005 è l’occasione per ri-comprendere – teologicamente e antropologicamente – il senso e il valore dell’esperienza di riforma come dinamica essenziale e interna alla tradizione (G. Comiati). Così la chiesa postconciliare è chiamata ad assumere una disposizione creativa e autorevole per accogliere l’alterità delle culture e scoprire, in essa, l’alterità di Dio. L. Girardi analizza i numeri di Sacrosanctum concilium dedicati alle norme per un adattamento all’indole dei vari popoli (nn. 37-40). Sono certamente tra i più rilevanti e decisivi rispetto al volto che la chiesa rivela nella sua vita liturgica. L’apertura verso un adattamento alle culture dei vari popoli fa apparire oggi in modo inedito la ‘cattolicità’ della chiesa: si apre un nuovo spazio dato alla possibilità di esprimere l’unico rito romano secondo le diversità culturali. In che rapporto stanno la ‘fissità’ delle sequenze rituali e la creatività? L. Della Pietra partendo da due preziose riflessioni, che l’attitudine da maturare è agire ‘stando’ nel rito e che la ‘creatività’ deve servire l’efficacia pastorale, suggerisce sei criteri per una creatività che non debordi dal rito e un’obbedienza alla rubrica che non diventi ritualismo sterile. S. Sirboni alla chiusura di quest’anno in compagnia di Sacrosanctum concilium dà un rapido sguardo ai cinquant’anni trascorsi e ripropone alcuni valori da continuare a costruire nel futuro: la partecipazione attiva e la formazione del popolo di Dio e dei ministri; l’arte del celebrare; il binomio liturgia e pietà popolare; l’assemblea come snodo ecclesiologico fondamentale.

Nella seconda parte della rivista si conclude il percorso delle schede per la formazione del gruppo liturgico (A. Mastantuono), dei ministranti (M. Chiesa) e dei lettori (M. Baldacci).