Editoriale -
Il presente fascicolo di «Rivista Liturgica» ospita gli interventi tenuti nell’ambito del Convegno dei direttori degli Uffici liturgici diocesani, promosso dall’Ufficio liturgico nazionale della Conferenza episcopale italiana (= CEI) e svoltosi ad Ascoli Piceno dal 22 al 24 novembre 2010. La cortese ospitalità di «Rivista Liturgica», che ormai da quasi un secolo costituisce uno dei più consolidati e qualificati ambiti di formazione liturgica in Italia e all’estero, si pone in sintonia con l’orientamento, peraltro comune a tutti gli Uffici della Segreteria CEI, di non stampare più i consueti «Quaderni dell’Ufficio liturgico nazionale», per garantire tramite altri canali comunicativi una più capillare diffusione di quanto emerso dai vari convegni. Nella cornice della calorosa accoglienza della città marchigiana, che per l’occasione ha aperto i propri tesori di storia e di cultura, e di tutta la Chiesa ascolana insieme al suo vescovo S.E. mons. Silvano Montevecchi, si è inteso avviare una prima rilettura in prospettiva liturgica degli Orientamenti pastorali dei vescovi italiani per il decennio 2010-2020: Educare alla vita buona del Vangelo (= EVBV), esplicitando in che senso e attraverso quali modalità la liturgia si configuri come imprescindibile ed efficace risorsa educativa.
1. Un documento programmatico
In tale documento, i vescovi, riprendendo e declinando un’espressione di Benedetto XVI, richiamano la necessità di affrontare il tema dell’educazione non come qualcosa di inedito, né tanto meno di straordinario, dal momento che da sempre e in molti campi la Chiesa è impegnata su questo fronte. Gli Orientamenti ricordano infatti che l’ascolto assiduo della parola di Dio, la celebrazione liturgica e la comunione nella carità sono «le dimensioni costitutive della vita ecclesiale; esse hanno un’intrinseca forza educativa, poiché mediante il loro continuo esercizio il credente è progressivamente conformato a Cristo» (EVBV 20). Nondimeno, essi rivolgono l’invito a ritornare con rinnovato slancio sulla «questione educativa», che si pone oggi in termini inediti e cruciali tanto da doversi opportunamente parlare di «emergenza educativa». In un tempo segnato da una profonda crisi di fiducia nella capacità delle tradizionali agenzie educative (famiglia, scuola, associazioni) di dar forma all’identità personale e sociale, è lecito chiedersi quale possa essere il singolare contributo della liturgia per l’educazione integrale della persona. Accanto alla convinzione che essa si configuri come una specifica e insostituibile risorsa, si deve tuttavia prendere atto anche dell’esistenza di un’«emergenza educativa » all’interno dello stesso ambito liturgico. Per affrontare correttamente la questione del rapporto tra liturgia ed educazione riteniamo occorra anzitutto sgomberare il campo dal comprensibile sospetto – che talora sorge tra i liturgisti – che la tematica dell’educazione possa condurre a indebiti riduzionismi di stampo pedagogico e didascalico, compromettendo la singolarità dell’azione rituale in rapporto ad altri ambiti e forme dell’agire ecclesiale (catechesi, scuola, animazione...). Se sarà sempre opportuno e necessario tenere presente la differenza tra educazione, formazione e iniziazione, riteniamo che, pur salvaguardando la singolarità dell’agire rituale, si possa tuttavia parlare debitamente di un’«emergenza educativa» anche in ambito liturgico, e questo per una serie di motivi. Alcuni di essi sono stati segnalati dal Convegno ascolano sulla scia delle prospettive dischiuse dal Convegno ecclesiale di Verona del 2006 e alla luce degli Orientamenti pastorali per questo decennio, e richiederanno indubbiamente una ripresa e un supplemento di riflessione a vari livelli.
2. L’urgenza educativa chiama in causa anche la liturgia
Un primo motivo esige di considerare la ricaduta a livello liturgico di alcune tendenze, quali la rottura del patto tra le generazioni e il venir meno di norme e valori accettati e condivisi, che contraddistinguono il passaggio dalla cosiddetta «società organica» alla «società complessa». La perdita di fiducia nell’autorità e nell’istituzione si accompagna all’importanza crescente del coinvolgimento della libertà soggettiva, colta nelle sue dimensioni emotive e affettive, sino al limite del narcisismo. Ora, non è difficile ritrovare tali temi anche addentrandosi nel cuore della questione liturgica, chiamata ad affrontare alcune tensioni quali:
• il rapporto del legittimo progresso con la sana tradizione, alla ricerca di una forma vivente, condivisa e persuasiva;
• l’autorità della liturgia, in relazione alle istanze della partecipazione attiva;
• il primato dell’esperienza sul concetto, che invoca una sapiente ars celebrandi.
Un secondo motivo – di carattere empirico – registra la perdita di evidenza simbolica della forma rituale, esposta a una sostanziale incomprensione da parte delle giovani generazioni – ma non solo: l’analfabetismo liturgico è ben presente anche negli adulti della tradizione cattolica – e a pericolose manipolazioni, per cui ogni parrocchia, movimento e associazione... corre il rischio di crearsi una propria liturgia. In ciò, l’invito autorevole e frequente del magistero a custodire un vivo senso dell’obbedienza liturgica preso molto seriamente, come volontà di garantire l’unità della forma liturgica nella varietà degli adattamenti. Vi è, inoltre, un terzo motivo che, per tutti coloro che a vario titolo si occupano di pastorale liturgica, dovrebbe essere occasione di seria interrogazione e lucido discernimento: il fatto che nei principali luoghi in cui si sta mettendo a tema la questione educativa, la liturgia sia per lo più assente, presupposta, quando non addirittura rimossa e ignorata. Troppo facile e improduttivo sarebbe cedere alla lamentela di una dimenticanza colpevole; più difficile, ma necessario e fecondo, è avviare un serio esame di coscienza da parte del mondo liturgico circa la sua effettiva capacità di entrare in contatto con i luoghi della vita, come auspicato nel Convegno ecclesiale di Verona. Si tratta, in tal senso, di promuovere una formazione liturgica integrale e unitaria, più centrata sulla persona e in grado di elaborare percorsi educativi capaci di mostrare la qualità antropologica di quei gesti di Cristo e della Chiesa, che sono le celebrazioni liturgiche. La lezione e la sfida lanciata dal Convegno di Verona, che invita a prestare attenzione agli ambiti antropologici fondamentali, non manca di interpellare il mondo della liturgia, soprattutto a proposito della trasmissione dei valori, della festa, della dimensione affettiva. Avvertiamo in questo senso che molto resta da fare per far uscire i nostri discorsi e le nostre convinzioni dal recinto, talora angusto, della formazione esclusivamente liturgica, per integrare la necessaria educazione al senso del celebrare cristiano con il riferimento più ampio ai luoghi fondamentali della vita, colta nelle sue esperienze elementari e paradigmatiche. A partire da tali urgenze e consapevolezze, si è cercato di articolare il Convegno di Ascoli Piceno nell’ascolto costante della doppia valenza educativa della liturgia, così da approfondirne le caratteristiche non solo in merito all’educazione alla forma della liturgia (l’educazione alla liturgia attraverso la liturgia), ma pure in riferimento alla capacità della liturgia stessa di porsi quale risorsa educativa per un certo modo di vivere la fede cristiana (l’educazione dalla liturgia secondo lo stile della liturgia).
3. Il presente fascicolo
Già dal Sommario si possono cogliere immediatamente non solo le principali questioni messe a tema, ma anche il senso dell’iter proposto. La riflessione di S.E. mons. Alceste Catella, presidente della Commissione episcopale per la liturgia della CEI, ha avviato i lavori tracciando le coordinate ecclesiali e teologico-pastorali entro cui riconoscere la liturgia quale singolare risorsa educativa. Con la relazione del teologo sistematico Roberto Repole si è offerta una prima lettura degli Orientamenti pastorali dei vescovi italiani, evidenziando come la liturgia possa essere luogo rivelativo di ciò che costituisce il fine dell’educare cristiano e dell’educare umano, mentre educa concretamente ad esso. In quanto istituzione al servizio dello Spirito, la liturgia attesta l’antecedenza della Chiesa sui singoli cristiani, senza rinunciare a quell’intersoggettività e reciprocità di rapporti che fa dell’educazione un incontro di libertà. Il liturgista Paolo Tomatis ha ripreso e declinato le principali questioni relative alla formazione liturgica, nel dialogo tra forma liturgica, forma della comunità e forme e luoghi della vita. Contro le opposte derive dell’informe, dell’informale e del formalismo, si è messa a fuoco la nozione di «forma» liturgica nella tensione naturale tra l’ordo autorevole e l’atto celebrativo, tra l’autorità del rito, che invita all’orientazione dei codici, e l’autorità del corpo, che invita a un’evangelica ospitalità dell’umano. All’interno di tali dialettiche si muove il compito della formazione liturgica. I liturgisti Giorgio Bonaccorso e Giuseppe Busani hanno affrontato in ottica complementare la declinazione della relazione tra liturgia e luoghi della vita negli ambiti della sensibilità e della relazione affettiva. Per lo studioso di Padova, solo onorando il rito come codice originario della preghiera e forma insostituibile della fede, la liturgia può agire in tutta la sua forza, capace di aprire al trascendente attraverso la via estetica della forma. Secondo Busani, per educare non bastano i valori, occorrono atti che istituiscano il senso della vita nella carne dei sensi e degli affetti. Nella sezione Note il fascicolo riporta gli interventi introduttivi ai sei laboratori nei quali si è attualizzato il tema delle relazioni. I laboratori, guidati da riconosciuti specialisti, sono stati occasione di incontro, ascolto reciproco, concretizzazione ulteriore delle principali istanze messe a fuoco dal Convegno. Con la relazione finale di Luigi Girardi e le conclusioni di S.E. mons. Claudio Maniago, segretario della Commissione episcopale per la liturgia, sono state tratte le fila del Convegno con l’intento di aiutare le realtà diocesane a verificare e progettare l’educazioneformazione liturgica alla luce di due direttrici di fondo: l’educazione alla vita buona del Vangelo tramite la stessa celebrazione e il ripensamento della pastorale liturgica nel quadro di una pastorale integrata, più attenta ai luoghi della vita e alle necessarie alleanze con le altre agenzie educative. I tre interventi della rubrica Actuositas completano l’orizzonte evidenziando aspetti o richiamando elementi in ordine alla pedagogia della fede celebrata.
4. Un cantiere sempre aperto
La sfida educativa che, in ultima analisi, attende tutte le comunità di fede consiste nel rinnovare e rafforzare un patto di fiducia nella risorsa della liturgia in ordine all’educazione integrale del cristiano e della persona. Nella misura in cui custodisce il fine e la sorgente dell’educazione, la celebrazione liturgica – nell’orizzonte di tutto ciò che costituisce espressione di pietas christiana (si pensi, per esempio, anche alla pietà popolare…) – educa in modo permanente il compito formativo della Chiesa nel segno di una speranza affidabile e di una gioiosa gratuità, che sostiene la coraggiosa perseveranza del desiderio (cf. EVBV 28).
Franco Magnani
direttore dell’Ufficio Liturgico Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana
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