Editoriale -
Tema complesso e ardito quello con cui si apre il nuovo percorso editoriale di «Rivista Liturgica», il 98o anno della serie. E d’altra parte consapevoli dell’impegno richiesto nel dover trattare i più diversi aspetti che toccano la liturgia, non ci siamo tirati indietro nel dover affrontare una problematica che, se pur non nuova nell’orizzonte liturgico, risulta tuttavia attuale per l’impegno che essa richiede e per le implicanze e i risvolti che implica e coinvolge. Sono vari ormai i temi di frontiera che «Rivista Liturgica» ha trattato finora; altri sono ben presenti all’attenzione del Consiglio di redazione, e ci auguriamo di poterli affrontare sempre nell’ottica diun servizio alla persona che celebra il mistero di Cristo nel tempo, e nel contesto di una Chiesa che si trova a dover affrontare situazioni complesse in ordine al rapporto culturale odierno.
1. Una problematica non nuova in ambito teologico-liturgicoe spirituale
È nella seconda metà del sec. XIX che la psicologia muove i primipassi strutturandosi progressivamente come scienza. Interessante è ilconstatare come nel giro di poco tempo da parte dell’ambito liturgicol’attenzione sia stata rivolta anche a questa scienza. Pochi essenzialiriferimenti – data l’indole dell’Editoriale – sono qui sufficienti pertoccare con mano l’attenzione che in alcuni contesti della ricerca inliturgia è stata rivolta al rapporto tra psicologia e culto. Gli studi sononumerosi e, al di là di ciò che il lettore può trovare nelle pagine delpresente fascicolo, ci si permetta di segnalare quanto segue.Su questa tematica fin dall’inizio ha riflettuto il movimento liturgico;basti ricordare l’allocuzione del card. Désiré Mercier pronunciatanel primo dei Cours et conférences des Semaines Liturgiquesdi Malines (sotto il titolo: Aperçus psichologiques sur la partecipationdes fidèles à la vie liturgique, pubblicata in «Questions Liturgiques»1 [1910-1911] 4-11, e ripresa con il titolo: Psychologie de la vie liturgique,in «Revue liturgique et monastique» 11 [1925-1926] 113-118).Fin dal 1897 il cardinale aveva pubblicato a Parigi un volume daltitolo: Les origines de la psycologie contemporaine (edizione italiana, Roma 1904); il fatto induceva a un confronto dialettico per una letturadella liturgia anche in questa prospettiva.Uno sviluppo di notevole interesse sarà quello tentato da MauriceFestugière con la pubblicazione della sua celebre opera: La Liturgiecatholique. Essai de synthèse suivi de quelques développement (Maredsous1913) allo scopo di tracciare e approfondire il dialogo tra culto erealtà antropologiche, per meglio approfondire l’esperienza religiosae sviluppare le implicanze in ambito di spiritualità liturgica.Le posizioni di Festugière furono però aspramente criticate dalgesuita francese Joseph Navatel nella rivista «études» con l’articolo:L’apostolat liturgique et la piété personnelle (50/137 [1913] 449-476).La comprensione della complessità della problematica non è riconducibilea un semplice riferimento in questo ambito. Al di là dellostudio specifico su Festugière, che arricchisce il presente fascicolo,resta il fatto dell’interpretazione del dato liturgico in ordine al rapportocon la persona e il modo con cui essa vive l’esperienza religiosaattraverso l’appropriazione del significato dei simboli e dei riti, e leforme con cui essa può essere aiutata (si veda, per esempio, il ruolodella predicazione e della meditazione individuale su cui Navatel faampio affidamento a motivo dei fattori emotivi, fisiologici e psicologicicoinvolti).Prescidendo (ma non dimenticando!) dall’opera di RomanoGuardini, in tempi più recenti la complessità del rapporto è stataripresa e studiata in ordine alla dimensione antropologica del rito. Equi le riflessioni si sono sviluppate in modo molto variegato. Per ciòche riguarda direttamente la liturgia ne fa fede l’articolata riflessionedi Louis-M. Chauvet (che riprende molti elementi dalla prospettivapsicanalitica di Jacques Lacan), e il contributo Psicologia predispostoda Lucio Pinkus per il Dizionario di liturgia (Cinisello B. 2001), conle ampie prospettive ivi tracciate soprattutto in ordine al rapporto trasimbolo e liturgia, alle condizioni per lo sviluppo dell’attività simbolicanel culto, e al rapporto che si stabilisce tra esperienza liturgica ematurità psicologica.A questo si può accostare il lavoro svolto dall’Associazione Professoridi Liturgia in Italia nella XXIX Settimana di studio dedicataal tema: Liturgia e scienze umane. Itinerari di ricerca (CLV-Ed. Liturgiche,Roma 2002) in dialettica con il risultato di un Simposio svoltonella Facoltà teologica di Milano e i cui risultati sono confluiti nellarivista «Teologia» sotto il titolo: Teologia e psicologia. Un confrontoinevitabile e arduo (28/3 [2003] 235-398) con contributi di vari autori.
2. Il fondamento di un rapporto tra culto e psicologia
La comprensione del fondamento di un rapporto tra culto e psicologiarisiede nel fatto che ogni azione liturgica è sempre azione diCristo e del popolo di Dio. È dunque un’actio in cui interagisconola Trinità e un gruppo di persone che celebrano. Oggettività e soggettivitàsi incontrano nel contesto di un’esperienza «religiosa» insé unica (si pensi alla realtà del memoriale e alla performatività dellaParola proclamata e «celebrata»). Ed è all’interno di tale «esperienza»che la persona – membro del popolo di Dio – vive secondo la propriasoggettività la realtà oggettiva del mistero.In questo orizzonte – entro cui si muove il mistero dell’incarnazionenella vita del fedele – la dimensione psicologica ha un ruolo nonmarginale, in quanto il fedele interagisce, ponendosi in comunionecon il soprannaturale, con l’insieme della sua personalità.Da questo dato di fatto derivano conseguenze che vanno vagliatenon in ordine all’ex opere operato in sé, ma in considerazione di tuttiquei condizionamenti che incidono positive vel negative in tale incontro.In altre parole: è con la totalità della propria personalità cheil fedele fa esperienza del soprannaturale. Ma è proprio la conoscenzadi tale personalità che permette di valorizzare meglio le potenzialitàofferte dai linguaggi del culto in ordine alla complessità, ma ancheall’armonia dell’esperienza cultuale cristiana.In questa linea lo studio di alcuni elementi o aspetti particolaricirca il rapporto tra psicologia e contenuti del linguaggio liturgico(ritualità, comunicazione…) può risultare quanto mai prezioso alloscopo di conoscere meglio i dinamismi che un particolare linguaggiomette in opera; le competenze che a diversi livelli di responsabilitàdevono essere acquisite perché i linguaggi attivati raggiungano il loroobiettivo; i contenuti che vengono evidenziati soprattutto (ma non solo)attraverso il linguaggio non verbale; gli obiettivi che si intendonoraggiungere sia da parte della liturgia che dell’assemblea.La liturgia racchiude in sé una grande capacità comunicativa; nonper nulla il Direttorio della CEI su Comunicazione e missione (2004)la definisce come «il codice dei codici della comunicazione» anzi,come «paradigma di ogni autentica comunicazione» (n. 43). Si trattapertanto di evidenziare e di conoscere meglio questa capacità comunicativa,approfondendone i processi e gli ambiti che direttamenteo indirettamente provocano la persona (come l’arte, la disposizionedegli elementi, la struttura architettonica...) senza trascurare tutti gli altri elementi come il rito (in generale), il silenzio, i colori, i suoni, la musica, la gestualità...La psicologia possiede elementi peculiari per conoscere, educaree vivere meglio quel particolare rapporto tra Dio e l’uomo quale siattua attraverso il culto cristiano. Pur nella consapevolezza che ilmistero sovrasta infinitamente ogni «disciplina» umana, resta il fattoche l’esperienza del mistero si compie attraverso la mediazione diuna serie di linguaggi in cui il condizionamento (positivo e negativo)psicologico risulta essere talora (spesso?) determinante ai fini diun’esperienza più piena del soprannaturale. E tutto questo perché,nell’insieme dell’attivazione di tali linguaggi, la persona possa trovarsibene e sentirsi in empatia con il mistero che essa percepisce e sperimentapiù o meno profondamente dentro di sé, pur non «toccandolo»se non attraverso i tanti linguaggi... La sfida che ne emerge si rifletteessenzialmente nel compito della formazione e nelle metodologie daattivare perché l’esperienza divina e umana dell’azione liturgica raggiungail suo obiettivo.
3. A partire da quali attese?
La preparazione del presente volume ha richiesto la condivisionedi numerosi esperti. Il precedente Sommario già apre sulle prospettivedi cui rendono conto le pagine che seguono. Ma siamo ben consapevoliche quanto qui individuato non copre l’ampia gamma di problematicheche l’argomento chiama in causa. D’altra parte la scienza psicologicaè in grande evoluzione soprattutto in questo nostro tempo; ladialettica con la medicina e con altre scienze affini come la biologiae la neurologia… fa sperimentare ogni giorno più che il mondo dellapsiche risulta più complesso di quanto non si potesse immaginare anchesolo pochi decenni fa. È per questo che il riferimento agli inizi delmovimento liturgico è stato più di curiosità che di verifica di contenuti:oggi questi si pongono su ben altri livelli.Nella consapevolezza di tutto ciò, dal versante di un’ottica cheproviene dalla teologia liturgica, e in vista di un dialogo con la psicologia,ci permettiamo di porre in evidenza queste aree per unadiscussione:
• La dialettica tra soggettivo e oggettivo nel culto si modula in rapportoal rito in quanto linguaggio che permette un incontro tral’oggetto e il soggetto, e tra il soggetto e la communitas entro cui si trova la persona. Conoscere i dinamismi di un rapporto interpersonalecostituisce un aspetto non secondario in ordine a unapartecipazione piena, libera, consapevole, attiva, ecc. qual è quellache si attua nel culto. Il rito costituisce il medium per incontrarequalcosa di più grande della persona, per entrare in contatto conl’archetipo, per attivare forze benefiche o malefiche.
• La conoscenza dei dinamismi della personalità permette di coglieree per alcuni aspetti di verificare il grado di empatia con se stessi (!)e con il mistero che si celebra. È nel contesto di un culto «in Spiritoe verità» che si supera ogni schizofrenia spirituale. L’empatia che sistabilisce nel profondo della personalità celebrando in veritate (cioèin rapporto con una vita vera) è frutto della grazia che però agiscein una persona più o meno libera interiormente. Assecondando idinamismi della persona e indirizzandoli verso il pieno sviluppodella personalità si interagisce con maggior profondità con le implicanzee le conseguenze della celebrazione del mistero.
• Il traguardo di tutto ciò è la piena maturità in Cristo; è raggiungerequell’ideale che Paolo esprime con il termine sympsychoi quandoinvita i Filippesi (2,2) a essere «unanimi». Un termine che si collocasulla linea di molti altri (una ventina, tutti caratterizzati dal prefissosyn-) protesi a esprimere quella progressiva conformazione dellapersona del fedele alla persona divina del Cristo. Ed è nella personadel Cristo che trovano senso gli sforzi orientati a una conoscenzaprogressiva della persona umana.
• Il «bagaglio» psicologico che caratterizza ogni persona che celebrapone domande alla liturgia attraverso le diverse forme di partecipazione,attraverso il canto e il silenzio, attraverso tutto ciò cheè verbale e non verbale… in attesa di una risposta che risulteràpercepita sempre in modo parziale, data l’impossibilità di «misurare» l’effetto della grazia nell’agire della persona e soprattutto nelpermeare la sua coscienza in vista, appunto, dell’azione.
• Cosa cambia nel singolo quando questi si «perde» nella comunitàcelebrante, in quell’assemblea che talvolta sembra anonima, anchese il fedele ha un nome ben preciso e chiaro? La sua identità personalene riceve squilibrio o trova elementi per rafforzarsi là dovel’io-tu scompare nel noi-voi del linguaggio cultuale? Il soggettoche entra, rimane e poi esce dalla celebrazione quali dinamicheattraversa nella sua psiche in ordine a questi tre momenti per tornarepoi nella vita ma con «patologie» curate o superate? In che modo l’orante è interiormente trasformato man mano che prega?È nel rito che si attua un dinamismo che coinvolge il credente nelprofondo della sua dimensione spirituale.
• L’interpretazione del rito è oggi più facilitata in quanto maggiormentepercepite sono le dinamiche che esso attiva. Ma come tuttoquesto è interpretato dagli psicologi? E la loro interpretazione costituisceun momento dialettico in vista della crescita equilibratadella persona? Si tratta del come leggere sotto l’aspetto psicologicoil rito in modo che questo coinvolga la massa. Di fatto l’assembleaè coinvolta, ma a quale livello?
• In questa dialettica riemerge l’impegno dell’ermeneutica degli «ordines». La loro struttura, la disposizione delle sequenze rituali,l’alternanza di linguaggi attivati per ritus et preces… sono tutti elementiche contribuiscono al coinvolgimento della persona nella suatotalità. Emozioni e sentimenti, spazio e tempo, silenzio e parola,luce e penombra, canto e ascolto…: si tratta di alternanze che nellamisura in cui coinvolgono la persona, la rendono partecipe di unmomento o di un luogo di esperienza di Dio.
• Sorge anche un ulteriore e forse più complesso interrogativo: perchéil fedele talvolta si annoia nella celebrazione? E nonostante questa«noia» da quale bisogno psicologico è spinto per andare ancora inchiesa? All’opposto, sorge la domanda: perché, dopo alcune esperienze,persone credenti non partecipano più a quella determinatacelebrazione? Riemerge la dialettica del linguaggio rituale che puòessere liberante o opprimente secondo il modo di celebrare o diinterpretare il contenuto del rito stesso.
• Rubricismo, emozionismo, intellettualismo… sono situazioni chetrasformano l’evento rituale in un dato negativo per lo sviluppodella personalità in Cristo. Quando il rito rende schiavi esso nonè più espressione di appartenenza o momento di autorealizzazione,ma atto corporeo che perseguita fino a distruggere la stessapersonalità (emblematiche risultano certe situazioni in movimentiecclesiali, con risultati di sconvolgimenti della personalità e talvoltadella famiglia cui la persona appartiene!).
• Al «supermarket» delle religioni oggi sembra di trovare la rispostaa infinite attese; da qui anche il proliferare delle sette. È in questeinfatti che la dimensione rituale assume una componente essenzialedi appartenenza al di là dell’interiorizzazione di cui il rito dovrebbe essere il tramite. Alle infinite domande di fede talvolta risponde unapluralità di sette per i poveri e nuovi culti per i ricchi. Tutto questose, da una parte, evidenzia il bisogno di una ritualità che incidanella persona, dall’altra è un segnale di allarme in considerazione dicoloro che abbandonano le forme del culto cristiano per inseguireben altre ritualità.
Sono alcune delle tematiche che interpellano sia pur in modo disegualeil mondo della psicologia e quello della liturgia. Da un quadrocosì emblematico e complesso scaturisce però l’interrogativo: qualesfida e quali impegni si pongono dinanzi al liturgista? Molti e complessi,tutti comunque uniti attorno a una parola che sembra esserela sintesi: la formazione, cioè l’aiutare a comprendere il «celebrare»alla luce di tutti i suoi linguaggi per coglierne il contenuto: il misteropasquale nella sua globalità.
4. Tra psicologia e teologia liturgica
Tra le varie «scuole» di psicologia ce n’è qualcuna che può meritareil privilegio di essere maggiormente seguita dal liturgista o da chiopera in questo ambito? Nessuna ci sembra che abbia l’esclusiva, etuttavia ci permettiamo di evidenziare soprattutto quella che rispondedi più al costruttivismo; a quella o a quelle che sanno privilegiare ilrapporto tra interiore ed esteriore.Il discorso che si apre con queste pagine potrebbe continuareimpostando una dialettica costruttiva attorno a due poli qui sommariamenteindicati:– Cosa domandano gli psicologi ai liturgisti? Di entrare in un linguaggioqual è quello cultuale e di comprenderne le valenze e icontenuti; offrire la possibilità di verificare l’oggettività delle grandiemozioni, perché è grazie ad esse che l’evento è conosciuto edè coinvolgente; assicurare che la ritualità è imprescindibile per lacostruzione di una cultura della persona; garantire attenzioni ecompetenze per il ruolo e la figura dell’animatore; non trascurare ilpeso dell’impatto psicologico che lo spazio architettonico esercita(vedi il senso dell’iconografia nell’edificio sacro); apprezzare e farcomprendere il valore dei segni presenti nell’edificio ecclesiale (sipensi al confessionale, alle statue, agli abiti liturgici…) in quanto richiamoa valori iscritti nel profondo della cultura e della personalitàcristiana; contribuire con varie tecniche all’educazione all’ascolto perché si realizzi la docilità al mistero in un’esperienza di sintesiattiva; evidenziare i presupposti personali e sociali per celebrare laliturgia come festa; ecc.– Cosa domandano i liturgisti agli psicologi? Di essere aiutati a verificarele modalità con cui il rito incide sulle dinamiche psichiche;approfondire l’autoreferenzialità di tali dinamiche che non si pongonosul soggettivo, ma sull’oggettivo; privilegiare il rapporto trainteriore ed esteriore attraverso l’innata capacità simbolica dellapersona; percepire il collegamento tra corporale e spirituale; aprirsialla ritualità liturgica perché questa ha soluzioni che gli psicologinon possiedono; cogliere il valore degli elementi retorico-letteraridei linguaggi che possono affascinare l’assemblea; approfondire lacapacità simbolica che deve permeare colui che presiede l’azione liturgica per superare ogni simbolizzazione interferita e operare un’autentica critica delle illusioni; dare un contributo per una conoscenza sempre più profonda della personalità in vista di una riscoperta del valore della Penitenza e della psicoterapia di fronte alcomplesso di colpa; ecc.Alla scuola della teologia liturgica, per un incontro tra psicologiae culto – tra scienze della mente e scienze dello spirito –, tale da contribuire a realizzare una sintesi nel profondo della personalità:questo è l’orizzonte globale di riferimento per un dialogo in un simile campo di azione; dialogo più impellente di quanto non si immagini,ma che ha bisogno della competenza serena dei due interlocutori: lateologia liturgica e la scienza psicologica.In una società all’insegna dell’incertezza e testimone di variegatee profonde schizofrenie, il rito cristiano si pone come elementorassicurante e certo per un sostegno della personalità o per una suaricomposizione di fronte a eventuali «naufragi». Ecco il senso deisacramenti e dei sacramentali (si pensi alla rilevanza psicologica dellapietà popolare); ecco il percorso dell’anno liturgico; ecco il sostegnoofferto dalla Liturgia delle ore; ecco il valore dell’esemplarità offertadalle pagine del Martirologio.In tutto questo si delinea la sfida – tra emergenza e urgenza,come si suol dire oggi – dell’educazione e della formazione a tuttii livelli di competenza in re liturgica, ma anche nella dialettica fra isaperi, in vista di quella sintesi della personalità che è frutto anchedella serena dialettica tra psicologia e culto.
5. Il presente fascicolo
La complessità del discorso condotto fin qui è il riflesso di uninsieme di prospettive che un fascicolo monografico sottopone all’attenzionedei lettori. Tra studi, note e orizzonti attraverso le pagineche seguono si è condotti ad approfondire alcuni aspetti essenziali pergiungere poi a coglierne aspetti che integrano, esplicitano o approfondisconoun rapporto. È in questa linea che ci si può confrontarecon i risultati di:– Studi. I sei interventi sono stati pensati per dare un orizzonte alletante problematiche che interpellano il binomio psicologia e liturgia.Il rito è al centro dell’attenzione; ma il rito è della persona e per lapersona in atteggiamento orante. In questo orizzonte va situato illinguaggio dello spazio sacro con tutto ciò che esso comporta di immagini,colori e movimenti (si pensi agli effetti della parete bianca… esi confrontino con l’impatto psicologico e spirituale profondo con lepareti affrescate o comunque «eloquenti» di un mistero…). La visioneterapeutica del rito dà completezza al rapporto tra persona e comunità,sottolineando tutto ciò che interiorità ed esteriorità contribuisconoall’emozionalità dell’espressione e della vita di fede.– Note. Tra le numerose note che potevamo offrire ci siamo soffermatisu alcuni aspetti come il ruolo dell’ansia, il rapporto con il codicemusicale, il coinvolgimento psicologico con le tante forme della pietàpopolare… per giungere a un aspetto ben più impegnativo qual èquello della percezione del senso di colpa.– Orizzonti. I quattro contributi sia pur da prospettive diversificatevengono incontro ad attese e sollecitano attenzioni. Dal ruolo diuna comunicazione mistagogica all’approfondimento di una pagina emblematica circa il rapporto tra liturgia e psicologia; dall’«arte delprofumiere» al confronto con la ritualità ebraica, il lettore si trovadinanzi a prospettive che permettono di individuare risposte ad attese ma anche di aprirsi su scenari tali da permettere esperienze cultualisempre più a misura di persona.
«Rivista Liturgica»
www.rivistaliturgica.it