Icona in legno raffigurante la Madonna di Kazan.
Sulle reali origini dell'icona della Madonna di Kazan si sa pochissimo. Probabilmente fu dipinta per la prima volta a Costantinopoli e fu poi trasportata dalla capitale dell'impero bizantino ad un monastero di Kazan, a 800 chilometri ad est di Mosca, dal quale, presumibilmente, a causa dell'invasione dei tartari, scomparve nel 1209. Dopo varie traversie l'icona ritornò in Russia nel 2004 per mano del cardinale Walter Kasper, l'allora presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani.
La Madonna di Kazan è una variante della Madonna Odigitria, in cui Cristo è raffigurato in piedi, in posizione eretta, con la mano destra benedicente e la sinistra nascosta dalle pieghe dell'abito. La Madre di Dio (Theotókos) è raffigurata fino alle spalle, con il capo leggermente reclinato verso il Bambino in un gesto di tenerezza (secondo il tipo iconografico della Tenerezza o Eleousa). Le mani della Madre di Dio restano invisibili.
Fu l'icona mariana più venerata in Russia nel tardo Medioevo. Era considerata la protettrice della famiglia: veniva donata agli sposi subito dopo la cerimonia nuziale e collocata nella carrozza che conduce gli sposi verso la loro nuova casa. Secondo la tradizione, l'icona doveva entrare per prima nella casa, come Signora del focolare domestico.
L'icona è stata realizzata dipingendo su di una tavola di legno di abete o tiglio, assemblando delle assicelle per evitare deformazioni della tavola stessa; ad essa è stata incollata con colla di caseina, una tela di bisso di puro lino candido senza nodi, lasciata precedentemente in acqua fredda per togliere l'appretto e immersa in acqua bollente affinché non restringa al momento della stesura dei successivi strati di imprimitura.
Dopo due giorni, una volta asciutta la tavola, e tagliati i sopravanzi di lino dal bordo della stessa, sono state date quattro mani progressivamente più dense di colla di caseina mischiata a polvere di alabastri di Volterra. La tavola è stata poi lisciata con carta abrasiva finissima, lavata e lasciata ad asciugare. Sono stati quindi incisi i contorni sulle parti da dorare ed è stata data con pennello un'emulsione di chiara d'uovo montata a neve e acqua in parti uguali; asciugatasi questa emulsione, sopra, sono stati dati quattro strati di bolo armeno; questa terra rossa argillosa è stata miscelata con emulsione di chiara d'uovo e acqua, asciutti questi strati il bolo viene levigato e brunito con pietra d'agata, si passa quindi un nuovo strato di emulsione di chiara d'uovo e, a questo punto, si può applicare la foglia d'oro.
La pittura viene eseguita utilizzando la tecnica chiamata a "schiarimenti progressivi", per ogni colore viene data una mano di colore più scuro su tutta la superficie, poi schiarito progressivamente. Gli strati sono quattro per colore, ma possono esserci numerose, anche sette, velature intermedie.
Tutti i pigmenti sono colori naturali (lapislazzulo, terra verde calda, malachite, nero avorio, etc.). Tutti i colori sono stati pestati sulla lastra di vetro prima di essere usati e sono stati temperati con emulsione di tuorlo d'uovo e acqua.