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E' la dottrina delle "realtà ultime", nel passato identificate nelle quattro seguenti: morte, vita, inferno, paradiso (i "novissimi"). Il termine "escatologia", in senso letterale, indica il discorso critico (logos) sul futuro e sul compimento finale (éscaton) ovvero su quanto è definitivo (ultimo) per la storia e per il mondo. A partire dalla centralità, nella teologia neotestamentaria, dell'annuncio del Regno, dell'attesa del giorno del Signore e della visione di cieli e terra nuovi, si è giunti poi a rileggere le questioni escatologiche in modo più sistematico, fino a porre questa prospettiva come dimensione essenziale del pensare teologico. Settore della teologia sistematica, studia il regno finale di Dio com'è espresso dalla preparazione dell'
AT (l'attesa messianica), dalla predicazione di Gesù e dall'insegnamento della Chiesa, nel
Nuovo. Le posizioni teologiche intermedie, rispetto alle estreme (Albert Schweitzer, escatologia come 'imminente', nella concezione che Gesù ne avrebbe avuto - Charles Harold Dodd, escatologia come già realizzata in Cristo), ritengono che il Regno sia già entrato nella storia umana con la morte e la
risurrezione di Gesù, e che si compirà con la sua seconda venuta nella gloria a giudicare i vivi e i morti.
ALDILÀ
E' una designazione comparsa verso il 1800 per indicare Dio e la sua realtà, ma soprattutto la vita e lo stato degli uomini dopo la loro morte, «dall'altra parte». La locuzione è nata da rappresentazioni arcaiche circa lo spazio. Determinati indizi che si rinvengono nelle modalità di sepoltura di persone preistoriche e del periodo della storia delle origini, rinviano alla credenza in una continuazione della vita dopo la morte. Nelle testimonianze fornite dalle antiche civiltà, è possibile ricostruire l'immagine del mondo con l'
aldilà secondo le idee del tempo (per es., il culto del re-faraone defunto nelle piramidi, III millennio a.C; il 'Libro dei morti' egiziano ecc.). Esistono molteplici progetti di una geografia dell'aldilà, con accessi, biforcazioni fra gli inferi e i campi del paradiso, con luoghi di giudizio e ambienti particolari di purificazione, castighi o ricompense. Particolare influsso su rappresentazioni cristiane posteriori ebbero le raffigurazioni dell'aldilà nel pensiero di Platone (347 a.C). L'AT e gli scritti protogiudaici testimoniano dapprima la credenza nella vaga prosecuzione dell'esistenza nello sheol, poi l'elaborazione degli inferi a inferno di castigo; mentre per i giusti si pensò dapprima al rapimento nel cielo, più tardi si indicò un aldilà come luogo del riposo ("si addormentò con i suoi padri"). Nella fede biblica c'è l'attesa di una risurrezione dei morti, nell'apocalittica il preannuncio di un giudizio e la trasformazione della terra, con una contrapposizione sempre maggiore alle rappresentazioni spaziali dell'aldilà. Gesù condivideva le speranze di risurrezione di ampi settori del giudaismo del tempo; introdusse nella sua predicazione le locuzioni dell'inferno e del paradiso e sostenne alcune immagini spaziali nel suo racconto del «seno di
Abramo» dell'aldilà (Lc 16,19-31). Nel NT penetrarono anche pensieri ellenistici riguardanti la sopravvivenza dell'anima alla morte. Ampi testi del NT rinunciano a espressioni spaziali dell'aldilà e si concentrano sulla salvezza in Dio, sull'incontro personale con Gesù e sull'acquisizione della vita in pienezza; in parte illustrano lo sfondo trascendente tramite immagini e simboli. In confronto alle idee sull'aldilà dell'ambiente mediterraneo dell'antichità, e di altre del vicino oriente, il materiale biblico sull'aldilà è scarso. Questo vuoto fu riempito, negli scritti protogiudaici e cristiani dal II sec. d.C. in poi, da resoconti di «viaggi nell'aldilà» e da visioni fantasiose, che sopravvissero nel cristianesimo fin dentro il XX secolo. Alcune rappresentazioni spaziali e fisiche (le anime sante «nel purgatorio», il fuoco «all'inferno» ecc.) durarono anch'esse fin al secolo scorso nella predicazione e nella credenza popolare. La teologia attuale, seguendo la pista aperta da
Teilhard de Chardin, cerca di preservare la dimensione «terrena» di ciò che verrà con l'idea che il compimento (della creazione e della storia dell'umanità) è lo stato nuovo, trasformato dalla risurrezione di Cristo - che viene concepita come "in itinere" nel cosmo e nella materia -, di questo mondo, nel quale tutto ciò che è bello e buono rimarrà «conservato» (cf., ad es., Rowan Williams, Resurrezione, ed. Qiqajon, 2004).
INFERNO
L'inferno il "luogo" del supplizio eterno delle anime dannate dopo la morte. Il termine viene dal latino "infernum" (da "inferum", situato in basso). Si può distinguere fra "gli inferi", luogo dei morti ricordato nell'Antico Testamento (sheòl) e l'"inferno", uno dei quattro 'novissimi' (o verità ultime). Il
Credo afferma che Cristo discese agli infero, dopo la morte in croce, e la Tradizione spiega: a liberare, con la salvezza da lui otteneta, le anime dei giusti, morti nella speranza del Liberatore che Dio aveva promesso.
La teologia cristiana fa dell'inferno il luogo delle pene eterne, della privazione di Dio (pena della dannazione), punto d'arrivo del rifiuto assoluto di Dio durante la vita. L'inferno cristiano è totale. Possiede quattro dimensioni: una dimensione negativa (il dannato è privato di Dio); una dimensione positiva (il dannato è torturato dal rimorso, attraverso i cinque sensi, l'immaginazione, la ragione e il sentimento); una dimensione temporale (le sofferenze sono sperimentate come fossero "nel tempo"); una dimensione eterna (la coscienza della durata infinita della condizione di dannato).
Nell'Antico Testamento si ricorda raramente il fuoco come castigo escatologico individuale. Cristo ne fa l'elemento per eccellenza dell'inferno.
Gesù parla spesso della "Geenna", castigo riservato a coloro che rifiutano di credere e di convertirsi. Si tratta di un fuoco speciale, proprio del mondo ultraterreno, che non si spegne mai. Esso ha anche un'altra proprietà: conserva le sue vittime invece di consumarle e distruggerle.
Partendo dalla nozione di purificazione attraverso il fuoco ("ignis purgatorius"), si è giunti all'idea del purgatorio, un luogo nel quale le anime dei defunti espiano i loro peccati e possono sperare di accedere alla felicità eterna. L'inquietudine per la sorte dei bambini morti senza battesimo indusse i teologi medioevali a collocare le loro anime nel cosiddetto limbo, dove beneficerebbero della felicità, ma non della visione di Dio. La dottrina del limbo è stata definitivamente abbandonata nel post-Concilio. Nel medioevo si collocava l'inferno sotto terra e il paradiso in cielo. La predicazione dell'inferno ai fedeli mirava, nel passato, a promuovere in loro una fervente vita spirituale. Oggi, con la ripresa che hanno fatto registrare le iniziative di evangelizzazione soprattutto da parte dei laici, l'insegnamento sull'inferno può stimolare il loro apostolato come impegno a salvare dalla dannazione il maggior numero di anime possibili, in special modo con la preghiera (è ben noto l'impulso dato in tal senso dai 'messaggi' delle apparizioni di Fatima). Gli insegnamenti della Chiesa sull'inferno sono un appello alla responsabilità con cui l'uomo deve usare della propria libertà in vista della sua vita nell'aldilà. Sono anche un appello alla conversione perchè la dannazione è una conseguenza del rifiuto di Dio.
PURGATORIO
Indica la condizione spirituale in cui le persone umane, o meglio le anime separate dal corpo, dopo la morte sperimentano una purificazione dalla colpa e dalle sue conseguenze. Molte religioni conoscono l'idea di una purificazione, in parte dolorosa, dopo la morte. La fede in una tale purificazione nei testi biblici è riscontrabile in 2Mac 12,42-45 (una purificazione espiatoria dei caduti in guerra è necessaria per la loro risurrezione; è bene e utile pregare per loro). La dottrina sul Purgatorio è stata compiutamentne tematizzata nel XII secolo, ma essa si trova nei
Padri della Chiesa quantomeno a partire da
Origene (253). Nella Chiesa d'oriente fu intesa piuttosto come purificazione salvifica. Nella Chiesa d'occidente prevaleva l'idea che «chi aveva commesso peccati gravi», anche se aveva ottenuto la riconciliazione con Dio e con la Chiesa (sacramento della
penitenza), dovesse documentare la serietà e la costanza della sua
conversione mediante opere di penitenza. Nel caso non avesse fornito o compiuto queste opere nell'«aldiquà», le doveva ricuperare nell'«aldilà». Per descrivere quest'evento si ricorse a immagini extrabibliche. Il problema teologico di uno stato intermedio (tra l'al di qua e il Paradiso) fu messo a tema dall'idea della separazione fra corpo e anima nella morte. Testimonianze di una dottrina ufficiale della Chiesa (concili di Lione 1274 e di Firenze 1439) parlano «di punizioni purificatrici». Una deliberazione dottrinale papalee del 1336 dichiara che i defunti che hanno bisogno di purificazione la sperimentano già prima della «riunificazione col loro corpo», prima di giungere alla visione beatifica. La dichiarazione non si riferisce all'esistenza del purgatorio, né alla divisione fra corpo e anima, ma afferma piuttosto che dopo la morte non ci sarà per i defunti uno stato di attesa indefinito. Le
Chiese ortodosse orientali parlavano (dal punto di vista dogmatico in forma non obbligante) di sofferenze e di maturazione dopo la morte; rifiutavano, però, e rifiutano tuttora rappresentazioni di tipo locale e fisico. La teologia della Riforma considerò il purgatorio un'invenzione diabolica, senza fondamento biblico; respinse decisamente, allo stesso modo, preghiere e altre opere buone (indulgenza) per i defunti, perché con ciò sarebbe negata la giustificazione per sola fede. Il concilio di Trento confermò con forza che esiste un «purgatorio», e che le «anime» lì stanziate dalla Misericordia divina possono esser aiutate con il sacrificio della messa e con le preghiere di intercessione; i vescovi, però, hanno la responsabilità che in questo contesto non vengano enunciate delle teorie cavillose, o che le persone siano indotte alla curiosità, alla superstizione e all'avidità di denaro. La teologia cattolica parte dalla speranza che alla morte di una persona Dio decide irrevocabilmente lo stato che essa avrà, rispetto a Lui. In nessun caso si deve pensare che la giustificazione del peccatore avvenga grazie al purgatorio. L'importanza di una preghiera di intercessione per i defunti è dedotta dalla solidarietà dei vivi con i defunti, che fa parte integrante della comprensione teologica della Chiesa.
PARADISO
II termine viene dal persiano 'paraidaeza' e indica originariamente un parco o un giardino. Nell'Antico Testamento (Gen 2,8) l'espressione usata è 'gan' e Eden, o «giardino in Eden». La tradizione cristiana chiama «paradiso» il luogo in cui Dio pose il primo uomo e la prima donna. Ma è anche il luogo nell'aldilà (cielo) dove gli uomini possono godere, dopo una vita esemplare, la beatitudine senza fine. Per distinguere i due luoghi, si aggiunge al primo termine l'aggettivo «terrestre»: Adamo ed Èva vivevano quindi nel «paradiso terrestre».
Molti commentatori hanno voluto trovare una collocazione geografica al paradiso, ma al riguardo disponiamo di ben poche informazioni topografiche.
I testi biblici che ricordano questo luogo si ricollegano a una tradizione praticamente universale che promette all'uomo una terra di delizie dopo la morte. Questi testi cercano di rispondere alla domanda suscitata dalla presenza del peccato, che preclude all'uomo l'accesso al paradiso. Le menzioni del paradiso si trovano soprattutto nell'Antico Testamento; nel Nuovo Testamento vi sono almeno cinque allusioni e indicazioni dirette (Mt 25, 34; Lc 23,43; Gv 14, 2; 2Cor 12,4; Ap 2,7). Quella più nota è la promessa fatta al buon ladrone crocifisso insieme a Gesù: «Oggi sarai con me in paradiso». La speranza in Cristo diventa il compimento della fede cristiana. La
liturgia, da parte sua, basandosi sui testi biblici appena ricordati, presenta il paradiso come il luogo della beatitudine e della pace, dove gli eletti incontreranno Dio per vivere con Cristo, la Santissima Madre di Dio, i santi e gli angeli per l'eternità.