Giovanni - Commento e lectio

L'ultimo vangelo è quello scritto dal discepolo prediletto di Gesù, colui che chiama se stesso: "il discepolo che Gesù amava".

Giovanni evangelista era figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo, detto il Maggiore. Già discepolo del Battista, fu tra i primi chiamati alla sequela di Gesù. Nato a Betsaida, sul lago di Genezareth, doveva essere di alcuni anni più giovane di Gesù, e sin dalla giovinezza esercitò il mestiere del padre, che era pescatore. Per tutta la vita fu legato da fraterna amicizia a Pietro, con il quale, assieme al fratello Giacomo, formò il trio dei discepoli che furono particolarmente a contatto con Gesù, testimoni della sua trasfigurazione sul monte Tabor, della resurrezione della figlia di Giairo, e della sua agonia nel Getsemani. Fu l'unico degli apostoli che ebbe il privilegio di posare il capo sul petto di Gesù, e il coraggio di seguire pubblicamente il maestro durante la passione, testimone della sua morte sul Calvario. Da Gesù ricevette la preziosa eredità di custodire presso di sé la madre sua, Maria.

Dopo la discesa dello Spirito Santo, lo troviamo ancora sovente con Pietro: al tempio, in Samaria, al Concilio di Gerusalemme, considerato una delle colonne della Chiesa nascente.

Poco sappiamo del suo campo di apostolato; visse in Efeso, dedito più degli altri apostoli alla preghiera fino alla morte della madre di Gesù. Fu capo di quella chiesa per lunghi anni.

Sotto Domiziano fu esiliato sull'isola di Patmos (ove scrisse l'Apocalisse) e si spense vecchissimo, sempre a Efeso, forse dopo il 100.

Giovanni scrisse il vangelo in tarda età, preoccupato da eresie insorgenti, le quali negavano la divinità di Gesù Cristo. In esso, la carità e la verità di Cristo sono presentate in maniera profondissima, con l'uso di una ricca simbologia (vangelo dei segni).

Luce e tenebra, deserto e acqua, nascita naturale e nascita dallo Spirito: il quarto vangelo fu detto ben presto “Vangelo spirituale”.

Gli studiosi affermano che l’opera conobbe una composizione a tappe successive; essa nasce in un ambiente culturale ebraico aperto alla cultura ellenistica dominante, da una tradizione orale collegata all’apostolo Giovanni, risalente agli anni successivi alla morte di Cristo e comunque prima del 70, di lingua aramaica. L'edizione del vangelo in greco, destinata all’Asia Minore, con centro principale Efeso, fece registrare probabilmente la collaborazione alla stesura di un ‘evangelista’, discepolo di Giovanni, il quale raccolse il messaggio dell’apostolo e lo adattò ai nuovi lettori.

Inizialmente il vangelo si concludeva con il capitolo 20, ed era diviso in due grandi sezioni: dal capitolo 1 al 12, chiamata “Libro dei segni”, cioè dei sette miracoli scelti da Giovanni per illustrare la figura di Gesù, Figlio di Dio, la prima, e dal capitolo 13 al 20, indicata come “Libro dell’ora” (il momento supremo della sua vita, la passione e croce), che contiene i “discorsi di addio” dell’Ultima Cena. Alla fine del I secolo comparve il capitolo finale, il 21, dove si allude anche alla testimonianza e alla morte dell’apostolo.

All’inizio del vangelo di Giovanni è posto il Prologo, inno di straordinaria profondità, che pone in stretta relazione la preesistenza del Logos, il Verbo di Dio, e la sua incarnazione nella Persona del Figlio fattosi uomo per la salvezza degli uomini.