Il 31 gennaio 1888 è il giorno della morte di San Giovanni Bosco, più comunemente ricordato come don Bosco.
Nato il 16 agosto del 1815 da una famiglia di contadini, ai Becchi, una frazione di Castelnuovo d'Asti, orfano di padre a due anni, ebbe una difficile infanzia. Iniziò presto a lavorare nei campi per aiutare la famiglia e a stento terminò le elementari. Frequentò poi il ginnasio esercitando i mestieri più disparati per potersi mantenere. Fu di tutto: sarto, ripetitore, falegname, barista o garzone di caffetteria come si diceva ai suoi tempi, e poi ancora fabbro, ferraio, calzolaio, ecc. Preso a benvolere da Giovanni Cafasso, altro santo, entrò in seminario e fu ordinato sacerdote nel 1841, entrò poi nel Convitto Ecclesiastico per perfezionarsi in teologia morale.
La vocazione di Giovanni si manifestò prestissimo, ma non solo vocazione sacerdotale quanto vocazione all'opera che avrebbe svolto poi, a beneficio dei giovani. Nelle sue Memorie, racconta di un sogno fatto all'età di nove anni circa. Era vicino a casa e in un cortile molto vasto alcuni ragazzini giocavano e bestemmiavano. Lui cerò di farli tacere usando pugni e parole. Gli apparve un uomo maestoso vestito di bianco che gli rimproverò le maniere brusche, consigliandogli di farseli amici con la bontà la carità, non picchiandoli. Giovanni chiese con insistenza all'uomo chi fosse e questi rispose di essere figlio di quella madre che la mamma gli insegnava a salutare tre volte al giorno. Ed ecco che apparve una donna maestosa che mostrandogli alcuni animali selvatici trasformarsi in agnelli gli raccomandò di crescere forte e umile per trasformare in bontà la violenza dei suoi figli. E il piccolo Giovanni incominciò a raccogliere i compagni durante le vacanze scolastiche, nei lunghi pomeriggi invernali leggendo loro le storie dei Reali di Francia, Guerrin Meschino tra un'Ave Maria e un Rosario. Per divertire, s'improvvisava giocoliere, saltimbanco. Il suo pensiero, fin da ragazzino, era di dimostrare che servire il signore, essere buoni cristiani non significava essere malinconici, condurre una vita lontana dal divertimento e dal piacere, come diceva il profeta Davide.
Don Bosco iniziò subito la sua opera aprendo un Oratorio che spostò in parecchi luoghi della città per le opposizioni che incontrava. Attorno a lui si radunavano giovani sbandanti di ogni specie. Il suo non era un Oratorio dove s'insegnava catechismo e basta, ma veri e propri centri di accoglienza. Le sue peregrinazioni da un quartiere all'altro, spostando l'Oratorio, terminarono quando approdò al Valdocco, zona periferica e malfamata, che divenne il centro della sua opera e dei suoi successori.
Nel 1858 manifestò a papa Pio IX il desiderio di fondare una congregazione religiosa per leducazione della gioventù ispirata a San Francesco di Sales. Il papa ne fu entusiasta e corresse personalmente labbozzo della Regola. Malgrado le difficoltà che gli procurava anche la politica anticlericale del governo piemontese, fu fatto oggetto di attentati veri e propri sia fuori sia dentro le sue sedi, grazie alla protezione della Vergine e alla Provvidenza, la sua opera continuò incessante, si moltiplicavano gli oratori e i collegi per chi aveva bisogna daiuto, fondava laboratori per insegnare un mestiere ai giovani così da toglierli dalla strada e dalle cattive strade. Il suo pensiero era esemplare, attualissimo: bisognava insegnare ai ragazzi un mestiere che desse loro la possibilità di guadagnarsi onoratamente il pane, perché solo così avrebbero riacquistato la fiducia in loro stessi e guardare con serenità al futuro, aprendosi anche ai valori morali e religiosi.
Il suo essere fedele alla Chiesa e nello stesso tempo cittadino esemplare gli attirò alla fine anche le simpatie dei liberali meno radicali e divenne un punto di riferimento per le mediazioni fra la Santa Sede e il governo italiano tanto che è considerato uno degli antesignani della Conciliazione.
Una delle sue preoccupazioni consisteva nell'essere chiaro, comprensibile alla più larga fascia possibile di lettori e ascoltatori. Sollecitava ad essere popolari, ad evitare francesismi e termini dialettali e teneva sempre a portata di mano un vocabolario, seguendo un consiglio datogli da Silvio Pellico. Insisteva che l'educazione non s'impartiva con i ragionamenti, ma con gli esempi, con le similitudini e concetti semplici e pratici. Nell'educazione, inseriva la declamazione, il canto e la musica. Uno dei suoi interessi fu l'editoria, che continua tuttora, fondò collane di classici latini e italiani, una collana di scrittori cristiani da adottare nelle scuole salesiane.
Di lui Pio XI disse: "Noi l'abbiamo veduta da vicino questa figura: un'immensa figura che l'umiltà non riusciva a nascondere, figura dominante e trascinante, completa, una di quelle anime che per qualunque via si fosse messa, avrebbe certamente lasciato grande traccia di sé tanto egli era magnificamente attrezzato per la vita."
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