Nacque il 21 Settembre 1452 a Ferrara e si dedicò con successo a studi di filosofia e medicina.
Senza neppure avvisare la sua famiglia, nel 1474, prese tuttavia la repentina decisione di entrare nell'Ordine Domenicano a Bologna, dove fino al 1482 rimase in convento conducendo una vita ascetica dedicata alla preghiera e all'approfondimento degli studi sulla filosofia di Aristotele e di San Tommaso Aquino.
In quell'anno, 1482, S. si recò a Firenze nella Chiesa di San Marco, sede dell'Ordine Domenicano in città, da dove iniziò a predicare con toni violenti contro la vita immorale della corte di Lorenzo de' Medici, ma sembra questi primi sermoni non sortirono l'effetto desiderato, anzi passarono abbastanza inosservati.
Tuttavia, ritornato nella città toscana nel 1489, dopo diversi anni di prediche in giro per l'Italia, la sua denuncia del paganesimo diffuso divenne più incisiva e così dicasi dei suoi attacchi contro Lorenzo de' Medici, nonostante la generosità di quest'ultimo nei confronti del convento di San Marco, del quale S. stesso fu nominato priore nel 1491.
Nel 1493 Lorenzo morì, tuttavia S., non pago, aumentò ugualmente il livello della sua denuncia contro l'immoralità e gli abusi, questa volta, del clero e del nuovo Papa Alessandro VI (1492-1503), il famigerato Rodrigo Borgia, padre di diversi figli, tra i quali i noti Cesare e Lucrezia, ed eletto Papa grazie a spregiudicati atti di corruzione e simonia.
Proprio il contrario degli ideali di S., che anelava ad una rigenerazione morale e spirituale della Chiesa e che incominciò ad applicare alcune sue idee, riformando i monasteri toscani dell'Ordine Domenicano secondo una rigida osservanza della Regola originariamente stabilita e sottraendo il controllo dalla Congregazione Lombarda, la Casamadre dell'Ordine.
Nel 1494 l'esercito di Carlo VIII di Francia (1483-1498) invase l'Italia, per riaffermare il diritto del re, di sangue angioino, alla successione al regno di Napoli, dopo la morte di Ferrante d'Aragona (1458-1494).
S. supportò la causa del re francese, sperando in cambio di un appoggio per la formazione di un governo democratico in Firenze ed effettivamente la visita di Carlo VIII a Firenze permise a S. di scacciare l'indegno figlio di Lorenzo de' Medici, Pietro, e di instaurare una Repubblica teocratica.
In tutta la Repubblica fu messa in vigore una normativa morale molto severa e basata sulla legge di Cristo, considerato il vero “Re di Firenze”. Uno dei primi atti fu la condanna della sodomia con la pena capitale, rispetto alla semplice multa, precedentemente comminata. Divennero famosi i “falò delle vanità”, roghi pubblici nei quali furono bruciati carte e dadi da gioco, libri pagani e immorali (talora bastava anche un innocente libro di poesie o una copia del Decamerone del Boccaccio), ornamenti e vestiti lussuosi, e perfino quadri di Sandro Botticelli (1445-1510), gettati nel fuoco dallo stesso artista.
Dall'alto del suo potere, S. poté riprendere gli attacchi contro l'immoralità della Curia romana e di Alessandro VI, ma il Papa contrattaccò nel 1495 convocandolo a Roma per difendersi dalle accuse di false profezie. S. rifiutò adducendo motivi di salute cagionevole.
Tuttavia Alessandro VI non demorse e nel 1496 stabilì che i monasteri domenicani toscani avrebbero dovuto riferire ad una nuova Congregazione situata (ovviamente) in Roma: al rifiuto di S. di obbedire, questi fu scomunicato il 12 Maggio 1497.
A questo provvedimento S. reagì dichiarandolo privo di valore e continuando le sue prediche nel Duomo di Firenze, mentre il Papa reagì minacciando d'interdizione la città, se al predicatore non fosse stata tolta la parola.
Oltretutto, iniziò a crescere l'ostilità locale nei confronti di S., rappresentata dalle fazioni dei "Bigi" filo-Medici, degli "Arrabbiati" legati alla classe nobile, e dei "Compagnacci" (i più fieri oppositori del rigorismo di S.), ed opportunamente orchestrata da parte dei francescani, fino a quando, nel Marzo 1498, il francescano Padre Francesco Rondinelli sfidò S. ad un'ordalia del fuoco per stabilire la santità del predicatore domenicano.
Quest'ultimo rifiutò, ma, al suo posto, accettò la sfida il devoto discepolo fra Domenico Buonvicini da Pescia.
Il 7 Aprile 1498, data prescelta per la prova, questa non si poté tenere, dapprima per le lungaggini procedurali, e poi per un improvviso acquazzone. La folla esasperata e d'umore mutevole se la prese con S., arrestato sul luogo assieme a fra Domenico. A nulla servì la reazione dei suoi seguaci, denominati piagnoni (dalle lacrime che versavano ad ogni sermone di S.), i quali provocarono gravi disordini, assaltando, fra l'altro, il convento di San Marco al grido di Salvum fac populum tuum, Domine.
Il Papa non si fece scappare la ghiotta occasione di fare i conti con il predicatore ribelle ed inviò a Firenze il generale dell'Ordine Domenicano e il vescovo d'Ilerda, ad assistere al processo. Nonostante le torture, S. non cedette, tuttavia furono redatti, a cura di alcuni notai compiacenti, degli atti palesemente contraffatti del processo, nei quali S. avrebbe ammesso di essere un falso profeta.
Sulla base di questa “confessione” S. venne condannato, assieme ai suoi seguaci fra Domenico Buonvicini da Pescia e Fra Silvestro Maruffi, a morte mediante impiccagione, seguita dal rogo dei corpi e dalla dispersione delle ceneri nell'Arno.
La sentenza fu eseguita il 22 Maggio 1498.
La figura di S. fu onorata dal Luteranesimo, come esempio di antesignano della Riforma e la sua statua fa parte del monumento dedicato a Lutero, eretto a Worms, in Germania.
Comunque, anche la stessa Chiesa Cattolica sembra aver espresso recentemente l'intenzione di rivalutare la figura di S. come rinnovatore della Chiesa ed è stato avviato il relativo processo di beatificazione presso il Tribunale Ecclesiastico, presieduto dal Cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo di Firenze, secondo il quale S. “morì e visse come un santo”.
Continua