Isidoro, nato circa nel 560, fu vescovo di Siviglia dal 600 al 636. E' noto perché si dice abbia convertito al
cristianesimo i Visigoti. Il suo interesse per la
filosofia lo portò a scrivere un'opera monumentale in venti libri nei quali cercò di racchiudere tutto lo scibile umano dell'epoca: le Etymologiae od Origines.
Il libro IV, dedicato alla
medicina, risulta essere molto interessante poiché vi si trovano espressi alcuni concetti fondamentali per l'ars medica del tempo: "Alcuni si chiedono perché l'arte della medicina non sia inclusa tra le arti liberali. La ragione consiste nel fatto che mentre queste ultime trattano di cause particolari, essa le abbraccia tutte", secondo Isidoro infatti il buon medico doveva essere un buon retorico per poter comprovare al meglio i suoi argomenti; doveva conoscere al meglio la dialettica, utile nello studio dei casi delle malattie e dei loro trattamenti; la grammatica per poter capire ciò che si leggeva; l'aritmetica e la geometria erano indispensabili nel calcolo dei giorni di durata di una determinata malattia, così come la conoscenza dell'astronomia per capire il rapporto tra lo stato di salute di un individuo e gli astri. Egli definì la medicina "seconda filosofia" contribuendo così ad aumentare quel divario tra pratica e teoria sul quale già
Aristotele si era espresso tempo addietro. Dal punto di vista etimologico fece risalire il termine stesso di medicina a modus cioè alla "giusta misura" cui doveva essere improntata la vita e la professione di chi la praticava, ribadì il concetto secondo il quale l'assistenza dei malati doveva essere affidata ad una persona pia, ritenendo che gli infermi dovessero essere ubicati in un luogo particolare lontano cioè da rumori molesti e brusii fastidiosi che avrebbero potuto turbare lo stato di quiete degli ammalati.