ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
Ci pare di ritrovare, in questo piccolo trattato di Girolamo sulla perpetua verginità di Maria, alcuni dei doni e anche dei limiti che la meditazione cristiana su Maria ha conosciuto lungo i secoli della Chiesa.
Indubbiamente i doni, perché il pensiero di Girolamo trae sostanza dalla Scrittura, e in essa affonda una metodologia feconda e un'argomentazione solidissima, che sono di per sé il migliore dono al mistero di Maria. Queste pagine ci mostrano quale deve essere la radice biblica di ogni meditazione sul ruolo e la situazione della Vergine nel disegno di Dio, da verificarsi in ogni sviluppo teologico e dottrina perché ne sia assicurato il fondamento. Tagliata dalla Scrittura, la tradizione perderebbe il suo valore.
Quanto ai limiti, che pure per certe linee Girolamo trasmetterà ai secoli successivi, essi sono già rappresentati dal sottotitolo di quest'opera, che non riguarda più la Vergine, ma un combattimento «contro Elvidio». È indubbio che in questo lavoro il discorso su Maria viene fatto anche con punte agonistiche, proprio sul filo della spada, e accade che l'esame stesso dei dati biblici si attardi su questioni che avranno sì importanza nella meditazione del Padri, come la verginità di Maria considerata ante partum, in partu e post partum, ma con un innegabile estendersi a motivi che di per sé non sono richiesti in maniera diretta dai dati della rivelazione.
Ci viene qui da richiamare uno degli autori dei quali esplicitamente fa menzione Girolamo, cioè Ignazio di Antiochia. A un certo punto Girolamo dice di rifarsi a tutta la serie degli scrittori antichi: Ignazio, Policarpo, lreneo, il martire Giustino no e «molti altri uomini apostolici ed eloquenti».
Ora il discorso di Ignazio, per (piene parole bellissime che ricorrono nelle sue lettere, e estremamente significativo di un modo di considerare Maria tutto intessuto, immesso nel mistero del Figlio e dell'economia divina: «Il nostro Dio Gesù fu portato in seno da Maria, secondo l'economia di Dio... Rimase occulta al principe di questo secolo la verginità di Maria e il suo parto e cosí anche la morte del Signore; tre misteri clamorosi [si potrebbe dire "di grido", "di voce"] che furono compiuti nel silenzio di Dio». E ancora: Gesù è nato «da Maria e da Dio».
La preoccupazione di Ignazio, di a f fermare con energia, di fronte a ogni dubbio, la realtà dell'Incarnazione, lo porta a mettere nel rilievo esatto la persona di Maria, e indubbiamente Girolamo coglie in Ignazio colui che ha impostato in maniera rettissima, partendo dal dato della rivelazione, la contemplazione cristiana del mistero della Madre di Gesù, Verbo, Dio e Uomo.
Ancora Girolamo ricorda Giustino, il primo a chiamare Maria «la Vergine», il primo a stabilire quel rapporto fra Eva e Maria che si rivelerà poi cose fecondo in tutta la teologia e la spiritualità mariana: «Eva era vergine, senza corruzione: concependo la parola del serpente, generò disobbedienza e morte. Ora la Vergine Maria concepì fede e gioia quando l'angelo Gabriele le annunciò la buona notizia che lo Spirito del Signore sarebbe sceso su di lei...».
E poi Ireneo: il primo Adamo fu formato da una terra vergine; il nuovo e definitivo Adamo nasce da una Vergine; Eva, vergine, disobbedisce a Dio; Maria, vergine, nella sita obbedienza è causa di salvezza per tutto il genere umano; Maria, vergine, è l'avvocata della vergine Eva: «la Legge chiama colei che era fidanzata ad un uomo, benché sia ancora vergine, moglie di colui che l'aveva presa come fidanzata, indicando il movimento a ritroso che va da Maria ad Eva. Infatti ciò che è stato legato non può essere slegato se non si ripercorrono senso inverso le pieghe del nodo... Cosi dunque il nodo della disobbedienza di Eva trovò soluzione grazie all'obbedienza di Maria».