Hilaire Belloc, il grande letterato, saggista e uomo politico franco-inglese di fede cattolica, pubblicò questo libro a Londra nel 1924: ossia 18 anni prima dello sterminio degli ebrei mitteleuropei organizzato dal nazismo e 24 anni prima della fondazione dello Stato israeliano in Palestina.
Eppure qui l’autore, analizzando il montare dell’odio e della propaganda antisemita sia in Europa che nel mondo islamico, previde che l’ostilità sarebbe presto passata dalle parole e dagli scritti ai fatti, provocando una persecuzione che avrebbe coinvolto anche chi non lo avrebbe voluto e distrutto la pace del continente; previde anche che la costituzione di uno Stato sionista in terra palestinese avrebbe sollevato un conflitto con i musulmani nell’area del Vicino Oriente.
Questo libro assume quindi un valore non solo storico e documentale ma anche “profetico”, ed ora può essere riletto nella ristampa curata da Giovanni Zenone, un cattolico di stirpe ebraica.
Tuttavia, da un autore come Belloc non ci si può attendere un saggio conformista. Invece di negare l’esistenza di una “questione ebraica”, come oggi è di moda fare, egli cerca di capirla e di risolverla, analizzando le problematiche religiose e politiche sollevate dall’azione dell’ebraismo militante in Europa. Egli non fa sconti a nessuno e delinea responsabilità a tutto campo, comprese quelle di alcune comunità ebraiche che si misero in conflitto con le società che le ospitavano e legittimavano.
La secolarizzazione e la politicizzazione dell’ebraismo, avvenuta lungo il XIX secolo, l’uso del segreto, dell’infiltrazione e della cospirazione, furono fattori che fornirono facili pretesti all’insorgere delle ostilità da parte di quei poteri nazionali che vedevano con preoccupazione il montare di un internazionalismo non solo finanziario ma anche politico e culturale.
Belloc cerca di delineare una prospettiva di convivenza che concili l’identità e la pace dell’ebraismo con quelle della società europea. Si può discutere sulla completezza della sua analisi e sui dettagli delle sue proposte, che rispondono ad una impostazione non teologica ma psicologico-culturale, senz’altro insufficiente per risolvere un problema così antico e complesso. Tuttavia questo suo saggio, ad oltre 80 anni dalla sua pubblicazione, rimane uno dei pochi che può essere riletto con interesse non solo per capire come in quegli anni veniva posta la “questione ebraica”, ma anche per ricavarne stimoli e suggerimenti utili per la sua soluzione.
Tratto dalla rivista Radici Cristiane n. 22 - Febbraio/Marzo 2007
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