Fabro all'Angelicum
(Quaderni fabriani)EAN 9788889231104
Questo agile volume inserito all’interno della collezione dei Quaderni Fabriani, collana che ha per scopo il fornire agli studiosi e a tutti coloro che si interessano della persona e del pensiero di Cornelio Fabro diversi documenti e testi inediti o poco conosciuti relativi all’attività del filosofo veneto, prende in considerazione il periodo degli studi di Fabro presso l’allora Pontificio Istituto Angelicum di Roma, rispettivamente dall’anno 1931 (quando egli si iscrisse alla Facoltà di Teologia) fino al dottorato che ottenne nel 1939 con la pubblicazione della nota tesi di laurea avente per titolo La nozione metafisica di partecipazione secondo San Tommaso d’Aquino. Questo saggio viene proposto dall’autore, P. Elvio Celestino Fontana, Direttore del “Progetto Culturale Cornelio Fabro” e del “Centro di Alti Studi San Bruno Vescovo di Segni” e Segretario della “Società Internazionale Tommaso d’Aquino” (S.I.T.A.) proprio in occasione dei 70 anni della difesa della Tesi dottorale di C. Fabro e nel centenario di fondazione dell’Angelicum. Fontana risale alle radici del rapporto privilegiato di studio che Fabro ebbe rispetto alle fonti dell’Aquinate, proponendo fin dall’inizio, alle pagine 12-16, il testo completo del panegirico che il giovane studente C. Fabro, da poco iscritto all’Angelicum dopo aver frequentato l’Università Lateranense fra gli anni 1929 e 1931, pronunciò il 23 gennaio 1932 davanti ai suoi compagni stimmatini di S. Agata. «All’Angelicum si mantiene vivo e sano l’ideale del suo amato fondatore: coniugare studio e santità di vita sulla scia di S. Tommaso. Ivi Fabro si innamora di San Tommaso. […]. Il discorso inquadra la figura del Santo Dottore come religioso; era l’eco che l’ambiente e l’ideale di vita della sua nuova università avevano impresso nel giovane chierico» (p. 11). Il volume ripercorre così ciascuno degli anni di studio di Fabro all’Angelicum, proponendo dettagliatamente – per ogni anno accademico – le informazioni sulla vita universitaria, sulle attività, i corsi, le excercitationes, i voti, gli esami prima di licenza e poi di dottorato, del giovane studente stimmatino, fornendo utili indicazioni anche sui suoi più famosi professori – Cordovani, Merkelbach, Garrigou-Lagrange, Simonin, Walz, Ceuppens, ecc. – e sul rapporto accademico e personale che ebbe con loro.Di particolare interesse risultano la parte relativa al dottorato in teologia (pp. 63-73) – dalla quale si evince che durante l’anno accademico 1935-1936 Fabro fu destinato temporaneamente all’insegnamento presso il Collegio Bertoniano di Verona, e dunque poté iniziare il quinto anno di Teologia, per il conseguimento del titolo di dottorato, solo all’inizio dell’anno accademico successivo – e soprattutto la parte riguardante la pubblicazione della sua tesi dottorale (pp. 75-114). Fabro, che definì egli stesso come “tormentato e tormentante” il lavoro della sua tesi, giunse alla stesura completa dello scritto il 1° settembre 1937 e lo presentò pubblicamente – con grande successo (50/50) – il 30 ottobre 1938. Fontana in questo volume ne fornisce il testo della Prefazione ed alcune pagine significative dell’Introduzione, evidenziando nella tesi dottorale fabriana la centralità che il problema filosofico della natura del Tomismo e della dottrina della partecipazione occupavano nell’animo del filosofo stimmatino. Fabro, che già nel 1938 aveva iniziato la sua carriera in qualità di docente presso la Pontificia Università Urbaniana, dove sarà nominato prima docente straordinario (già nel 1939) e poi ordinario di Metafisica, pubblicò la sua ricerca l’anno successivo presso l’editrice Vita e Pensiero di Milano. Fin dalla sua prima pubblicazione del 1935 (Avicenna e la conoscenza divina dei particolari, in Bollettino Filosofico dell’Ateneo Lateranense) l’ambiente filosofico e scientifico accolse favorevolmente i suoi lavori; per quanto riguarda il contenuto de La nozione di partecipazione…e la innovativa proposta interpretativa da lui offerta in questo scritto, Fontana fornisce un’ampia documentazione sullo stupore che provocò in Italia e all’estero la pubblicazione del libro Fabriano. Si riportano infatti le recensioni scritte da G. Stanghetti (L’Osservatore Romano), E.A. Moody (Philosophic Abstracts), M. Matthijs (Angelicum), C. Carbonara (Logos), J. Bittremieux (Ephemerides Theologicae Lovanienses), M. Bendiscioli (Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto), A. Rossi (Divus Thomas), F. Olgiati (Rivista di Filosofia Neoscolastica), G. Isaye (Nouvelle Revue Théologique), J.B. Lotz (Scholastik), J. Santeler (Zeitschrift für Katholische Theologie), A. Pelzer (Revue d’histoire ecclésiastique), J. Iturrioz (Estudios eclesiásticos) e il giudizio critico fornito da F. van Steenberghen (in Id., Siger de Brabant d’après ses oeuvres inédites, 1942). Questo saggio di E. Fontana è dunque particolarmente utile per due motivi. Il primo, per il fornire – a partire dalla vicenda personale e dalla carriera accademica del giovane Fabro presso l’Angelicum – numerose informazioni e indicazioni circa la conduzione degli studi, i corsi, le esercitazioni e il clima accademico sia dell’Istituzione che accompagnò Fabro verso la pubblicazione della sua tesi dottorale, che come è noto ebbe notevole impatto e risonanza, sia più in generale dell’ambiente di studio caratterizzante in quegli anni l’insieme degli Atenei e delle Università Pontificie romane. Il secondo motivo, più specificamente, perché questo testo risulta notevolmente interessante, circa gli studi fabriani, per individuare la “mens” del filosofo nell’elaborazione stessa della sua interpretazione del pensiero di San Tommaso, a partire dall’attenta disamina delle sue principali fonti. «Se ai nostri occhi può sembrare sorprendente l’immediata e positiva accoglienza che l’opera ebbe da parte della critica, per Fabro non fu altro che una conferma pubblica della sua persuasione personale. Fin dall’inizio era consapevole dell’originalità della sua scoperta. […] Durante lunghi anni continuò ad esplorare questa nuova prospettiva, e in diverse occasioni offrì le sue riflessioni sul significato della dottrina della partecipazione nel Tomismo e sul ruolo che essa assume come criterio di giudizio e possibilità di dialogo con la filosofia moderna. […] I suoi studi lo portarono oltre. I suoi scritti segnarono una rottura con la tradizione formalistica e Fabro era consapevole che così prospettava “un capovolgimento di rotta nel compito arduo e sempre contrastato di realizzare in Occidente un’autentica riflessione speculativa, la quale potesse fare un incontro con il nuovo clima del mondo moderno”. Sono parole di Fabro tratte dagli Appunti di un itinerario, l’opera che segna il congedo dalla carriera accademica» (pp. 115-116).
Tratto dalla rivista "Salesianum" 72 (2010) 1, 160-162
(http://las.unisal.it)
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