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DETTAGLI DI «Opere complete / Fenomenologia della percezione»
Tipo
Libro
Titolo
Opere complete / Fenomenologia della percezione
Autore
Fabro Cornelio
Editore
Editrice del Verbo Incarnato
EAN
9788889231067
Pagine
466
Data
2006
COMMENTI DEI LETTORI A «Opere complete / Fenomenologia della percezione»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Opere complete / Fenomenologia della percezione»
Recensione di Francesco De Carolis della rivista Studia Patavina
Il volume di Cornelio Fabro, quinto del progetto di pubblicazione delle Opere complete, mostra la poliedricità degli studi e degli interessi del filosofo tomista e la sua appassionata ricerca svolta anche tra autori e temi della filosofia e delle scienze attuali: lo si evince dalla bibliografia preposta al volume e curata dallo stesso Fabro, che, anche oggi, può essere un utile strumento di ricerca per chi è interessato alla storia del movimento della psicologia gestaltica e a molti sviluppi del pensiero fenomenologico e pre-fenomenologico, dal Brentano e dal Bolzano sino allo Stumpf e ad Husserl. È qui solo il caso di rammentare gli ampi capitoli che Fabro dedicò a delineare le varie fasi del movimento gestaltico (visto in rapporto alla prima teoria e alla nuova teoria della forma) e la fenomenologia della percezione normale e patologica, a partire dall’inquadramento percettivo fondamentale dello spazio, del tempo e degli eventi (pp. 171 e 249).L’autore, del resto, inquadra la problematica nella prospettiva di una riflessione sui più diversi indirizzi della gnoseologia moderna e contemporanea, da Berkeley e Hume al Baine, alla Scuola del senso comune e al Reid, a James Mill e John Stuart Mill. Peraltro, Fabro ha presenti i problemi posti dalla psicologia associazionista classica e rileva frequentemente il nesso tra talune impostazioni psicologico-gnoseologiche inadeguate , la critica al principio di causalità e la più generale negazione della metafisica, avvenuta in età moderna con esiti discussi e talora poco appaganti per il pensiero filosofico. Scorgiamo, nel percepire, diversi piani oggettuali non derivabili l’uno dall’altro, il che pone in discussione il metodo scompositivo ingenuo dell’associazionismo. Infatti, il procedere della riflessione filosofica e scientifica ha evidenziato non solo gli errori e le unilateralità dell’empirismo, ma anche quelli dell’idealismo, dell’innatismo, dell’ontologismo e del tradizionalismo: essi riconducono il nostro finito conoscere all’attività, che si sostituisce alla nostra, di una mente assoluta e metaempirica, necessaria per trascendere le difficoltà del problema della conoscenza. Tutti questi atteggiamenti hanno in comune la scarsa disponibilità ad approfondire il problema della sensorialità. Al Fabro, che pur non ne condivide gli esiti fenomenistici, non sfugge la rilevanza del pensiero kantiano, incentrato sul tema della collaborazione della sensibilità e dell’intelletto. D’altra parte, dall’analisi della posizione realista emerge la necessità di pensare in modo non pregiudicato da categorie intellettuali o intellettualistiche il nostro originario rapporto con l’esperienza (p. 46), che non è fatta di una sovrapposizione di dati staccati. Pertanto, il termine fenomenologia dovrà essere pensato oltre il dualismo kantiano e le sintesi dialettiche di Hegel: «la fenomenologia, come qui la intendo, non consiste in altro che in una descrizione, sulla base di dati scientificamente accertati, dei piani oggettuali e delle tappe della coscienza: non in funzione dell’uno e dell’altro sistema, ma come di fatto si presentano nella coscienza» (p. 50). La fenomenologia si distinguerà sia dalla logica, sia dalla metafisica, sia dalla gnoseologia, sia dalle scienze sperimentali: «questo volume analitico-descrittivo è dedicato a rivelare i contenuti fondamentali e genuini per cui è dato l’atto di percezione» (p. 58). Fabro è, del resto, convinto che la tematica gnoseologica va inserita in una prospettiva ontologica non rinunciataria: il raggiungimento della verità è espressione della ricchezza dell’essere e l’apertura genuina al problema dell’essere è, in definitiva, la riprova della dignità dell’uomo quale essere capace di interrogarsi sull’essere: distanziandosi da Hegel e dall’immanentismo contemporaneo, Fabro, che guarda alla nozione di totalità presente in Aristotele, San Tommaso e nello stesso Goethe, intende sostenere che, da un’analisi non aprioristica, «sarà riconosciuta al tutto adeguata quella teoria della percezione che riuscirà, nel campo della fenomenologia, a specificare il principio della Totalità senza incappare nelle secche del monismo gnoseologico; e sarà filosoficamente fondata quando riconoscerà, tanto al soggetto come all’oggetto, considerati come due totalità corrispondenti, un proprio movimento decisivo nella costituzione dell’atto conoscitivo» (p. 402). Come si vede da queste parole di congedo del volume, Fabro esprime un compito proprio della filosofia attuale, se essa, da un punto di vista gnoseologico, non vuol chiudersi in un orizzonte relativistico o in un altro improntato al panteismo o all’immanentismo.
Perciò, va anzitutto notato che la tematica affrontata si muove in un orizzonte che supera la netta dicotomia tra psicologia e filosofia. Nel panorama novecentesco, caratterizzato dalle trasformazioni della logica formale e dall’emergere delle scienze dell’uomo, si è posta la questione del rapporto tra logica e psicologia, tra scienze dell’uomo e fenomenologia filosofica. Nell’ambito degli studi tomisti, peraltro, fu assai vivace l’interesse per le questioni di criteriologia e di psicologia, come dimostrano gli scritti del Mercier. L’opera del Fabro, in costante dialogo con la riflessione psicologica ed attenta agli sviluppi della psicologia della forma, si inserisce in un dibattito significativo mediante riflessioni profonde e uno studio appassionato delle questioni. Essa, con il suo interesse per la sfera percettiva e sensoriale dell’uomo, serve a sottolineare le ragioni di una filosofia concreta ed antropologica,ben lontana da altre impostazioni, più astratte e razionalistiche, che sono rivolte a disancorare la mente umana dalle condizione concrete della sua effettiva operatività e del suo accesso al vero e al reale.
Su queste basi, si potrà non solo svolgere tematiche antropologiche e di psicologia filosofica, ma argomentare, pur nella loro distinzione, l’intima unità del mentale e del corporeo, riferendosi originalmente ad argomenti tratti da una lunga tradizione speculativa. È qui un punto rilevante della riflessione di Fabro, il quale ricerca, costituendo la sua fenomenologia della percezione, una «sintesi intermedia»: essa orienta, mediante un forte aggancio con l’analisi scientifica, verso le tematiche dell’ontologia e dell’antropologia filosofica, ed esse, pur non dipendendo da sole argomentazioni scientifiche, saranno arricchite da nuovi studi sui processi della percezione.
Per questo tentativo è necessario, anzitutto, far convenire in un punto la psicologia scientifica, l’antropologia e la gnoseologia. Sarà, inoltre, necessario riferirsi a quegli orientamenti psicologici che si discostano dal riduzionismo e si orientano verso una psicologia esclusiavamente riflessiologica, tutta fondata su condizionamenti e abitudini apprese. L’esperienza genuina non si presenta come una serie di dati privi di relazioni e di struttura. Come già hanno rilevato Brentano, Stumpf e lo stesso Dilthey, i processi mentali hanno una delineazione, ben diversa e più complessa, che spinge a superare molte forme di riduzionismo psicologico e gnoseologico non legittimabili ad un esame critico più rigoroso, cioè fenomenologicamente più ampio e complesso.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2007, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Perciò, va anzitutto notato che la tematica affrontata si muove in un orizzonte che supera la netta dicotomia tra psicologia e filosofia. Nel panorama novecentesco, caratterizzato dalle trasformazioni della logica formale e dall’emergere delle scienze dell’uomo, si è posta la questione del rapporto tra logica e psicologia, tra scienze dell’uomo e fenomenologia filosofica. Nell’ambito degli studi tomisti, peraltro, fu assai vivace l’interesse per le questioni di criteriologia e di psicologia, come dimostrano gli scritti del Mercier. L’opera del Fabro, in costante dialogo con la riflessione psicologica ed attenta agli sviluppi della psicologia della forma, si inserisce in un dibattito significativo mediante riflessioni profonde e uno studio appassionato delle questioni. Essa, con il suo interesse per la sfera percettiva e sensoriale dell’uomo, serve a sottolineare le ragioni di una filosofia concreta ed antropologica,ben lontana da altre impostazioni, più astratte e razionalistiche, che sono rivolte a disancorare la mente umana dalle condizione concrete della sua effettiva operatività e del suo accesso al vero e al reale.
Su queste basi, si potrà non solo svolgere tematiche antropologiche e di psicologia filosofica, ma argomentare, pur nella loro distinzione, l’intima unità del mentale e del corporeo, riferendosi originalmente ad argomenti tratti da una lunga tradizione speculativa. È qui un punto rilevante della riflessione di Fabro, il quale ricerca, costituendo la sua fenomenologia della percezione, una «sintesi intermedia»: essa orienta, mediante un forte aggancio con l’analisi scientifica, verso le tematiche dell’ontologia e dell’antropologia filosofica, ed esse, pur non dipendendo da sole argomentazioni scientifiche, saranno arricchite da nuovi studi sui processi della percezione.
Per questo tentativo è necessario, anzitutto, far convenire in un punto la psicologia scientifica, l’antropologia e la gnoseologia. Sarà, inoltre, necessario riferirsi a quegli orientamenti psicologici che si discostano dal riduzionismo e si orientano verso una psicologia esclusiavamente riflessiologica, tutta fondata su condizionamenti e abitudini apprese. L’esperienza genuina non si presenta come una serie di dati privi di relazioni e di struttura. Come già hanno rilevato Brentano, Stumpf e lo stesso Dilthey, i processi mentali hanno una delineazione, ben diversa e più complessa, che spinge a superare molte forme di riduzionismo psicologico e gnoseologico non legittimabili ad un esame critico più rigoroso, cioè fenomenologicamente più ampio e complesso.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2007, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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