Opere complete / Neotomismo e suarezismo
EAN 9788889231050
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DETTAGLI DI «Opere complete / Neotomismo e suarezismo»
Tipo
Libro
Titolo
Opere complete / Neotomismo e suarezismo
Autore
Fabro Cornelio
Editore
Editrice del Verbo Incarnato
EAN
9788889231050
Pagine
176
Data
2005
COMMENTI DEI LETTORI A «Opere complete / Neotomismo e suarezismo»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Opere complete / Neotomismo e suarezismo»
Recensione di Francesco De Carolis della rivista Studia Patavina
L’opera di Cornelio Fabro è stata ampia e originale in vari campi della filosofia ed ha apportato sicuri contributi nell’ambito, arduo e complesso, degli studi tomisti. Il Fabro, che analizzò significativamente pensatori quali Hegel, Heidegger e soprattutto Kierkegaard, è a buon diritto considerato come uno degli autori cattolici più significativi nel dibattito culturale e filosofico, italiano e non solo, del Novecento. La pubblicazione delle Opere complete, che comprenderanno anche lavori non pubblicati, postumi o poco accessibili, risulta di grande importanza per consentire agli studiosi un ulteriore approfondimento di tematiche filosofiche fondamentali, svolte e trattate con profonda competenza.
Questo volume è la ripubblicazione di un fascicolo del 1941. Il suo scopo è mostrare che «la dedizione integrale che in linea di massima presto al Tomismo, è frutto in me di sola convinzione e la mia modesta fatica non mira ad altro che a collegarsi direttamente al pensiero personale dell’Angelico Maestro» (pag. 8). Esso compendiava, in rapporto alla controversia metafisica con il P. Descoqs, due scritti sulla questione della relazione metafisica tra essenza ed esistenza. Si tratta di una questione vastamente dibattuta in tutto il pensiero scolastico ed essenziale per comprendere aspetti fondamentali del pensiero dell’Aquinate, il quale ne diede, come sostiene con fermezza di argomenti il Fabro, una soluzione felice ed esauriente, al di là di tesi unilaterali che renderebbero meno significativo l’approccio al reale e impoverirebbero quindi la filosofia. La netta separazione, platonica e ultrarealista, dell’essere dall’essenze trascendenti risultò poco difendibile e cedette il passo al realismo moderato. In quest’ambito, dinanzi all’emergere di tesi necessitariste e panteiste, è, allora, rilevante l’equilibrio della soluzione tomista: negli enti finiti si riscontra, oltre la stessa composizione di materia e forma nell’essenza di molti enti, la distinzione reale, propria comunque del finito rispetto all’infinito ontologico e teologico, tra essenza ed esistenza. Del resto, sulla base della prossimità e della distanza di S. Tommaso dalle tesi di Avicenna e sulla base della tesi fondamentale dell’essere in senso forte o actus essendi, «non si può determinare in modo definitivo l’estensione e la comprensione che ha nel Tomismo la coppia ‘atto e potenza’, senza prendere in esame la posizione tomista circa la ‘prima’ composizione della creatura, quella di essenza ed esistenza» (pag. 149).
Al di là dell’occasionalità dello scritto, Fabro giungeva al cuore di un arduo problema metafisico classico e contribuiva a delineare la specifica differenza della soluzione tomista rispetto alla concezione suareziana della tematica della composizione di essenza ed esistenza nell’ente creato. Fabro giunge a delle conclusioni rilevanti (pag. 149) mediante l’analisi di argomenti logici e metafisici, la riflessione sulle dottrine di Avicenna e Averroè e mediante l’analisi del superamento di tali teorizzazioni: se l’ente creato è composto, l’essere non è accidente rispetto ad esso e non è necessariamente legato all’essenza. Sono così superati il fatalismo e l’emanatismo su una base rigorosamente razionale che si apre e si riconnette al discorso di fede. Fabro non dimentica l’importanza della dottrina dell’analogia in Tommaso d’Aquino. Tale dottrina permette di pensare l’identità in Dio, la composizione nelle creature, la strutturazione di tale composizione in rapporto alle nozioni di sostanza, accidente e ad altre suddivisioni metafisiche classiche.
Come si vede, pur nella sua brevità relativa, il testo risulta di grande significato non solo dal punto di vista storiografico, ma anche da quello teoretico e metafisico.
Utili risultano anche le avvertenze (pag. 159), che delineano le circostanze concrete che portarono alla pubblicazione del volume, e la nota bibliografica, che dà riferimenti sullo sviluppo di questa controversia così rilevante nell’ambito degli studi tomisti e della riflessione su questioni basilari dell’ontologia classica e medioevale.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2006, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Questo volume è la ripubblicazione di un fascicolo del 1941. Il suo scopo è mostrare che «la dedizione integrale che in linea di massima presto al Tomismo, è frutto in me di sola convinzione e la mia modesta fatica non mira ad altro che a collegarsi direttamente al pensiero personale dell’Angelico Maestro» (pag. 8). Esso compendiava, in rapporto alla controversia metafisica con il P. Descoqs, due scritti sulla questione della relazione metafisica tra essenza ed esistenza. Si tratta di una questione vastamente dibattuta in tutto il pensiero scolastico ed essenziale per comprendere aspetti fondamentali del pensiero dell’Aquinate, il quale ne diede, come sostiene con fermezza di argomenti il Fabro, una soluzione felice ed esauriente, al di là di tesi unilaterali che renderebbero meno significativo l’approccio al reale e impoverirebbero quindi la filosofia. La netta separazione, platonica e ultrarealista, dell’essere dall’essenze trascendenti risultò poco difendibile e cedette il passo al realismo moderato. In quest’ambito, dinanzi all’emergere di tesi necessitariste e panteiste, è, allora, rilevante l’equilibrio della soluzione tomista: negli enti finiti si riscontra, oltre la stessa composizione di materia e forma nell’essenza di molti enti, la distinzione reale, propria comunque del finito rispetto all’infinito ontologico e teologico, tra essenza ed esistenza. Del resto, sulla base della prossimità e della distanza di S. Tommaso dalle tesi di Avicenna e sulla base della tesi fondamentale dell’essere in senso forte o actus essendi, «non si può determinare in modo definitivo l’estensione e la comprensione che ha nel Tomismo la coppia ‘atto e potenza’, senza prendere in esame la posizione tomista circa la ‘prima’ composizione della creatura, quella di essenza ed esistenza» (pag. 149).
Al di là dell’occasionalità dello scritto, Fabro giungeva al cuore di un arduo problema metafisico classico e contribuiva a delineare la specifica differenza della soluzione tomista rispetto alla concezione suareziana della tematica della composizione di essenza ed esistenza nell’ente creato. Fabro giunge a delle conclusioni rilevanti (pag. 149) mediante l’analisi di argomenti logici e metafisici, la riflessione sulle dottrine di Avicenna e Averroè e mediante l’analisi del superamento di tali teorizzazioni: se l’ente creato è composto, l’essere non è accidente rispetto ad esso e non è necessariamente legato all’essenza. Sono così superati il fatalismo e l’emanatismo su una base rigorosamente razionale che si apre e si riconnette al discorso di fede. Fabro non dimentica l’importanza della dottrina dell’analogia in Tommaso d’Aquino. Tale dottrina permette di pensare l’identità in Dio, la composizione nelle creature, la strutturazione di tale composizione in rapporto alle nozioni di sostanza, accidente e ad altre suddivisioni metafisiche classiche.
Come si vede, pur nella sua brevità relativa, il testo risulta di grande significato non solo dal punto di vista storiografico, ma anche da quello teoretico e metafisico.
Utili risultano anche le avvertenze (pag. 159), che delineano le circostanze concrete che portarono alla pubblicazione del volume, e la nota bibliografica, che dà riferimenti sullo sviluppo di questa controversia così rilevante nell’ambito degli studi tomisti e della riflessione su questioni basilari dell’ontologia classica e medioevale.
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