Il problema critico
-Ricerca sul valore oggettivo della conoscenza
(Opera omnia)EAN 9788887931167
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DETTAGLI DI «Il problema critico»
Tipo
Libro
Titolo
Il problema critico - Ricerca sul valore oggettivo della conoscenza
Autore
Veuthey Leone
A cura di
Poppi A.
Traduttore
Corrà G.
Editore
Miscellanea Francescana
EAN
9788887931167
Pagine
344
Data
2001
Peso
700 grammi
Dimensioni
17 x 24 cm
Collana
Opera omnia
COMMENTI DEI LETTORI A «Il problema critico»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Il problema critico»
Recensione di Angelo Roncolato della rivista Studia Patavina
Il nome del p. francescano conventuale svizzero Léon Veuthey (1896-1974) compare raramente nelle bibliografie filosofiche, anche nell’ambito del pensiero cattolico, eppure, fu un protagonista, intorno agli anni Quaranta, soprattutto nel dibattito circa problema critico.
Ora il suo pensiero filosofico e teologico-spirituale viene riportato all’attenzione dei lettori mediante la pubblicazione dell’”Opera Omnia” di cui qui presentiamo i volumi n. 6 e 7.
Il primo propone in traduzione italiana, a cura di G. C. Corrà, l’originale è in latino (Critica. De valore objectivo cognitionis disquisitio. Editio Tertia, ad formam novam ac definitivam redacta, Romae MCMXLI), la sua più importante opera filosofica dedicata appunto al problema critico.
Il volume è preceduto da un’accurata e dettagliata introduzione di Antonino Poppi che ripercorre l’itinerario speculativo che ha condotto il Veuthey al suo “originale e solitario tentativo di una nuova posizione e soluzione del valore oggettivo della ragione umana e della sua reale conoscenza delle cose nell’immanenza del soggetto pensante, secondo l’ormai impreteribile istanza posta dalla filosofia kantiana” (p. VII), ne mette in luce il significato, e qualche limite, nonché ricostruisce la violenta polemica scatenata da parte degli ambienti del neotomismo imperante (Facoltà romane, Collegio Alberoni di Piacenza, Scuola milanese e lovaniense) che avrà l’epilogo nel luglio del 1942 con l’al¬lon¬tanamento dall’insegnamento.
Il senso complessivo del procedimento critico del Veuthey, che parte da Kant e si sviluppa sulla linea della via agostiniano-bonaventuriana, per altro non in contrasto con le posizioni fondamentali della tradizione scolastica tomista, è felicemente riassunto nelle righe finali dell’introduzione di Poppi. Per il Nostro il problema critico era “quello del valore oggettivo della nostra conoscenza, che essendo un atto che avviene nel soggetto e secondo le leggi del soggetto pensante, è legittimo chiedersi se avvenga nel rispetto della natura e delle leggi dell’oggetto conoscibile. È appunto su questo preciso quesito che si dipana l’intera dimostrazione della critica con i passaggi teoretici (…) della necessità di un parallelismo o armonia tra pensiero ed essere nel pensante finito, garantita dall’identità perfetta di pensiero ed essere nell’assoluto, al quale potenzialmente il soggetto è proteso: l’identità divina quale atto puro di essere e pensiero rende così possibile l’adeguazione tra pensiero ed essere anche nel soggetto finito, senza che questi debba uscire da se stesso per incontrare un essere estraneo alle leggi dell’intelligibilità”.
Questi ultimi snodi risolutivi, a mio parere, - conclude Poppi - avrebbero bisogno di una maggiore esplicitazione e rigore dimostrativo, oltre la veloce intuitività personale dell’autore; anche così, tuttavia, l’apporto veutheyano a un problema così originario per tutto il sapere umano e anche esistenziale, dà molto da pensare e fa intravedere la possibilità di una soluzione più verace» (pp. LXVIs).
Il secondo volume (l’originale francese esce nel 1938, la traduzione italiana è a cura di G. C. Corrà) nasce come reazione al Congresso Internazionale di Filosofia, svoltosi a Parigi nell’agosto 1937, al quale l’autore partecipò svolgendovi anche una comunicazione dal titolo La justification des postulats de la raion (cf. pp. 159-164).
La partecipazione al Congresso fu un’esperienza importante e speculativamente feconda per Veuthey. L’incontro diretto con i maggiori filosofi del tempo, stimolarono la sua riflessione, come testimonia il volume che presentiamo.
Scrive nell’introduzione: “In seguito abbiamo meditato sull’insieme dei lavori (…) e ne abbiamo fatto una sintesi che ci sembra essere quella stessa del pensiero contemporaneo. Ne abbiamo analizzato i problemi e tentato di portare il nostro contributo alla loro soluzione” (p. 5).
Il clima culturale del Congresso, non senza una punta d’ironia, viene così descritto: “Dominato, almeno all’inizio, dal forte gruppo, ben organizzato, dei Neopositivisti del Circolo di Vienna, il Congresso ha battuto in breccia la pretesa della ragione d’impadronirsi del mondo e di sottometterlo alla sue leggi logiche e matematiche a priori. E i Neopositivisti sono stati meravigliosamente sostenuti nelle loro prospettive da quelle dei fisici, invitati essi pure al Congresso e che hanno dato, può essere loro malgrado, il prestigio della scienza alle teorie del Circolo di Vienna, tratte, anch’esse, dai dati provvisori della fisica, in cui hanno voluto porre la base di una filosofia scientifica” (p. 6). Ciò conferma l’Autore nella convinzione che “la questione fondamentale da risolvere in filosofia è certamente quella della conoscenza dalla quale dipendono tutte le altre questioni” (ivi).
La presentazione e la discussione delle tematiche congressuali è articolata in sei capitoli dedicati successivamente al problema della ragione, della logica, della causalità, della trascendenza, di Dio e dei valori.
Riferendosi a questo lavoro nell’introduzione al precedente volume, Poppi giustamente osserva: “È sorprendente l’acutezza con cui Veuthey coglieva il nucleo delle più diverse posizioni logiche, psicologiche, fisico-matematiche, metafisiche dei pensatori presenti, ne denunciava l’unilateralità, il riduzionismo fisicista e le riportava al proprio punto di vista fondato sulla forza e la necessità della ragione di trascendere il dato empirico e giustificare criticamente i principi del suo funzionamento nell’unità assoluta dell’essere divino, dal quale deriva l’unità relativa della nostra conoscenza in forza dell’omogeneità primaria dell’essere e del pensiero; le leggi e l’attività del pensiero riflettono perfettamente le leggi e l’attività dell’essere, assicurando l’oggettività della conoscenza anche nei diversi rami delle scienze logico-matematiche e di quelle fisico-sperimentali” (p. XXXI).
Citiamo, a modo d’esempio, il giudizio sul neopositivismo: “Vorrebbe giudicare dell’essere con dei metodi che non raggiungono l’essere; e, non raggiungendolo, lo nega, scatenato a voler riformare la ragione umana che ha il torto d’essere, per natura, espressione dell’essere e delle sue leggi. Impresa contro natura e disastrosa per lo spirito umano e per ogni sua attività! Il Neopositivismo è una epistemologia speciale al servizio del solo sapere fisico. Qui ha la sua ragione d’essere; ma ha il torto di voler essere una filosofia e di pretendere di realizzare una epistemologia generale e una teoria del linguaggio valide per tutto il sapere umano” (pp. 34s).
In sintesi, questo lavoro di Veuthey ci offre una vivace ed originale lettura delle espressioni dominanti nella filosofia del primo Novecento.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Ora il suo pensiero filosofico e teologico-spirituale viene riportato all’attenzione dei lettori mediante la pubblicazione dell’”Opera Omnia” di cui qui presentiamo i volumi n. 6 e 7.
Il primo propone in traduzione italiana, a cura di G. C. Corrà, l’originale è in latino (Critica. De valore objectivo cognitionis disquisitio. Editio Tertia, ad formam novam ac definitivam redacta, Romae MCMXLI), la sua più importante opera filosofica dedicata appunto al problema critico.
Il volume è preceduto da un’accurata e dettagliata introduzione di Antonino Poppi che ripercorre l’itinerario speculativo che ha condotto il Veuthey al suo “originale e solitario tentativo di una nuova posizione e soluzione del valore oggettivo della ragione umana e della sua reale conoscenza delle cose nell’immanenza del soggetto pensante, secondo l’ormai impreteribile istanza posta dalla filosofia kantiana” (p. VII), ne mette in luce il significato, e qualche limite, nonché ricostruisce la violenta polemica scatenata da parte degli ambienti del neotomismo imperante (Facoltà romane, Collegio Alberoni di Piacenza, Scuola milanese e lovaniense) che avrà l’epilogo nel luglio del 1942 con l’al¬lon¬tanamento dall’insegnamento.
Il senso complessivo del procedimento critico del Veuthey, che parte da Kant e si sviluppa sulla linea della via agostiniano-bonaventuriana, per altro non in contrasto con le posizioni fondamentali della tradizione scolastica tomista, è felicemente riassunto nelle righe finali dell’introduzione di Poppi. Per il Nostro il problema critico era “quello del valore oggettivo della nostra conoscenza, che essendo un atto che avviene nel soggetto e secondo le leggi del soggetto pensante, è legittimo chiedersi se avvenga nel rispetto della natura e delle leggi dell’oggetto conoscibile. È appunto su questo preciso quesito che si dipana l’intera dimostrazione della critica con i passaggi teoretici (…) della necessità di un parallelismo o armonia tra pensiero ed essere nel pensante finito, garantita dall’identità perfetta di pensiero ed essere nell’assoluto, al quale potenzialmente il soggetto è proteso: l’identità divina quale atto puro di essere e pensiero rende così possibile l’adeguazione tra pensiero ed essere anche nel soggetto finito, senza che questi debba uscire da se stesso per incontrare un essere estraneo alle leggi dell’intelligibilità”.
Questi ultimi snodi risolutivi, a mio parere, - conclude Poppi - avrebbero bisogno di una maggiore esplicitazione e rigore dimostrativo, oltre la veloce intuitività personale dell’autore; anche così, tuttavia, l’apporto veutheyano a un problema così originario per tutto il sapere umano e anche esistenziale, dà molto da pensare e fa intravedere la possibilità di una soluzione più verace» (pp. LXVIs).
Il secondo volume (l’originale francese esce nel 1938, la traduzione italiana è a cura di G. C. Corrà) nasce come reazione al Congresso Internazionale di Filosofia, svoltosi a Parigi nell’agosto 1937, al quale l’autore partecipò svolgendovi anche una comunicazione dal titolo La justification des postulats de la raion (cf. pp. 159-164).
La partecipazione al Congresso fu un’esperienza importante e speculativamente feconda per Veuthey. L’incontro diretto con i maggiori filosofi del tempo, stimolarono la sua riflessione, come testimonia il volume che presentiamo.
Scrive nell’introduzione: “In seguito abbiamo meditato sull’insieme dei lavori (…) e ne abbiamo fatto una sintesi che ci sembra essere quella stessa del pensiero contemporaneo. Ne abbiamo analizzato i problemi e tentato di portare il nostro contributo alla loro soluzione” (p. 5).
Il clima culturale del Congresso, non senza una punta d’ironia, viene così descritto: “Dominato, almeno all’inizio, dal forte gruppo, ben organizzato, dei Neopositivisti del Circolo di Vienna, il Congresso ha battuto in breccia la pretesa della ragione d’impadronirsi del mondo e di sottometterlo alla sue leggi logiche e matematiche a priori. E i Neopositivisti sono stati meravigliosamente sostenuti nelle loro prospettive da quelle dei fisici, invitati essi pure al Congresso e che hanno dato, può essere loro malgrado, il prestigio della scienza alle teorie del Circolo di Vienna, tratte, anch’esse, dai dati provvisori della fisica, in cui hanno voluto porre la base di una filosofia scientifica” (p. 6). Ciò conferma l’Autore nella convinzione che “la questione fondamentale da risolvere in filosofia è certamente quella della conoscenza dalla quale dipendono tutte le altre questioni” (ivi).
La presentazione e la discussione delle tematiche congressuali è articolata in sei capitoli dedicati successivamente al problema della ragione, della logica, della causalità, della trascendenza, di Dio e dei valori.
Riferendosi a questo lavoro nell’introduzione al precedente volume, Poppi giustamente osserva: “È sorprendente l’acutezza con cui Veuthey coglieva il nucleo delle più diverse posizioni logiche, psicologiche, fisico-matematiche, metafisiche dei pensatori presenti, ne denunciava l’unilateralità, il riduzionismo fisicista e le riportava al proprio punto di vista fondato sulla forza e la necessità della ragione di trascendere il dato empirico e giustificare criticamente i principi del suo funzionamento nell’unità assoluta dell’essere divino, dal quale deriva l’unità relativa della nostra conoscenza in forza dell’omogeneità primaria dell’essere e del pensiero; le leggi e l’attività del pensiero riflettono perfettamente le leggi e l’attività dell’essere, assicurando l’oggettività della conoscenza anche nei diversi rami delle scienze logico-matematiche e di quelle fisico-sperimentali” (p. XXXI).
Citiamo, a modo d’esempio, il giudizio sul neopositivismo: “Vorrebbe giudicare dell’essere con dei metodi che non raggiungono l’essere; e, non raggiungendolo, lo nega, scatenato a voler riformare la ragione umana che ha il torto d’essere, per natura, espressione dell’essere e delle sue leggi. Impresa contro natura e disastrosa per lo spirito umano e per ogni sua attività! Il Neopositivismo è una epistemologia speciale al servizio del solo sapere fisico. Qui ha la sua ragione d’essere; ma ha il torto di voler essere una filosofia e di pretendere di realizzare una epistemologia generale e una teoria del linguaggio valide per tutto il sapere umano” (pp. 34s).
In sintesi, questo lavoro di Veuthey ci offre una vivace ed originale lettura delle espressioni dominanti nella filosofia del primo Novecento.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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