Gli spazi liturgici della celebrazione rituale
(Imago)EAN 9788882726379
Si vedono sempre più le chiese d’arte (quale chiesa non lo è?) piene di gente. Non certo per le liturgie. Ma per quell’arte che illustra, prefigura e interpreta gli eventi liturgici. Sono i turisti che visitano le chiese come si può visitare un museo.
Tra questa gente anche i cristiani, i “giapponesi” di ogni nazione (quelli con la macchina fotografica o con gli occhi in su a esclamare un americano «wow»). Ma forse anche gente che potrebbe dichiarare la propria identità cristiana. La domanda del vecchio “sacrestano” (oggi ci sono i «sacristi») o del buon «don Abbondio» (oggi molti preti sono dei don Rodrigo in clergyman) potrebbe domandarsi: ma questa gente che cosa viene a fare in chiesa? Non è mica l’ora della Messa? E non ci sono funzioni in corso… Intanto l’andare in chiesa e l’andare al museo gode ancora di un verbo che coniughiamo verso le persone: vado a visitare qualcuno… vaso a visitare una chiesa… un museo, una mostra. Nelle due retro-prospettive – se vogliamo sempre distinguere – cristiana (visito colui che mi attende nella chiesa) e laica (visito gli autori di quadri, sculture, oggetti artistici…).
Nelle chiese c’è anche la possibilità di distinguere: posso andarci per visitare le opere d’arte e non accorgermi del “Signore di casa” ma anche quella di fare visita al Signore che vi dimora guardando le opere che raccontano la sua storia. Ma se vedere è alzare il naso oltre la portata dei propri occhi, guardare significa mettere gli occhi lì dove il naso non può andarci o può soltanto orientarci con l’odore che anticipa ciò che gli occhi andranno a vedere. Guardare significa: osservare, accorgersi, domandare che cosa sto vedendo, chiedersi che cosa “rappresenta” quel che vedo e perché in chiesa, o perché certi spazi sono “riempiti” da certe architetture o certe architetture sono così configurate… Nella prospettiva del guardare questi «segni» il credente o il non credente si pongono come due umili interroganti che vogliono conoscere, magari per comprendere anche oltre quel segno artistico che ora li avvolge e li ospita. Una così lunga premessa per presentare un libro su una rivista liturgica. Una così lunga premessa perché è la presentazione dello spirito e delle intenzioni degli autori di questa pubblicazione. Don A. Malacarne come instancabile, allegro, ironico e libero valorizzatore e studioso soprattutto del patrimonio delle chiese trentine… e dei suoi spazi liturgici della celebrazione rituale. La coautrice, R. Baldessari, è ricercatrice e docente di religione che ha fatto dell’arte sacra una sua arte professionale. Questa pubblicazione ovviamente non è una guida per turisti. Ma una guida per tutte le chiese che i turisti potranno visitare.
Una guida anche per chi deve fare da guida. Una guida che ha origini in tante altre opere pubblicate e stampate dell’arte per la liturgia e della liturgia come arte che gli stessi autori hanno realizzato. Strumenti utili per corsi di formazione ma anche per chi ha voluto rendere consapevole il proprio cuore dell’intelligenza della fede che l’arte interpreta e configura. Infatti nell’economia delle ricerche e degli studi di don Ambrogio, questa pubblicazione e altre opere in stampa sono anche strumenti utilizzati nei corsi di formazione che l’associazione «Anastasia» (acronimo di «Amici nell’arte sacra tra architettura, simbologia, iconografia e agiografia») da lui fondata continua a promuovere per la formazione di guide esperte in arte sacra e ai beni culturali ecclesiastici. Corsi realizzati con il patrocinio dalla Provincia autonoma di Trento - Servizio alle politiche giovanili ed è riconosciuto e approvato anche dalla Conferenza episcopale italiana (CEI).
La pubblicazione si introduce con una fenomenologia sul sacro e sullo spazio sacro. E poi di seguito «gli elementi principali dell’aula» (l’altare, l’ambone, il fonte battesimale, il tabernacolo, la sede del presidente, il luogo della celebrazione della Confessione) e poi il portale, il campanile «voce dimenticata», la chiesa, segno nella città, dignità dell’arte sacra, la controversia iconoclasta (sec. VIII-IX), il luogo del coro e della musica nelle celebrazioni e infine il contributo della Baldessari (I luoghi della celebrazione nelle diverse epoche culturali). Le costanti ermeneutiche per ognuno di questi capitoli sono: la documentazione biblica, la testimonianza dei Padri, la ricerca etimologica e filologica di alcune parole-chiavi, l’attenzione alla valenza comunicativa dei simboli della/nella liturgia, la concezione della liturgia come « vivente opera d’arte dinanzi a Dio» (R. Guardini), la documentazione dei testi normativi (note pastorali della CEI, Pontificale Romano, Prenotanda al Messale, Benedizionale… diritto canonico, e una rilevazione dell’evoluzione degli spazi e dei luoghi liturgici in Oriente e in Occidente durante questi primi duemila anni di cristianesimo. Questi spazi liturgici sono documentati come può fare un liturgista non un architetto, quindi sono letti dalla punto di vista della natura funzionale liturgica di ognuno di loro. E «sono studiati, approfonditi e riportati nel testo come filo conduttore e tracia di riferimento continuo”, così come ben evidenzia don Stefano Russo, Direttore dell’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della CEI nella sua Presentazione. Il lettore non esperto come anche lo studente sono coinvolti dallo stile colloquiale e annunciativo del testo, con il coinvolgimento di autori contemporanei che se non liturgisti hanno fatto della poesia la loro liturgia di vita (in particolare D.M. Turoldo).
Mentre lo studioso non potrà che compiacersi di ritrovare documentazioni di sua familiarità ma anche osservazioni e citazioni che gli permettono di intravedere la pastoralità di quanto è raccontato e la passione di chi ha insegnato quanto scrive (di lui si diceva che era «il prete che faceva parlare le pietre e parlava con le pietre»). Un bel trentaduesimo di pagine lucide e a colori riproducono facciate e campanili di chiese trentine e opere contemporanee in alcune di esse (soprattutto di Paul de Doss Moroder e di Michele Anderle). Questa pubblicazione va consigliata a turisti che vogliono intelligere per comprendere ma soprattutto a studenti dei corsi di teologia. E perché no, anche a qualche volenteroso buon prete che voglia fare degli spazi liturgici e della sua arte una mistagogia. Ne siano una sintesi le parole con le quale Malacarne introduce «gli elementi principali dell’aula»: «Aula Dei, quae est templum ubi scientia fit sapientia, cultura humana cultus divinus, thesis accademica oratio». Con questa recensione alla sua ultima opera pubblicata, vogliamo rendere omaggio e chiedere perdono a don A. Malacarne per le tante recensioni e segnalazioni delle sue pubblicazioni che non abbiamo fatto. Non solo perché non le chiedeva, ma perché pensavamo che potesse ancora donarci altre e poi farne un’opera omnia. La memoria dei giusti sia in benedizione a lui e a noi tutti.
Tratto dalla rivista "Rivista Liturgica" n. 1 del 2014
(http://www.rivistaliturgica.it)
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