Amo perché amo, amo per amare
-L'evidenza per il compito
(Amore umano - Strumenti)EAN 9788882723613
Nell’amore tra uomo e donna sta l’origine della società. Ora, se quell’amore nasce come “vocazione” e ha aspetti di indisponibilità, allora anche la comunità sociale si costruirà come vocazione e con aspetti di indisponibilità. Nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2007, Benedetto XVI ha detto che se si riconosce più che la famiglia è una vocazione, come potremmo intendere come vocazione la più ampia famiglia umana? Questo libretto di Gilfredo Marengo – sulla scorta delle ricerche di Angelo Scola, della Deus caritas est e dei lavori di J. L. Marion – mette bene in chiaro l’incondizionatezza dell’amore e la sua indisponibilità agli stessi amanti. Nell’inizio dell’amore sta un accadere “di altro”, che ci si impone e di cui “gli amanti stessi non conoscono pienamente il senso”, sicché “nessuno è in grado di rendere se stesso pienamente amante”. Quest’indisponibilità vive nella decisione come “consegna di sé” definitiva e nella fecondità. L’amore non ha alcun fine che non sia l’amore stesso, in quanto non esiste una ragione dell’amore che lo spieghi prima che esso accada.
Bisogna solo imparare ad amare l’amore umano, ma si conosce e si impara l’amore solo amando (cf. pp. 21- 22); poiché l’amore basta a se stesso, sarà esso il maestro e la guida degli amanti. È importante capire che l’amore è un’unica realtà, seppur con diverse dimensioni, infatti il cammino dell’amore si può dividere in due “fasi” principali: eros, ovvero amore ascendente, e agape, amore discendente, che sono due realtà inseparabili (cf. pp. 29-30). Inizialmente, l’eros è bramoso, nell’avvicinarsi poi all’altro si porrà sempre meno domande su di sé, cercherà sempre più la felicità dell’altro, si donerà e desidererà esserci per l’altro. Così si inserisce l’agape. Occorre, dunque, amare, donare l’amore, ed essere amati, cioè ricevere l’amore. Innanzitutto, bisogna lasciarsi amare da Dio, da un amore più grande di tutto, per poi amare se stessi e gli altri, «poiché l’uomo non può vivere senza amore» (p. 22; qui Marengo riporta il brano di Giovanni Paolo II in Redemptor hominis 10). L’uomo, infatti, «è la prima strada che la chiesa deve percorrere per compiere la sua missione, via tracciata da Cristo» (p. 23; anche qui l’autore riporta il brano di Giovanni Paolo II in Redemptor hominis 14), cioè l’amore come esperienza umana che si compie nell’incontro con il Signore, liberamente dato e accolto. In questo senso, l’amore è libero e misterioso, vince le manipolazioni dell’uomo. Nel «sacramento del matrimonio, inteso come un vero cammino d’amore, gli sposi nel consegnarsi l’uno alla libertà dell’altro nella promessa/giuramento di amare, si consegnano a Colui che irrevocabilmente si è consegnato per noi uomini e per la nostra salvezza, perché il suo amore fosse riversato nei nostri cuori» (cf. pp. 54-55).
In questo sacramento, quindi, «l’amore incondizionato di Gesù Cristo si pone come il fondamento dell’amore tra l’uomo e la donna» (p. 56). Ecco perché la pretesa dell’amore cristiano è in grado di rendere possibile l’esperienza di un amore vero, è su Cristo che si basa l’amore, il perdono, l’eternità della storia (d’amore) tra due persone. Accettare e svolgere un cammino dell’amore secondo tutte le sue dimensioni rende possibile ricevere l’amore secondo una “buona misura”. L’accadere dell’amore dà, così, all’uomo di impegnarsi tutto in quel volto, consegnandosi al quale egli può diventare “amante”. – Così Marengo spiega la sua visione dell’amore: «L’ampio orizzonte della riflessione sull’amore umano è un darsi e un riaccadere di “panorami” che solo apparentemente diresti ben noti e già saputi; essi, piuttosto, chiedono di essere abbracciati da un’attitudine che, nel prevedibile ritrovare di motivi e linee ben note, è in grado di sorprendere, strappare dal consueto e suscitare stupore » (p. 67). Questo è l’amore umano, quell’amore totale, che pone le sue radici in Cristo, amore di cui è necessario dare testimonianza e amore che deve essere amato.
Tratto dalla rivista Asprenas n. 1-2/2010
(http://www.pftim.it)
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