Per una politica dei doveri. Dopo il fallimento della stagione dei diritti
(Quaderni dell'Osservatorio)EAN 9788882722951
La lettura del saggio di Stefano Fontana, attualmente Direttore dell’Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa, appare nel contesto odierno particolarmente illuminante. Già il titolo mostra l’originalità dell’opera, che non si limita a constatare e descrivere una situazione di fatto già da altri sottolineata −il rischio di involuzione di una società basata su una continua rivendicazione di nuovi diritti a cui pare non corrispondere nessun dovere− ma propone (recuperando inoltre alcune felici intuizioni del Magistero sociale della Chiesa) una via d’uscita che consiste nel diffondere una nuova cultura del dovere e nell’affermarsi di una “cittadinanza etica”. L’argomentazione sviluppata nel testo, composto di sei capitoli, presenta a nostro avviso tre passaggi consequenziali che saranno oggetto del successivo approfondimento:
1) Momento contestuale: Il fallimento della stagione dei diritti.
2) Momento fondativo: Dalla complementarietà alla priorità antropologica ed assiologica del dovere sul diritto.
3) Momento costruttivo: Una nuova “cittadinanza etica”.
L’autore si pone esplicitamente nell’alveo della visione antropologica cristiana; l’opera non è tuttavia una lettura “riservata” ai soli credenti. Fontana cerca sempre di integrare la luce che proviene dalla fede con quella che proviene dalla ragione naturale; dunque le argomentazioni e le conclusioni esposte non possono essere in maniera superficiale bollatecome “confessionali” e per ciò stesso considerate –come spesso sostieneoggi un certo laicismo– incomprensibili o non veritiere per tutti. Il testomerita di entrare nel dibattito pubblico soprattutto laddove si discutadi nuovi diritti oggi denominati “civili”, con l’uso di un termine chesembra essere inserito proprio per giustificare quelli che molto spesso adun’analisi più accurata appaiono solo desideri personali, incapaci di generareun bene pubblico (si veda, p.es., la discussione sul riconoscimentogiuridico delle coppie di fatto), se non addirittura egoismi irragionevoli(il diritto ad un figlio “ad ogni costo”). Così come è importante il contributodel saggio di fronte ai fenomeni sempre attuali delle immigrazioniche ripresentano il problema di quali criteri stabilire per la concessionedei diritti di cittadinanza, i quali non vanno separati dai corrispettividoveri da assumersi nella nuova società di cui si diventa membri a pienotitolo.La necessità di riflettere sulla relazione intrinseca tra diritto e dovereè stata sottolineata anche recentemente da J. Ratzinger nel colloquiopubblico con il filosofo J. Habermas. L’allora Prefetto della Congregazioneper la Dottrina della Fede affermava:«Forse oggi la dottrina sui diritti umani dovrebbe essere integrata da una dottrinadei doveri umani e dei limiti umani, e ciò potrebbe aiutare a rinnovarela questione se non ci possa essere una ragione naturale, e dunque un dirittorazionale, per l’uomo e la sua esistenza nel mondo». Il saggio qui recensito intende perseguire questo obiettivo e, comevedremo, incentra l’argomentazione proprio sulla “natura” dell’uomo,nel quale l’indisponibile (“l’essere a disposizione” cioè la dimensione deldovere) prevale e precede il disponibile (“il poter fare” cioè la dimensionedel diritto).
1. Il fallimento della stagione dei diritti. Il contesto attuale è caratterizzatoda una tendenza all’assolutizzazione dei diritti e da una sempremaggiore relativizzazione dei doveri a discapito del bene comune dellasocietà. La perdita dell’originale nesso tra diritto e dovere è da attribuire,secondo Fontana, allo smarrimento ancor più radicale della relazione tra libertà e verità –già denunciato da Evangelium Vitæ (n. 19)– e al razionalismomoderno che, chiudendosi alla trascendenza, considera tutto rientrantenella piena disponibilità umana e dunque elimina la dimensionedel dovere per conservare solo i diritti secondo il principio: «tutto ciòche è possibile è anche per ciò stesso lecito e va giuridicamente garantito». L’antica tentazione dell’uomo, “diventare come Dio”, stabilendoarbitrariamente secondo i propri soggettivi gusti ciò che è bene e ciòche è male, si ripropone oggi con forza, mostrando ancora una voltatutta la sua paradossalità. Infatti i gusti personali possono non coincidereo addirittura essere opposti a quelli degli altri; ma allora, senza una veritàoggettiva, quale limite alla libertà personale? E soprattutto, come si fa adobbligare qualcuno a rispettare i diritti altrui senza intaccare il propriodiritto ad essere libero? Oggi si rinnega l’indisponibile (cioè le verità chesi impongono da sé) ma allo stesso tempo si pretende di affermare i diritticome degli assoluti, senza però riuscire a fondare tale assolutezza se nonin un’ottica puramente positivista. In conclusione la libertà moderna apparedebole perché è incapace di fondare la doverosità di certi atti.
2. Della priorità antropologica del dovere sul diritto. Da un punto di vistastrettamente giuridico vi è complementarietà (o reciprocità) tra diritti edoveri ad un duplice livello, personale e comunitario: 1) in ogni personaad un determinato diritto corrisponde un reciproco dovere; 2) per ognidiritto del singolo vi è un dovere di tutti gli altri nei suoi confronti. Ancheil Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, per riferirsi soloal documento più recente, riconosce tale tesi denunciando il pericolo diuna sua negazione: «Il Magistero sottolinea la contraddizione insita inuna affermazione dei diritti che non ammetta una correlativa responsabilità» (n. 156). Tuttavia se dal piano puramente giuridico ci spostiamo su quellosottostante, cioè antropologico e assiologico, la tesi della complementarietàdei diritti appare quanto meno insoddisfacente se non addiritturaincapace di fondare un ordine sociale, una comunità umana veramente ingrado di rispettare fino in fondo la dignità della persona. Fontana a partireda una riflessione approfondita sulla persona e sul ruolo che assumela coscienza nel guidare l’agire, richiamandosi al pensiero di alcuni grandiautori cristiani (più antichi, come Agostino e Tommaso; più recenti,come Wojtyla) propone –è questa la parte sicuramente più originale delsuo saggio– la tesi della priorità del dovere sul diritto. Tesi che a primavista può apparire poco gratificante e quasi pessimista, alla quale infatti èstata storicamente spesso preferita quella opposta che attribuisce priorità al diritto. Le due tesi sottendono una considerazione molto diversa dicosa sia la coscienza umana. Il problema è così presentato dall’autore: «Sela coscienza ritiene di produrre se stessa, la priorità spetta al diritto; se cisono motivi per sostenere che essa non è originaria né produce se stessaallora la priorità spetta al dovere» (p. 49).La filosofia moderna ha attribuito alla coscienza il ruolo di costruirel’identità della persona in maniera totalmente autonoma, senza alcunvincolo con una verità già data e da accogliere come dato incontrovertibile.Ancora una volta si tratta della libertà priva della verità che pretendedi attribuire assolutezza ad ogni pretesa, trasformata in “diritto”, ritenutanecessaria per realizzare il proprio “Io” e considerata prioritaria rispettoagli eventuali doveri. Invece, nell’ottica autenticamente umana (e dunquecristiana), si deve riconoscere come nella coscienza la persona scopre un“qualcosa” (che Fontana chiama il “sé”) che lo trascende e lo chiamaa realizzarsi in quella direzione. L’uomo scopre nella sua coscienza unaverità che precede e risulta infine “doverosa”, per cui anche nei propriconfronti l’uomo ha prima un dovere (di realizzare quel “sé” ricevutoin dono) che un diritto. Afferma Wojtyla nella sua più importante operafilosofica: «Alla persona umana spetta la libertà non come pura indipendenza,ma come dipendenza da sé, in cui è racchiusa la dipendenza dallaverità»2.Priorità del dovere significa dunque riconoscere che vi è un compitooggettivo che non dipende da me ma che ricevo insieme con l’esistenza.Significa riconoscere il primato dell’indisponibile (di fronte al quale cisi può solo “porre a disposizione”) sul disponibile (che si traduce invecein un “avere a disposizione”, in un poter fare). È in quest’ottica che sisitua Simone Weil quando scrive che se al mondo esistesse un solo uomoquesto non avrebbe diritti ma continuerebbe tuttavia ad avere doveri3. Idiritti non esisterebbero in assenza di altre persone pronte a riconoscerli,ma rimarrebbero almeno i doveri verso di sé in quanto permarrebbel’appello dell’incondizionato nei suoi confronti. Solo la tesi della originarietàdel dovere sul diritto permette di fondare adeguatamente l’esistenzadi doveri verso se stessi. Questa argomentazione che può apparire pocopratica riveste invece grande importanza per esempio in bioetica, neldibattito sull’eutanasia.
3. Per una nuova cittadinanza etica. Nell’ultimo capitolo del saggio,Fontana propone l’idea di “cittadinanza etica” come necessaria per unanuova politica e cultura dei doveri dopo aver, nei capitoli precedenti,mostrato il fallimento dell’attuale società dei diritti e fondata antropologicamentela priorità del dovere. Con tale concetto si intende una cittadinanzache ponga il suo punto di forza proprio nei doveri del cittadino,senza evidentemente disconoscere i suoi pur essenziali diritti. La tesi è:nel valutare cosa è bene per la società nel suo insieme e per i suoi membripartiamo dallo stabilire quali debbano essere i loro doveri. Questapriorità deve essere affermata non solo sul piano intellettuale e culturale,ma anche su quello pratico; deve cioè trasformarsi in prassi condivisaper cui, a differenza di quanto generalmente avviene oggi, è necessariorichiedere ai membri della società e a coloro che desiderano diventarlo(come gli immigrati, ma anche i giovani che crescendo diventerannocittadini attivi) che «l’esercizio dei diritti sia vincolato all’assunzione preventivadei doveri e non viceversa» (p. 101).Visto che il cammino per attuare questa inversione di tendenza apparedecisamente lungo, da dove prendere le mosse? Dal primo dovereche compete ad ogni uomo in quanto uomo: il dovere di rispettare la vitadal concepimento alla morte naturale. Il più o meno concreto adempimentodi tale dovere appare come la vera cartina al tornasole per valutarese in una società il primato è assegnato al “poter fare”, al disponibile chenon riconosce alcun limite, o viceversa alla dimensione dell’“essere adisposizione”, dell’indisponibile che costituisce la base di verità che sostanziala dignità umana.
Tratto dalla rivista Apollinaris LXXXIII (2010)
(http://www.pul.it)
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