La persona: dalla relazione alla responsabilità. Lineamenti di ontologia relazionale
(Attraversamenti)EAN 9788881373031
Illiceto si pone con umiltà e coraggio alla ricerca del volume totale dell’uomo procedendo dai problemi alle domande di senso, di cui il filosofo è chiamato ad essere instancabile sentinella, dalla relazione alla responsabilità, dal volto ai volti, dal prossimo al terzo. L’autore non fornisce semplicemente una definizione della persona, che di per sé eccede qualsiasi pretesa di classificazione, ma indaga l’essere integrale della persona e la sua vocazione comunitaria, guidato dallo stupore e dalla passione per l’originario. L’indagine storica, che fa da sfondo all’approccio teoretico, analizza la cultura greca e romana, la tradizione veterotestamentaria, il Cristianesimo e i Padri della Chiesa, il periodo medievale, la modernità che va da Cartesio a Nietzsche e da Cartesio a Rosmini, la società liquida ed il pensiero contemporaneo.
Prendendo le distanze da Heidegger, che concepisce un essere neutro ed un’ontologia senza un’etica, Illiceto mostra la fecondità del pensiero dialogico di Buber, della filosofia dell’alterità radicale di Levinas, dell’umanesimo integrale di Maritain e soprattutto del personalismo comunitario di Mounier di cui il pensiero di Ricoeur costituisce un significativo approfondimento. Da questo excursus emergono alcune tesi fondamentali: il significato originario della persona come volto, l’innesto della categoria della relazione nell’ontologia, la concezione dell’essere come dono. L’ontologia relazionale di Illiceto si articola in un’ontologia dell’ospitalità e della donazione. Se l’alterità è nel cuore dell’essere, il dono è il luogo etico della significazione: «Il fine dell’essere è di rendersi abitabile, e abitabile nella forma dell’ospitalità. Ora, è proprio l’atto della significazione a rendere l’essere abitabile, cioè dimora. Solo l’essere che ospita il proprio senso diventa dimora per l’uomo che lo cerca e che ad esso anela più di ogni altra cosa» (232). I lineamenti dell’ontologia relazionale, che rinvia alla teologia della creazione e alla metafisica del limite, sono inscritti sul volto della persona. All’inizio è la relazione perché all’inizio è l’essere come dono.
All’inizio è l’a priori della relazione, il tu innato, come afferma Buber. La persona, intesa come singolo e come comunità-comunione, è il perno e il centro in relazione e di relazioni. Dunque, la relazione è nel cuore dell’essere della persona, cosicché l’uomo non è solo in relazione, ma è un essere-inrelazione con se stesso, con il mondo, con gli altri e con Dio: l’altro di me; l’altro/a diverso da me, il mondo e Dio. L’oltre, che abbraccia la trascendenza orizzontale e verticale dell’IO, è il luogo dell’altro e delle varie forme di alterità che emergono da un’ermeneutica del dono. L’etica della responsabilità che ne consegue esige il dinamismo del cercarsi, trovarsi e donarsi. Il volume totale dell’uomo è la persona come volto che si fa prossimo nella comunità dei volti: «Il volto non è solo la misura della persona colta nella globalità e nella integralità del proprio volume ontologico, nella complessità dei propri registri di anima, corpo e spirito, e nella sua differenza rispetto al nulla, ma è anche la misura della comunità che permette ad ogni persona di passare dalla relazione io-tu alla relazione io-tu-noi, e che, per tale motivo si pone come comunità di volti, di persone ri-volte l’una nella prossimità dell’altra» (349). NOI siamo, prima che sul piano ontico, da sempre ontologicamente coinvolti, l’uno-per-l’altro. Siamo fatti l’uno per l’altro: l’essere-da, l’essere-in, l’essere-con si esplicitano nella determinazione dell’essere-per.
Questa proposta filosofica è un’efficace alternativa alla dialettica totalizzante di Hegel, all’ontologia del neutro di Heidegger, all’interpretazione funzionalistica e riduzionistica della persona. Dal volto ai volti tramite il volto: tale è il percorso spianato dalla responsabilità del pensare e dell’agire. La relazione è perciò un dato ontologico e al, tempo stesso, un compito etico. Lo straniero non è un estraneo ed il limite ontologico della libertà del soggetto non è un confine, ma lo spazio dell’apertura e dell’ospitalità. Del resto, non è possibile una libertà senza responsabilità. La libertà non si realizza se non entro il limite che ci costituisce come debito ontologico. Pensare e agire con responsabilità significa riproporre le ineludibili domande di senso nel contesto di un’ontologia relazionale, amare il volto dell’altro, non solo il tu, ma anche il terzo escluso sulla base del principio ontologico di giustizia. L’amore che si traduce in giustizia e la giustizia fondata sull’amore fondano l’ordine della società e delle istituzioni. Lo scollamento tra etica e politica induce l’autore a ricercare un fondamento ontologico della politica attraverso il tema dell’ospitalità e della reciproca appartenenza tra le persone.
Persona e comunità si intrecciano senza esclusività poiché la solitudine aperta dell’uomo, espressione della riappropriazione interiore di SÉ come altro, si distende verso gli altri volti, in memoria dell’evento originario del nostro essere-da. In questa prospettiva, la comunità (Gemeinschaft) e società (Gesellschaft) si integrano: la comunità è lo spazio del sentimento e delle relazioni fondamentali che vincolano le persone nel comune senso di appartenenza ad un territorio e ad una cultura; la società consente di rendere oggettiva, concreta e operante la stessa dimensione personale dell’intersoggettività elevata nella sua universalità in istituzioni giuste di cui Illiceto rileva la valenza etica. Quest’ultima consiste nel riconoscimento della dignità ontologica della persona che precede la Stato. La dimensione politica esige il senso di responsabilità nei confronti della persona e della comunità che è persona di persone, secondo l’espressione di Mounier. Seguendo le suggestive indicazioni di Ricoeur, Illiceto propone infine un’etica ternaria: a) la stima di sé; b) la sollecitudine e il prendersi cura di sé e degli altri, espressione della reciproca appartenenza e della consegna; c) il vivere in istituzioni giuste. L’originale riflessione antropologica di Illiceto è un esempio significativo di come sia ancora possibile pensare con responsabilità. Si tratta di un pensiero che non rinuncia a coltivare la speranza come tratto distintivo di un nuovo umanesimo, capace di permeare la speculazione filosofica, di coniugare libertà e responsabilità, teoria e prassi, etica e politica.
La bellezza evocativa delle metafore e delle immagini (il cammino del pensiero, la tenda quale segno dell’itineranza dell’esistenza; il volto e la traccia; la metafora della ferita che rappresenta lo spazio di intersezione tra me e l’altro, cioè la feritoia del nostro essere; la metafora del corpo che, a livello comunitario, esemplifica l’integrazione delle parti nell’unità; la metafora della porta, dietro la quale Dio si ferma e bussa; la metafora biblica dell’ombra che indica Dio nascosto nell’attesa), la cui densità ontologica si riflette sul piano ontico e sul piano etico, il linguaggio limpido che scava nell’interiorità e conduce nella distesa dell’essere, la logica consequenziale e paradossale dell’amore che trabocca dal logos fino a contagiare il mondo e le relazioni interpersonali, il principio di giustizia riscoperto nella sua valenza metafisica, gli ampi orizzonti della ragione dischiusi dal volto della persona, fanno di questo testo un prezioso contributo per la riflessione antropologica contemporanea.
Tratto dalla Rivista di Scienze Religiose n. 1/2009
(http://www.facoltateologica.it/rivistadiscienzereligiose.html)
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