Friedrich Nietzsche filosofo morale
EAN 9788881035526
Accostarsi al pensiero di Friedrich Nietzsche non è mai stata cosa semplice, tanto più quando la ristrettezza della sua interpretazione è direttamente proporzionale alla potenza argomentativa dell’interrogante. In più di un secolo di ininterrotti tentativi di approssimazione al suo filosofare si è davvero detto tutto, o quasi. Nelle interpretazioni dei grandi autori della storia del pensiero funziona un po’ – spiega Georg Simmel con una splendida metafora nel saggio Per comprendere Nietzsche, compreso nel volume Friedrich Nietzsche filosofo morale – come il mare, «da cui ciascuno può attingere quello che gli permettono la dimensione e la forma del contenitore di cui dispone» (p. 56). Da questo punto di vista, il sociologo e filosofo berlinese Georg Simmel disponeva non solo di grandi contenitori, ma anche degli strumenti necessari per filtrare l’acqua marina e trasformarla in ambrosia. L’interpretazione del pensiero di Nietzsche è per Simmel un momento decisivo di confronto, di appropriazione e di mutuo scambio intellettuale (in una parola cara allo stesso sociologo Wechselwirkung, “azione reciproca”), che dai saggi presentati in questo testo (scritti tra il 1897 e il 1907) giunge sino alla formulazione sistematica della personale proposta etica simmeliana ne La legge individuale del 1913. L’interesse che Simmel nutre nei confronti del filosofo dello Zarathustra è certamente alimentato dalla questione della critica alla cultura e alla morale occidentale: soprattutto il secondo aspetto costituisce il motivo fondamentale che attraversa i saggi simmeliani dedicati al suo pensiero, e nei quali emerge, in tutto il suo vigore, l’interpretazione di Nietzsche come “filosofo morale”. Tentando di schermare gli attacchi di immoralismo o anarchismo, Simmel, fin dal primo saggio Friedrich Nietzsche. Un profilo filosofico-morale (1897), propone una lettura del pensiero nietzschiano, che, anziché schiacciata sulle vicende biografiche, faccia emergere l’importanza della questione della teoria del valore e della dottrina della “distanza” o differenza, che costituisce invece il vero motore della morale nietzschiana. Il “personalismo etico” nietzschiano si pone al di là di qualsiasi riduttiva contrapposizione tra individualismo e altruismo, tra formalismo oggettivistico e soggettivismo narcisistico. Non l’operari, ma l’esse della personalità costituisce l’effettivo riferimento nella costellazione valoriale: tutto ciò che garantisce il potenziamento di valori quali bellezza, pienezza, nobiltà deve orientare la nuova morale che Nietzsche intende edificare, mentre va incrementato il grado di distanza da tutto ciò che è inferiore, cioè che inficia e deteriora la natura dell’animo moralmente nobile (cfr. pp. 35-37). La posizione di Simmel non è semplicemente neutrale, né completamente apologetica: nella recensione a Il culto di Nietzsche (1897) del collega sociologo Ferdinand Tönnies condivide infatti la dimensione critica del suo lavoro. Se è vero da un lato che, rimarcando il giudizio di Tönnies, la critica nietzschiana al cristianesimo e alla cultura occidentale resta spesso intrappolata nella sua iperbolica forza distruttiva, è necessario dall’altro cogliere un aspetto che Tönnies lascia non detto. La verità della dottrina di Nietzsche non trova il suo correlato oggettivo nelle cose su cui si esprime, ma nelle disposizioni d’animo reali di cui essa rappresenta la formulazione: questa dottrina «contiene, per così dire, una verità e un significato non logico, ma psicologico» (p. 47). Nel saggio Per comprendere Nietzsche (1902) Simmel insiste ancora una volta nella lettura del pensiero nietzschiano in chiave morale. Quella di Nietzsche è la negazione di un certo destino della morale storicamente determinata, ma il suo pensiero non nega affatto la possibilità di pensare ad una nuova forma di morale. Quella a cui guarda non è certamente una morale ispirata da un ideale sociale: egli rifiuta categoricamente qualsiasi forma di declinazione egualitaria o astrattamente altruista. Il pensiero di Nietzsche è mosso dall’“ideale umano” (p. 58), ovvero dalla possibilità di realizzazione delle qualità più nobili dell’umanità. Visto che tale scopo è al di sopra di qualsiasi forma di soggettivismo, in questo senso la morale nietzschiana è altrettanto rigorosa e oggettiva quanto quella kantiana. Si tratta di un confronto che Simmel sviluppa in una nuova sede, quando cioè nel saggio Nietzsche e Kant (1906) l’accostamento tra le due personalità filosofiche diventa sistematico. Kant e Nietzsche sono due filosofi morali a pari diritto: il primo ha posto più l’accento sull’aspetto formale e sull’impianto strutturale della sua dottrina, mentre il secondo ha maggiormente insistito sull’aspetto contenutistico, muovendosi all’interno di una semantica evoluzionista. Nei saggi che chiudono la raccolta proposta da Andolfi, quelli cioè contenuti nel celebre ciclo di lezioni su Schopenhauer e Nietzsche, pubblicato da Simmel nel 1907, il moralismo nietzschiano è definitivamente proiettato in un orizzonte vitalistico. La vita, intesa come evoluzione e superamento incessante di se stessa, è il paradigma di una nuova prospettiva interna del pensiero simmeliano, la cui “svolta” interna si annuncia e si attua proprio con il confronto con Schopenhauer e Nietzsche. La posizione di Simmel nei confronti di Nietzsche è certamente ora più critica e distaccata rispetto agli scritti precedenti e le griglie interpretative con cui è analizzato il suo pensiero sono certamente mutate. Nietzsche è il rappresentante di un orientamento individualizzante e soggettivistico, che paradossalmente lo inscrive nel solco di quella tradizione che affonda le sue radici proprio nel Cristianesimo, bersaglio critico delle sue analisi filosofico-morali (da questo punto di vista dietro la lettura di Simmel aleggia lontanamente l’ombra di Schleiermacher). L’opposto di questo orientamento è rappresentato dalle tendenze egualitarie e oggettivanti che in Kant prima, e nelle varie forme di socialismo poi, si sono concretizzate nel XIX secolo. Se Schopenhauer, a cui è dedicata più della metà di Schopenhauer und Nietzsche, possiede una confidenza maggiore e un rapporto più profondo con la metafisica rispetto a Nietzsche, è vero che questi ha dato una svolta decisiva dinanzi alle aporie, a cui proprio la metafisica della volontà di Schopenhauer era giunta. Poiché Schopenhauer ha escluso la possibilità di una soddisfazione conclusiva del Wille zum Leben, inteso nella sua essenza come costitutivamente non soddisfabile (pluralizzazione indefinita e inarrestabile dei mezzi rispetto ai fini), è da considerare un pensatore assolutamente “moderno”. Nietzsche offre la possibilità di un oltrepassamento di questa impasse della modernità attraverso quella formalizzazione morale della nozione di “evoluzione”, condizione fondamentale di cambiamento ed elevazione per l’umanità, e che mancava completamente alla filosofia di Schopenhauer. Se Schopenhauer, che per Simmel è il primo vero Lebensphilosoph, fissa le coordinate per fondare una nuova filosofia della vita, Nietzsche gli permette il passo successivo: pensare la vita, nella sua dimensione morale e metafisica, come Mehr-Leben e Mehr-als-Leben, come avrebbe avuto modo di argomentare ampiamente nel suo scritto postumo Lebensanschauung del 1918. La vita, che è sempre un processo riconducibile al singolo, alla persona, alla monade sociale, si sviluppa come dialettica aperta tra il suo essere-flusso e il suo essere-forma: la dimensione tragica di questo conflitto inconciliabile si riverbera nella filosofia della cultura simmeliana così come nello studio sulle dinamiche sociali. Nietzsche allora è da intendere come il “pensatore della differenza”, colui il quale cioè teorizza l’istituzione dell’identico a partire dal differente e il sempre nuovo nella eterna ripetizione del mondo. La formulazione simmeliana dell’ossimorica “legge individuale”, che si pone in campo morale al di là dell’opposizione tra un rigoroso formalismo oggettivante e un relativismo anarchico di stampo soggettivistico, fa necessariamente i conti con il pensiero nietzschiano. Il testo proposto da Andolfi offre al lettore un nuovo strumento utile alla comprensione del pensiero complesso e multiforme di Simmel, che, nel confronto continuo con autori come Kant, Goethe, Schopenhauer e Nietzsche, ha offerto un contributo essenziale (non sempre riconosciuto dagli storici della filosofia) alla storia delle idee del XX secolo e continua ad offrire stimoli di riflessione nei diversi campi del sapere umanistico in cui si è addentrato. Se diamo ragione a Lukàcs che vide nel pensiero di Simmel una specie di “impressionismo filosofico”, allora possiamo certamente affermare che le tinte della filosofia nietzschiana nel suo pensiero sono dominanti. Non solo Simmel ha sviscerato a fondo il suo pensiero, ma questi è diventato un elemento imprescindibile della sua stessa filosofia: le forme s’intrecciano indistintamente ai contorni e ai colori, anzi da questi sono definite. Simmel non ha mai preteso (né forse lo ha mai desiderato) di dire “che cosa ha veramente detto Nietzsche”: si è limitato ad attingere cioè con il suo contenitore da quel mare magnum, che continua ad essere ancora oggi il pensiero nietzschiano.
Tratto dalla rivista Aquinas n. 3/2008
(http://www.pul.it)
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