I difficili
-Spunti psicopedagogici e metodo scout per il disagio
(Tracce. Metodo)EAN 9788880547945
Possono gli educatori scout far sì che i ragazzi che vivono difficoltà non diventino dei difficili, senza dover diventare degli esperti, ma vivendo a fondo il carisma dello scoutismo? L’autore, neuropsichiatra infantile e formatore scout, attraversa il metodo e le attività più tipiche dell’associazione (gioco, ambiente, manualità, promessa ecc.) per far emergere una proposta educativa forte nell’impianto, flessibile rispetto alle esigenze dei ragazzi e, soprattutto, capace di ascolto. Il testo è strutturato in tre parti: la prima è dedicata alla ricognizione dei segnali di disagio dell’età evolutiva alcune chiavi interpretative di comportamenti altamente problematici, come l’uso di stupefacenti. La terza parte – il centro anche quantitativo del volume – offre una serie di stimoli e di spunti pratici per un’azione educativa appropriata ed efficace. Vale la pena una panoramica sui «dodici consigli pratici», un’utile cassetta del «pronto soccorso» di ogni buon educatore. «Lasciare perdere oculatamente»: significa registrare un comportamento anomalo, ma non intervenire, in attesa che si esaurisca da solo. «La segnalazione» è invece quando l’educatore richiama l’attenzione (a un fine o a un valore) momentaneamente distratta da altro. In alternativa vi è anche «il controllo con la vicinanza e il contatto »: l’effetto calmante che la sola vicinanza fisica tra cucciolo d’uomo e adulto può trasmettere. O il coinvolgimento che dimostra interesse verso il bambino che, se non basta, può essere rafforzata da quella forma di rassicurazione affettiva che funziona da carburante per la propria autostima e che per alcuni bambini sembra esaurirsi più in fretta di altri. Importantissima è, poi, la capacità di mantenere una buona dose di umorismo, perché da un lato mostra una figura di adulto sicura di sé e dall’altro concede una via d’uscita dignitosa al ragazzo che «salva la faccia» con una risata. In altri casi l’oculatezza dell’educatore riesce a eliminare un ostacolo che prevede potrà far esplodere una crisi di lì a poco, ad esempio re-interpretando per il bambino una situazione problematica, colta a partire dalle proprie emozioni più che dalla realtà delle cose. La capacità d’interpretare significa anche che l’educatore coglie le dinamiche di gruppo che ostacolano o, viceversa, facilitano le difficoltà dei membri più fragili. Solo a questo punto – ogni buon genitore lo dovrebbe sapere – può anche essere lecito il ricorso all’«appello diretto ai sentimenti o alla ragione». Ma nel caso si fosse di fronte a una situazione non sanabile altrimenti rimangono due alternative: «l’espulsione antisettica», che prevede l’allontanamento temporaneo del bambino dal gruppo o dall’attività per far cessare un comportamento diversamente ingestibile e anche l’«uso della forza fisica», che non implica il ricorso a nessuna forma di violenza, ma solamente a quel tanto di costrizione che consente all’adulto di tenere fermo il bambino con la massima calma possibile (!). «Il vero segreto per rispondere alle domande di chi si trova in difficoltà è quello che molte persone normali sappiano rimanere vicine a loro, continuando a comportarsi normalmente con loro. Persone normali che riescano a dimostrarsi persone solide, senza troppe ansie e preoccupazioni, neppure quella di riuscire a risolvere per forza e in tempi brevi le difficoltà degli altri, ma sappiano comportarsi con grande sensibilità e rispetto e chiedano adeguato rispetto per loro» (dalla presentazione di M. Millo)
Tratto dalla rivista Il Regno n. 2/2008
(http://www.ilregno.it)