Il pensiero politico di Gioacchino Ventura fra restaurazione e rivoluzione
-Con la pubblicazione di documenti inediti
(Tesi Gregoriana. Serie storia ecclesiast.)EAN 9788878393578
Gioacchino Ventura è la pietra miliare della corrente liberale e democratica del movimento cattolico italiano e, in particolare, del gruppo propagatosi dalla Sicilia tra la fine del XIX sec. e l’inizio del XX sec. Frutto di una tesi di dottorato discussa presso la Pontificia Università Gregoriana nel 2017, il libro di Federici ha il merito di mettere in luce le intuizioni in campo politico che troveranno sviluppo nei decenni successivi. L’assenza, prima d’ora, di una monografia che esponesse unitariamente e in modo organico i vari momenti del suo pensiero e della sua azione, considerandoli in sé e non in rapporto alla futura storia del cattolicesimo politico, non genera il rischio, in questo caso, di snaturare la personalità autentica del teatino.
La ricerca dell’autore ripercorre cronologicamente la vita di Ventura. Figlio di Paolo Ventura (1734-1816), barone di Raulica, avvocato e consigliere della Suprema Corte di Giustizia del Regno di Sicilia, e di Caterina Platinelli, Gioacchino nasce a Palermo il 7 dicembre 1792. La famiglia lo avvia agli studi presso il Collegio Massimo dei gesuiti, riaperto nel 1805, dopo che la Compagnia di Gesù era stata richiamata nell’isola da re Ferdinando III di Sicilia e IV di Napoli (1751-1825), lo stesso che, nel 1767, su istigazione del primo ministro Bernardo Tanucci (1698-1783), ne aveva decretata l’espulsione, seppur a malincuore. Nel 1818 entrò nell’ordine dei Teatini e ne divenne generale nel 1830. Scoprì la politica a Napoli dopo i moti del 1820, negli anni in cui era direttore dell’Enciclopedia Ecclesiastica. Al termine di questa esperienza Ventura si dedicò alla predicazione e alla traduzione di opere di autori francesi. Questa fase della sua vita è particolarmente preziosa per comprendere il suo pensiero e Federici ne coglie l’aspetto più interessante. Nel 1823 compare la sua traduzione della seconda edizione di Lione del Du pape di Joseph de Maistre, nata dalla constatazione che la precedente traduzione di Imola era “piena zeppa di errori e di controsensi”, che dovette subire la censura imposta dalla polizia di Napoli e della Legislazione primitiva di Louis de Bonald. Quest’ultima è stata arricchita di notevoli annotazioni, che occupano da sole centosettantratre pagine. Fu colpito dalla distinzione di de Bonald fra “obbedienza attiva” e “resistenza passiva”. Ne trasse spunto per distinguere, a sua volta, l’obbedienza attiva dall’obbedienza passiva. Mentre la prima è propria di ogni essere intellettualmente libero e si esprime nella disposizione ad eseguire con animo pronto i comandi che si riferiscono a fini legittimi, la seconda caratterizza chi si comporta meccanicamente, chi opera come un mero strumento senza alcuna valutazione di ciò che gli si chiede di fare, se sia disonesto o immorale, se sia legittimo o no. L’obbedienza attiva troverebbe il suo naturale complemento nella resistenza passiva, cioè nel rifiuto di obbedire ai provvedimenti che ledono il diritto divino, naturale e positivo, senza peraltro assumere alcuna iniziativa che sia direttamente rivolta contro il potere. È questo il germe di democrazia che la lettura di Bonald deposita nelle meditazioni politiche di Ventura all’inizio degli anni venti. Acuta è la critica portata alla teoria politica illuminista astratta e frutto di ideologia, che senza tenere conto delle passioni degli uomini e delle reali leggi morali che regolano la vita pubblica e che si possono ricavare dall’osservazione dell’esperienza, pretende di creare un mondo nuovo e perfetto, generando solo disordine e rivoluzione. Questa critica ad un’impostazione perfettibilista ed astratta della teoria politica è una costante del pensiero del teatino e della sua attività di polemista politico e il testo lo mette bene in evidenza. Il potere, a giudizio di Ventura, è essenzialmente uno e la sua qualità principale è la forza, di cui ha bisogno la stessa debolezza del popolo, generata da una moltitudine di volontà, di interessi e di impegni contrari, che si fanno fra loro la guerra. A sua volta la forza dei corpi sociali si fonda sulla loro stabilità, cioè che il potere sia sempre potere, il ministero sia sempre ministero ed il soggetto sia sempre soggetto.
L’interesse nazionale e l’impegno in favore dell’unità d’Italia, in una prospettiva federalista e neoguelfa, nascono solo con l’elezione di papa Mastai Ferretti e rimarranno presenti fino alla fine dei suoi giorni, avvenuta a Versailles il 2 agosto 1861. Lo studio ci spinge a cercare il “fondo dell’anima” di Ventura, che rimase lo stesso in tutti i momenti della sua vita. Egli appartiene in modo pieno al mondo aristocratico siciliano, da cui ereditò l’avversità verso l’ideologia giacobina e rivoluzionaria e la forte critica al centralismo burocratico-amministrativo dello stato illuminista, che nel mondo isolano era generata dall’opposizione all’unione con Napoli. La difesa delle libertà della Chiesa è una costante nei suoi scritti, così come il richiamo all’autorità del papa e la critica delle monarchie illuminate.
Con lo studio del contesto storico e del contenuto che segnarono gli scritti sulla materia politica e l’azione del teatino, l’opera di Federici può rappresentare un valido contributo all’approfondimento del volto della Chiesa nella penisola italiana di fronte al fenomeno rivoluzionario nella prima metà del XIX secolo. Il presente lavoro è accompagnato da una preziosa appendice, contenente i dispacci a Palermo, non ancora pubblicati, scritti da Ventura in qualità di rappresentante del governo rivoluzionario siciliano a Roma nel biennio 1848-1849, e alcuni documenti inediti conservati negli Archivi vaticani. Il testo apre, così, la strada ed offre spunti per nuove piste di ricerca. In particolare molte informazioni inedita sulla vita del teatino, come la mancata partecipazione all’Assemblea costituente romana, possono risultare utili per una completa ricostruzione biografica. L’esposizione sistematica e approfondita del contenuto dei suoi scritti e del contesto storico in cui sono sorti rappresenta un valido aiuto per studiare la forte influenza del personaggio sulla storia successiva del cattolicesimo politico italiano.
Tratto dalla rivista Lateranum n.2/2018
(http://www.pul.it)