Del canto gregoriano. Dialoghi sul canto proprio della Chiesa
EAN 9788876655289
Il titolo canonicamente argomentativo viene vanificato dal sottotitolo e soprattutto dal genere di comunicazione scelto dall'Autore, quello del dialogo. Il dialogo nasce da un incontro, da comune constatazioni, da scoperte reciproche. E non dalle definizioni: è già questo un incipit che caratterizza l'atipicità di questa intervista a se stesso, ma fatta a cura di Maurizio CARIANI e Fabrizio LONARDI. "E' semplicemente banale porre come punto di partenza delle nostre indagini la questione del cosa sia il canto gregoriano...". La domanda si trasforma in qual è ciò che riteniamo gregoriano, e qual è il luogo in cui reperire il canto gregoriano: è se la nostra prassi liturgica non costituisse più de facto il luogo in cui reperire il canto della Tradizione ecclesiale, dovremmo a cercarlo de iure? Ecco il mio punto di partenza, che così il canto gregoriano si precisa come: dov'è il canto gregoriano oggi nella Chiesa? (pp. 14-15).
E così ha inizio un percorso atipico, originale, che stimola la curiosità e soprattutto facilmente accessibile a tutti. La sua atipicità è già anticipata dalle prime pagine (Prologo): una pubblicazione sul canto gregoriano comincia con la citazione di Ger 32,1-9. E con un primo rigo di commento: "Iniziamo a ragionare di canto gregoriano nel segno della Parola". Inaspettata la citazione, entusiasmante il primo commento. Alla fine nell'epilogo l'Autore spiega che intendeva paragonare la situazione del canto gregoriano al contratto della giara di Geremia e alludere alla necessità per la Chiesa di 'conservare' il canto gregoriano dopo averlo profeticamente 'comperato' (p. 250).
Il 'luogo' fisico dove l'autore trova il gregoriano sono "i libri liturgici del Graduale Simplex, a cui aggiungiamo più che il Graduale Romanum, il Graduale Triplex. Questi sono i testi che costituiranno a suo tempo oggetto dei nostri dialoghi" (p. 15).
E pagine di questi testi sono riportate spesso a documentazione ed esemplificazione per mostrare e per evidenziare, per spiegare e per insegnare. In particolare ed in modo privilegiato gli esempi sono tratti dall'edizione del Graduale Triplex (Solesmes 1979).
Rifuggendo dal ricalcare una trattazione manualistica di taglio specialistico, l'autore quindi privilegia il dialogo: con questa scelta di campo e direi di messa in chiave della propria intenzione, la pubblicazione, in cinque dialoghi e un epilogo procede alla "ricerca", alla "conoscenza", al "segno", al "cuore" e al "modo" del "riscoprire la forza e il fascino di un canto che ha preso forma sulla Parola, consapevole (e lo era fin dal Prologo) che "con una convenzione terminologia come quella di canto gregoriano, non si da ragione di un percorso evolutivo di enorme portata che ha attraversato i secoli" (p. 15).
Nell'Epilogo, che si presenta con la citazione di 1Sam 16,14-23 (di Davide che suona e Saul che si calma e si sente meglio e lo spirito cattivo si ritira da lui) l'Autore, riaffermando che il canto gregoriano non è lectio, ma cantus della Parola affronta vexatae questioni contemporanee: sul modo di cantare il gregoriano, sul deve cantarlo oggi, considerando quella "smania assemblearista postconciliare che ha paradossalmente riportato de facto la struttura della celebrazione ad una monoministerialità presbiterocentrica, inibendo l'emergere di una qualsiasi forma di ministerialità - e questa, con la riforma liturgica, non potrebbe che essere laicale", a proposito se il canto gregoriano è il repertorio nato per la schola o per il solista o per l'assemblea...con tutti le incidenze liturgiche possibili. L'indicazione di uno stile e di una emergenza: "orientarsi a una comune ricerca per un modello esemplare di liturgia che sia fondatamente conciliare e parimenti radicato nella tradizione: nova et vetera in una sintesi frutto di uno sforzo di Chiesa. Una riforma che ha visto nella participatio actuosa, nella fattiva partecipazione alla liturgia di tutto il popolo di Dio, una delle proprie idee-guida" (p. 250). E il paradigma di azione è indicato in Mt 25,14-19): "Occorre davvero che tutta la Chiesa, cui "i beni" del sacramentum audibile della Parola sono stati consegnati da parte della sua Tradizione "secondo la sua capacità", "subito" li impieghi e li traffichi. Troverà il padrone molti servi disposto a tale rischio?" (p. 250).
P. T.
(RL 2008)
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