Volti e storie. Donne e teologia in Italia
(Sui generis) [Libro in brossura]EAN 9788874024643
Due volumi di diverso impianto, che affrontano il medesimo tema e risultano utilmente complementari nell’illustrare l’ormai consolidata presenza femminile negli studi e nell’insegnamento della teologia. Un dato acquisito, e però ancora relativamente recente, tanto da mantenere quasi un timbro di novità e l’eco di attese lungamente sopite, di perduranti difficoltà pur nell’ottenimento della meta. Non a caso, il volume a più voci curato da Carfora e Tanzarella esordisce con il ricordo del 1970 – lontano, ma ancora iscrivibile nella memoria biografica di molte e molti –, quando Paolo VI proclamò «dottore della Chiesa» Teresa d’Avila e, pochi giorni dopo, Caterina da Siena: l’iscrizione nel catalogo dei dottori della Chiesa non era soltanto un tributo alla santità e alla dottrina di queste due donne, ma venne giustamente recepita come un’importante apertura, inedita, relativa alla «capacità» dottrinale delle donne in quanto tali. (1)
Nella sua lunga storia, la Chiesa cattolica non aveva largheggiato nell’elargire tale titolo, riservandolo a soli trenta grandi, la cui scienza e sapienza avevano illuminato e sorretto la fede ecclesiale: tutti chierici, tutti maschi. La costanza della tradizione era divenuta, intenzionalmente o meno, principio di esclusione: la bassissima probabilità che un uomo, anche se dotto e santo, potesse essere riconosciuto «dottore della Chiesa», aveva a che fare con il rigore della selezione di coloro che potevano aspirare a questo titolo, ma non con una preclusione legata al loro sesso. Si comprende dunque la rilevanza di quell’atto con cui la sacra Congregazione dei riti e poi Paolo VI, che ne accolse la sentenza, sancirono la fine di una secolare separatezza e il simbolico inizio di un tempo nuovo nel quale l’inclinazione religiosa delle donne non fosse confinata ai margini della «scientia Dei».
Dalla metà degli anni Sessanta, quando il Pontificio istituto biblico ammise anche i laici come uditori, e la Gregoriana aprì alle donne l’iscrizione all’Istituto di spiritualità (1966), la strada è in discesa: la costituzione apostolica Deus scientiarum Dominus (rivista, secondo la linea conciliare, dalla Congregazione per l’educazione cattolica nel 1968; ndr) parla espressamente dell’accesso dei laici, uomini e donne, alle facoltà teologiche (2) e, ancora più incisivamente, l’apertura è ribadita dalla costituzione apostolica Sapientia christiana di Giovanni Paolo II (29.4.1979). L’affluenza delle donne agli studi teologici di livello accademico dopo i primi timidi passi (3) si presenta certo minoritaria, ma non episodica; soprattutto, consapevole, determinata, spesso entusiasta: una rimonta forse prevedibile, alla scoperta di un continente inesplorato e fino ad allora impenetrabile, ma comunque tale da movimentare le stanze della teologia con la sola loro presenza e forse con nuove domande. A questa stagione pionieristica del tardivo e spesso faticoso ingresso delle donne in teologia in veste di discenti, ha fatto necessariamente seguito – e con problemi per certi versi maggiori – la stagione successiva, nella quale dal possesso di titoli canonici conseguiti al termine di un percorso di studio, o di altri titoli spendibili in istituzioni accademiche ecclesiastiche, una porzione di questa utenza è passata a incarichi di docenza.
O ha aspirato a farlo, o si è dedicata – magari al di fuori di un contesto professionale a tempo pieno – alla ricerca in questo o quel campo della teologia, pubblicandone i risultati. Il testo di Carfora e Tanzarella è precisamente, puntualmente dedicato a questa «tenace minoranza» che fra molte difficoltà è riuscita a coltivare il lavoro teologico e la produzione scientifica, con particolare riguardo ai luoghi istituzionali: facoltà teologiche, pontificie e non, studi e istituti teologici. (4) Alcuni dati macroscopici: nelle facoltà teologiche italiane, rispetto al totale dei docenti, le donne sono circa il 10,4%; poche di esse, peraltro, insegnano discipline strettamente teologiche. Gli istituti teologici mostrano una percentuale che si aggira intorno all’8,4%; gli studi teologici intorno al 6%. Negli Istituti di scienze religiose, invece, la presenza femminile sarebbe più massiccia (cf. 16 e, per i dati quantitativi della mappa attuale, i due contributi di A. Marini Mansi ed E. Cianci, 137-180).
Insieme all’indagine statistica – non esaustiva, ma di sicuro interesse – sulla presenza femminile nelle istituzioni, il volume si propone di «tracciare un quadro ragionato dell’apporto delle donne alla teologia» e di «operare una prima ricognizione, suddivisa per ambiti disciplinari, della produzione teologica femminile in Italia»: l’ottica non riguarda dunque la sola teologia femminista, ma la produzione teologica a tutto campo, dall’esegesi all’ecclesiologia, dalla teologia morale a quella spirituale, alla sistematica, alla liturgia, all’ecumenismo, alla teologia pastorale, alla patrologia, alla storia ecclesiastica, all’arte cristiana. Per ciascuno di questi ambiti viene tentato un provvisorio ma aggiornato bilancio sul contributo delle donne al panorama teologico italiano, giudicato nell’insieme significativo, talora originale, ma anche scarsamente recepito. La non perfetta simmetria fra i singoli saggi che compongono il volume fa sì che per alcuni ambiti (si veda il saggio di A. Guida sull’esegesi al femminile nell’ultimo ventennio, quello di G. De Vecchi sulle teologhe morali o quello di D. Del Gaudio per l’ambito antropologico) si dia conto, utilmente, anche delle figure e delle pubblicazioni più accreditate, sostanziando così il panorama di precisi riferimenti, mentre per altri settori si fornisce piuttosto un bilancio dei temi più frequentati dalla ricerca delle donne o – utile esso pure – un quadro delle principali iniziative, associazioni, testate di riviste, ove le donne sono ben rappresentate. Aprendo il volume di Cettina Militello, si riesce a portare a distanza ravvicinata quella «foto di gruppo con teologhe» che nel precedente volume poteva qua e là rimanere sfocata. Vi sono raccolte ventisette interviste ad altrettante teologhe, italiane e non, che l’autrice aveva proposto su Vita pastorale alcuni anni or sono. Il trait d’union, con pochissime eccezioni, è anagrafico: le donne che qui conversano con Cettina Militello sono, come ella dice, «figlie del Concilio», nate dopo di esso o comunque troppo piccole per averlo vissuto in prima persona: tutte però segnate dall’incontro con i testi e con il clima ecclesiale di anni ancor pregni del portato conciliare, cui devono, in modi svariati, il loro fruttuoso incontro con la teologia. (5)
La chiave dell’intervista rende l’opera oltremodo sciolta, leggibile, accattivante. Ma, nella precisione delle domande, dirette sia a illustrare il percorso di vita sia gli interessi e gli orientamenti teologici e l’impegno ecclesiale, anche questo volume può essere considerato un «bilancio» che si affianca al precedente e completa con ulteriori tasselli il costante impegno di Cettina Militello e dell’Istituto Costanza Scelfo a raccogliere di tempo in tempo la dispersa ricchezza della riflessione teologica femminile: si pensi ai due volumi Donna e teologia. Bilancio di un secolo (EDB, Bologna 2004) e Il Vaticano II e la sua ricezione al femminile (EDB, Bologna 2007), che rispecchiano gli omonimi «Colloqui» organizzati dall’Istituto. Le schede biografiche e bibliografiche in calce alle singole interviste aggiungono alla vivezza di questi «volti e storie» il pregio non trascurabile del documento che sintetizza le identità. È scritta invece in prima persona, in chiusa al volume, una bella «autobiografia spirituale» di Maria Teresa Garutti Bellenzier (classe 1928), fra le più note protagoniste, prima e dopo il Concilio, della promozione culturale e spirituale delle donne.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2010 n. 18
(http://www.ilregno.it)
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(1) La lettera apostolica Multiformis sapientia Dei è del 27.9.1970; la lettera apostolica Mirabilis in Ecclesia Deus del 4 ottobre dello stesso anno. Risale invece al 20.12.1967 la seduta della sacra Congregazione dei riti che sciolse la riserva intorno alla capacità dottrinale delle donne (cf. Teologhe in Italia, 5-6).
(2) Accenni alla storia precedente alle pp. 8 e 137-138: a fronte dell’esclusione accademica, esistevano alcune esperienze minori, quali il Pontificio istituto «Regina Mundi» (dal 1954), per sole donne (essenzialmente religiose), o la scuola superiore di Teologia per laici finalizzata alla preparazione degli insegnanti di religione (1960).
(3) Cf. la testimonianza di M. Luisa Rigato, p. 8, prima immatricolata al Biblico. Più ampiamente, la stessa Rigato è intervistata in MILITELLO, Volti e storie. Donne e teologia in Italia, 42-52.
(4) Sui criteri della ricerca, condotta a più mani all’interno dell’Istituto di storia del cristianesimo della Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale, vedi le pp. 9-18 e, per la parte statistica, le pp. 137-143.
(5) I nomi delle intervistate: Carla Ricci, Elena Velkova Velkovska, Elena Lea Bartolini, M. Luisa Rigato, Serena Noceti, Marinella Perroni, Teodora, Margherita Maria e Teresa Francesca Rossi, Cristina Carnicella, Nuria Calduch Benages, Cristina Simonelli, Daria Pezzoli Olgiati, Lilia Sebastiani, Stella Morra, Carmen Aparicio Valls, Morena Baldacci, Letizia Tomassone, Valeria Ferrari Schiefer, Maria Campatelli, Benedetta Selene Zorzi, Marcella Farina, Manuela Terribile, Silvana Manfredi, Gabriella Clara Aiosa, Sandra Mazzolini, Adriana Valerio, Valeria Trapani, Miriam Diez Bosch.
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