Il Dio ignoto
-Fra dubbi e certezze
(Euntes) [Copertina in plastica]EAN 9788872632987
Citazioni attinte dalla Sacra Scrittura e da Autori classici s’intrecciano in queste pagine che appaiono come confessioni a voce alta, rivolte al “Dio Ignoto”, e soliloqui che cercano continuamente senza mai appagarsi. Pagine soffuse, a volte, di convinta tenerezza, di sferzanti richiami a cercare solo Dio, ad avere gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù sulla scia di San Paolo che ci ricorda di rivestirci degli abiti di Cristo, concludendo con la preghiera: «Se Tu mi ascolti, aiutami perché non mi perda per strada e non sprofondi nel baratro dei miei pensieri e non incespichi nelle vacuità scritte su di te» (189). Ed ancora l’invito a mostrare il vero volto di Cristo durante tutto il tragitto della quotidianità.
Tratto dalla Rivista di Scienze dell'Educazione n. 1/2009
(http://www.pfse-auxilium.org)
L’autore si addentra in un viaggio spirituale alla ricerca di Dio, rifiutando «l’immagine di un Dio cattivo, invidioso, collerico » (p. 18), di un Dio dalle fattezze e delle dimensioni dell’uomo, pensato per soddisfare i suoi bisogni. Si meraviglia sempre del dono della vita, anche se non infinita, perché dice di aver capito che siamo parte del Tutto, parte della creazione del Signore. Perfetto Amore, che ha preso dimora in noi e che, quindi, non potremmo mai veramente essere separati da lui, nonostante le nostre imperfezioni. Parla della sua visone di Dio, Nicola Giordano, in particolare parla di un Dio presente nella brezza leggera, quella che ristora i cuori, oltre le attese. Per quanto si possano fare domande su Dio, per quanto si possano spingere le ricerche su di lui, per la sua natura infinita, non si potrà mai arrivare a possederne la vera essenza. Parla del Logos come del principio creatore di ogni cosa, Giordano, della Parola che si è fatta carne in mezzo a noi, ma non discrepante dal Padre, perché non ci può essere divisione o contraddizione in un Essere perfettissimo, cosa che stupisce e meraviglia molto l’autore in quanto permette agli uomini il diritto di poter dire che Dio abita in noi.
Lo scrittore si auspica un viaggio che lo porti alla vera pace, intesa come processo a uniformarsi a Dio, a sottomettersi a lui, non come schiavo ma come un figlio che ha a cuore tutti i desideri del padre, che vuole e spera in tutto ciò che il padre desidera; vorrebbe rapportarsi a lui, per conoscere finalmente questo Dio ignoto, di cui tutti parlano ma che nessuno a mai potuto veramente conoscere, con la consapevolezza che alla fine del percorso della vita entrerà a farne parte pienamente, raggiungendo la pienezza, in cui niente sarà perduto. L’autore, con numerose metafore, cerca di trasmettere al lettore il grande amore che ha verso Dio, il suo desiderio di poterne tracciare i contorni, di poterlo raggiungere in qualche modo, di poter, tramite lui, guarire dalla sua cecità e sordità nei suoi confronti. Il grande amore che lo muove si percepisce anche quando tratta il tema della dannazione eterna, a cui non riesce a dare una risposta se non quella di rifugiarsi totalmente nella Divinità. Tutti i credenti, alla luce di ciò dovrebbero amare la vita perché suo immenso dono, amore i fratelli perché in loro c’è Dio, promuovere una personale crociata interiore verso la vera conversione del cuore ma che deve partire dalla mente e produrre effetti tangibili nella vita di tutti i giorni,con una fede vera e sincera, unico strumento per raggiungere Dio.
Questo libro ha un inizio accattivante anche se oscuro a tratti, perché nella trattazione degli argomenti sembra sconfinare nella filosofia e nei meandri delle disquisizioni mentali dell’autore stesso. Il testo non sempre è lineare nelle connessioni logiche, forse proprio ciò lo rende affascinante. Sembra essersi instaurato un dialogo tra lo scrittore e il Dio nascosto. È proprio il grandissimo amore e l’immenso desiderio di avvicinarsi a Dio che pervade tutto il saggio, insieme al bisogno di amare pienamente i frutti che ha concesso; la vita, in tutti i suoi aspetti, felici e non, e gli altri uomini, visti come fratelli perché tutti figli dello stesso Padre, perché tutti con la stessa essenze del Verbo Creatore di ogni cosa; «è bella la vita anche se dovesse fiorire tra le spine o dovesse nascere negli anfratti delle fredde rocce. Sono belli tutti gli istanti del vivere degli uomini, del loro camminare insieme. Se poi l’incontro diventa manifestazione ed irradiazione della luminosità divina, anche la vita più povera è sempre pienezza di amore» (p. 81).
Tratto dalla rivista Asprenas n. 4/2009
(http://www.pftim.it)
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S. Ecc. Rev. Mons. Cosmo Francesco Ruppi (arcivescovo emerito di Lecce) il 20 settembre 2010 alle 16:20 ha scritto:
Chi dubita che esistano anche oggi i veri mistici, deve leggere l’ultimo scritto di don Nicola Giordano, per ricredersi (Nicola Giordano, Il Dio ignoto fra dubbi e certezze, ed. VivereIn, pp. 245, € 15,00, presentazione di Mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano).
Nicola Giordano, sacerdote pugliese e Fondatore dell’Associazione internazionale di diritto pontificio, Movimento di spiritualità “Vivere In” e dell’Istituto secolare “Jesus Victima”, è forse uno dei sacerdoti più colti di Puglia e, forse, dello stesso Mezzogiorno.
Per molti anni docente di Lettere classiche nel Pontificio seminario regionale di Molfetta e nei Licei statali, ha insegnato Spiritualità e patrologia presso la Facoltà teologica dell’Italia meridionale e ha scritto una moltitudine di opere ascetiche e pastorali, pubblicate dalla Casa Editrice VivereIn, che ha sede a Roma e a Monopoli, in provincia di Bari.
L’ultima opera, però, ispirata all’Anno paolino, è forse la più significativa ed anche la più profonda, perché ispirata dal Dio ignoto dell’Apostolo delle genti: anche, per lui, il dubbio diventa certezza, quando si incontra con Gesù, l’Uomo-Dio, unico vero maestro di sapienza e di virtù.
Inizia, infatti, con una pronta e appassionata ricerca del volto di Dio, con non poche, pungenti osserva-zioni su certe forme di liturgia e di pietà cristiana, a volte smodate e plateali, per giungere alla domanda-chiave di tutta la vita umana: “Dov’è Dio?...; Santuari, sinagoghe, monasteri, moschee, pagode… dov’è Dio?”.
Dalla critica a molte chiese, che sembrano bettole, “con quel cianfrugliare, quel discettare strano di determinati pastori e/o moderni uomini di Chiesa che si presentano come ispirati e poi davanti al tabernacolo, ove dicono che è presente il loro Dio in corpo, sangue, anima e divinità, “la luce sempre attesa, invocata, sognata, amata”.
Dopo alcune citazioni dell’antico pensiero ellenico – come nota nella presentazione il teologo Vescovo di Albano – si snoda una profonda ricerca che ci porta subito ad Agostino e Anselmo d’Aosta.
Nella ricerca mistica di Nicola Giordano c’è, sin dalle prime pagine, la passione di Paolo e il tormento del vescovo di Ippona, ma c’è anche l’ansia e la sofferenza dell’uomo moderno, che si affligge, perché non riesce a penetrare la vera luce di Dio, ma che non si stanca mai, di cercarla per tutti i vicoli dell’anima.
Nasce così la profonda riflessione sul prologo di Giovanni che squarcia le tenebre e fa balzare, dall’interno del cuore, una forte luce che crea una beatitudine immensa: “Il principio mi ha raggiunto – scrive – ed ho volutamente, ignorato il presente e il futuro. È stato come un tuffarmi nell’immensità asso-luta, senza segni di presenza alcuna. Uno spazio e un tempo, dove mi sono visto piccolissimo ma anche grandissimo, aperto al godimento interminabile. Il Principio mi ha raggiunto, non come l’inizio o la fonte, ma come quell’inafferrabile mistero che si congiunge con l’immanente ed il trascendente, senza un’origine e senza una fine. Poi quel Principio ha assunto un nome, una qualità ed un volto sempre im-prendibili. Il principio si è chiamato Verbo, Parola, ma si identificato con la Sapienza, fonte a sua volta di Ponteza, di Eenergia, di Vita” (pp. 35-36).
Ci siamo dilungati in questa citazione, per dare subito una idea dallo spessore mistico di questo Autore contemporaneo, che ci ricorda Barsotti e non pochi mistici ortodossi.
Passo dopo passo, Nicola Giordano ci porta per i sentieri della mistica, fino a farci vivere L’incanto del vivere nell’Ignoto, che ha un nome, un nome preciso, un nome umano e “si chiama Gesù, l’ebreo nato dalla discendenza di Davide. È Gesù, sublime Sapienza, venuto ad annullare le divisioni, le caste, i partiti, la distanza tra il cielo e la terra. È il Dio preesistente, prima ancora che fosse Uomo. È l’Uomo-Dio in cui credo” (p. 80).
Arrivato a Cristo il nostro Autore scioglie le pieghe del cuore, per dire: “Vorrei tacere per poi contem-plare e amare. Vorrei perdermi totalmente in Lui. Vorrei come inabissarmi nel Tutto che è Lui ed essere parte indispensabile e insopprimibile del Tutto...” (p. 81). Dopo aver citato il salmo 104, riconosce che “al timone della vita come alla base dell’esistenza c’è la Sapienza: in questa immensità non mi sento di affondare o di annegare. Sento il desiderio di proiettarmi sempre di più per non affogare e non morire mentre fiumi di morte tentano di sopraffarmi” (p. 83).
La luce entra nella storia col Figlio di Dio ed è qui che Nicola Giordano si sente felice come il naufrago, che arriva faticosamente nel porto: “Chiamare Gesù significa avviare il processo di configurazione al fine di stabilirsi nel rapporto trinitario: l’uomo diventa casa della Sapienza dopo essere stato proclamato erede e coerede con Gesù, concorporeo e consanguineo con Lui” (p. 121).
Quel Gesù che cammina sulle acque, che va incontro a Pietro che sta per affogare; lo sorregge, quando vacilla; ci solleva, quando cadiamo, piace al nostro lodatissimo Autore: “Gesù è quel famoso Dio che vive fuori delle sagrestie e di tutti i luoghi di culto quando questi diventano sedi di rapporti non del tutto luminosi” e qui aggiunge una staffilata contro “chiesuole e comunità che si pongono ora come alleati, ora co-me distanti e non conformi alla dottrina e alla prassi di vita insegnata da Gesù” (p. 124).
“Non accetto la Chiesa come potenza politica, sociale, economica o anche religiosa. Non accetto la Chiesa di uomini che si credono e si presentano come infallibili e, quindi, intoccabili. Anche la Chiesa è formata di peccatori, bisognosi di misericordia. Non accetto la Chiesa del baciamano, degli inchini devoti, delle genuflessioni davanti agli uomini come davanti a Dio. Accetto e amo la Chiesa pura, santa, dignitosa, umile, generosa, altruista, semplice, trasparente. Accetto la Chiesa come corpo unico, il corpo dell’intera umanità che è il Corpus Christi” (p. 124). Sembra di riascoltare una delle filippiche di San Bernardo di Chiaravalle contro i mali del suo tempo, ma, per chi conosce, nella sua umiltà e mansuetudine l’Autore, capisce subito che tali parole nascono dalla passione per Gesù e per la sua Chiesa.
Il Dio ignoto ha quindi un nome e, come aveva intuito la piccola Teresa di Lisieux, si chiama Amore: “Il nome proprio è Amore. Il suo essere è Amore senza confini, senza ombre, senza limiti. Amore per tutti. Amore da sempre. Amore sempre... Dire sempre... Dire Amore significa certezza di perdono, di misericordia, di aiuto, di protezione, di salvezza. Dire Amore significa grazia, benevolenza, misericordia, perdono, protezione, aiuto” (p. 155).
In otto punti, l’Autore descrive Gesù-Amore e si incanta per questo amore non statico, ma dinamico, che riempie il cuore.
Diventa così facile superare le tempeste rissose di cui scrive nelle pp. 159-163 e penetrare al di là dell’Amore, fin quasi a naufragare in esso.
Travolti dalle sue pagine illuminanti, Giordano ci fa sognare il naufragio d’amore, ci fa entrare, con lui, nel naufragio d’amore: “c’è un naufragio che produce danni irreparabili ma c’è un naufragio che è certezza di amore infinito. Naufragare nell’amore diventa somma felicità” (p. 177)... “È bello naufragare nell’infinito mistero dell’Amore... Il Crocifisso è Amore. La sua morte è Amore. Quell’uomo nudo è Amore. Quell’uomo coronato di spine, deriso, crocifisso è Amore. Ieri, oggi, sempre. Il suo nome è Gesù” (p. 180-181)
Le ultime pagine di questo libro, che raccomanderemo volentieri a chi desidera avventurarsi nei vicoli della mistica moderna, sono dedicate al Risorto, l’Uomo-Dio che entra nella storia dell’uomo e del mondo, per aprire nuovi varchi alla speranza e alla carità.
Ritorna più chiaro il riferimento all’incontro di Saulo con Cristo sulla via di Damasco, aiutandoci a sperimentare la gioia dell’incontro col Risorto: “Mi sento di camminare – scrive Nicola Giordano – con la esperienza di Paolo, l’Apostolo più vicino ai nostri tempi e alla nostra indole. Era, Paolo, un uomo retto, chiaro, deciso… Era molto saggio, coraggioso, aperto e dinamico. Non aveva conosciuto il volto umano di Gesù. Non lo aveva mai incontrato” e aggiunge che non sappiamo se ebbe la fortuna, dopo la sua conversione, di incontrare Maria, la Madre di Gesù. Forse no, a leggera attentamente le sue Lettere.
Incontrò però gli Apostoli a Gerusalemme e divenne anche lui Apostolo delle genti. La vita di Paolo, perciò, cambiò radicalmente quando si incontrò con Cristo Gesù. Così cambia anche la nostra vita, quando incontriamo Gesù, quando dell’Ignoto riusciamo a comprenderne i lineamenti (pp. 229-239) e quando, do-po la notte buia, arriva la luce che ci fa camminare, come Pietro, sul mare della storia...
Un libro da leggere, anzi da meditare!
† Cosmo Francesco Ruppi