Quare detraxistis sermonibus veritatis?
(Medioevo)EAN 9788872570845
Il giovane e promettente studioso Filippo Sedda si affaccia ulteriormente nellascena degli studi francescani con questi due testi, usciti a tre anni di distanza tradi loro, ma strettamente correlati, che hanno avuto la presentazione ufficiale a Roma l’8 marzo 2012, da parte di Roberto Lambertini e Diego Quaglioni nella prestigiosa sede dell’Istituto Storico Italiano per il Medioevo.
Sono due testi in grado di offrire ulteriore documentazione nell’infuocato contesto delle polemiche sulla poverta` che hanno attraversato la storia francescana.Specificatamente nella virulenta polemica che divise gli Spirituali con GiovanniXXII (1315-1334), giungendo al suo apice proprio sotto questo pontificato, dopo leprecedenti spinte clariniane e ubertiniane.
La data discriminante del «dossier» sugliSpirituali si colloca tra il 1317 con la bolla Sancta Romana Ecclesia (BF V, 134b-135b) e il rogo di Marsiglia dove alcuni frati Minori dissidenti vennero bruciati.
Si tratto` di uno scontro che, sul tema della poverta` di Cristo e degli apostoli, si arrovento` il capitolo generale di Perugia del 1322 presieduto da Michele da Cesena, debordando in quella «fazione fraticellesca» distinguibile, a sua volta, tra i fratres depaupere vita e i fratres de opinione collegati a Michele da Cesena e all’entourage, teologicamente agguerrito, della corte monacense di Ludovico il Bavaro. Vicende complesse e ben note alla storiografia, documentate in quella Chronica di Nicolo` il Minorita, il cui autore nasconde un informato protagonista degli eventi.
Una realta` complessa, articolata e variegata per la quale il termine in uso di«fraticelli» e`troppo ristretto per quello che risulta essere un «labirinto semantico» (secondo la definizione di Lambertini).I due testi editi esprimono la continuita` di interesse e di ricerca dell’autore. Ilprimo e`frutto del lavoro di dottorato conseguito nella Pontificia Universita` Gregoriana: un contributo, come afferma Felice Accrocca prefatore del volume, capacedi esprimere un alto livello di lettura in una storiografia francescana che «dopo glisplendori degli anni Novanta, sembra essere caduta in un’evidente fase di recessione (p. 10). Il secondo testo nasce dalla laurea magistrale in Scienze storico-religiosepresso l’Universita` Statale «La Sapienza» di Roma.La peculiarita` di questi due testi, frutto degli ambienti fraticelleschi, sta nel lororeciproco intrecciarsi al punto tale che e` difficile, di primo acchito, stabilire qualesia il primo rispetto all’altro, al di la` della scelta operata dall’editore.
Prodotto nell’ambiente bavarese, il testo della Veritatem sapientis puo`esserecronologicamente collocato nel decennio tra il 1342 e il 1352, come si puo` desumere dall’espressione riferita a Giovanni XXII reo di aver sterminato la «perfectionemevangelicam et totum statum ecclesiasticum», spargendo molte eresie nella Chiesa,una prava radice che aveva a sua volta germinato tre ulteriori papi, Giovanni XXII,Benedetto XII e Clemente VI (1342-1352). La sua diffusione fu rapida, analogamente ad altri dello stesso tenore che giravano clandestinamente, ricchi di materiale eterogeneo a cui attingere da parte dei gruppi di fraticelli nella polemica antipapale: neemerge una mouvance instabile, continuamente sottoposta a variazioni di «tagliaincolla», secondo interessi specifici.Lo scritto si presenta, fin dalle prime battute, come una difesa «veritatis fideichristianae», nel genere di una lettera circolare rivolta agli universis christifidelibus,riportando argomenti e auctoritates in difesa della poverta` assoluta di Cristo, conl’accusa di eresia rivolta a Giovanni XXII.
Il testo ebbe una fortuna enorme, moltiplicandosi in maniera sorprendente, con l’invito esplicito ai sostenitori delle tesiespresse a «frequenter legi ac etiam exemplari in multis partibus». Ad attestare lasua fortuna sono le tre famiglie di codici che l’hanno trasmesso. L’editore proponela sua edizione fondandosi su tre codici base: codice B (Bruxelles, Bibliothe`queRoyale, 11437-40, proveniente dall’abbazia premonstratense di Noˆtre-Dame di Parcdi Heverle´- Leuven), codice FA (Falconara Marittima, Archivio dei frati Minori,cod. 3, gia` appartenuto a Giacomo della Marca), codice F1 (Firenze, Biblioteca Nazionale, Conventi soppressi, E, 3379, proveniente dalla Biblioteca OP di Santa Maria Novella).
Diversamente dalla molteplicita` dei codici che ci hanno trasmesso la Veritatemsapientis, il secondo testo, Quare detraxistis ci e` noto in un unicum (Leuven, Bibliothek Godgeleerdheit, Grand Se´minaire, cod. 17, proveniente dal seminario di Malines-Mechelen e segnato gia` come appartenente ad Adriano Florenz, poi papa Adriano VI). Lo scritto aperto da un Prologo, articolandosi quindi in ventiquattro capitolicon il riportare i classici dieci capi d’accusa di eresia rivolti a Giovanni XXII. Gia` attribuito a Guglielmo d’Ockham, una recente edizione da parte di Jan Ballweg (ZumUrspunrg von ‘‘Veritatis Sapientis’’. Ein neuer Aspekt der Rezeptions michaelistischenSchriftgutes bei den italienischen Fratizellen im 14. Jahrhundert, «Picenum Seraphicum», 20 [2001], pp. 47-112) lo reputa quale testo base da cui dipende la Veritatemsapientis, tesi non accolta da Sedda convinto, invece, del contrario. A dimostrarlosembra anche il contesto in cui si colloca, in quella fase di recrudescenza della persecuzione contro la dissidenza francescana avvenuta con Innocenzo VI (1352-1362), delegata al cardinale Egidio Albornoz nella sua attivita` di «recupero» delloStato pontificio.
Ancora una volta e` ignoto l’autore che si definisce, comunque, essere un frate Minore, che rifiuta esplicitamente l’accusa di appartenere a gruppi dissidenti. Un frate in grado di esprimere un livello culturale elevato nelle argomentazioni scolastiche di cui fa uso.L’autore ci propone l’originale con una sua traduzione italiana al fine di agevolarne la lettura per quanti non sono piu` avvezzi al latino.E`da evidenziare come nel giro di tre anni vengano proposti due testi con strettaattinenza al dibattito sulla poverta` con tutte le questioni, teologiche e politiche, chevi erano correlate. E`un passo ulteriore nella conoscenza di un mondo magmatico,una «galassia» con molte varianti. Come riconosciuto dallo stesso autore e da Lambertini, solo quando si potra` avere un dossier completo di questi testi si potra` direuna parola consolidata in grado di comprendere la vastita` e l’articolazione del fenomeno ancora unificato nel semplicistico e ambivalente termine di «fraticelli».
Tratto dalla Rivista "Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte" LII, 2012, fasc. 3
(http://www.centrostudiantoniani.it)
Il libro di F. Sedda è la sua seconda pubblicazione, che offre al mondo degli studi l’edizione critica del testo legato alla famosa disputa fraticellesca sulla povertà nel XIV secolo. Il primo testo che ha visto la luce nel 2008 nella stessa collana è: Veritatem sapientis animus non recusat, (Medioevo 17), Roma 2008.
Il documento edito in questa pubblicazione era già noto all’A. perché legato al testo precedente, essendo «in stretta analogia con la Veritatem sapientis, di cui può essere annoverato un testo gemello. Occupandomi dell’edizione di quest’ultimo scritto, ho già avuto modo di argomentare la dipendenza della Quare detraxistis da esso e quindi inserirlo nel contesto della polemica sulla povertà di Cristo e degli apostoli, sollevata dalle quattro costituzioni emanate da papa Giovanni XXII tra il 1322 e il 1329, per poi essere recepito – seppure con alcune peculiarità proprie – nell’ambiente della dissidenza minoritica dei fraticelli». (p. 28). L’edizione critica del documento è facilitata dal fatto che è rimasto un unico testimone. Comunque l’A., visto il legame con la Veritatem sapientis, aggiunge varianti nell’apparato critico nelle parti uguali tra i due scritti. Anche nella premessa editoriale informa il lettore che le parti proprie della Quare detraxistis sono stampate con un carattere differente, e tale proposta evidenzia meglio i brani e permette subito di analizzare le parti originali. Sedda, analizzando il documento trecentesco, pone alcune principali domande sulla datazione, sull’autore e sull’avversario dell’autore a cui viene indirizzata la risposta.
Dopo le ricerche sintetizzate in poche pagine, l’A. giunge ad alcune considerazioni che possono illuminare meglio le circostanze in cui nasce il testo fraticellesco, come periodo della composizione propone il pontificato del papa Innocenzo VI, sotto il quale la persecuzione dei fraticelli era più forte. Per quanto riguarda l’autore, la rubrica del codice, oggi conservato nella Biblioteca della Università Cattolica di Lovanio, indica Guglielmo di Ockham. L’A. spiega subito che è impossibile attribuire al maestro di Monaco la paternità di questo scritto, il cui autore con molta probabilità fu «un generico fraticello dell’Italia centro-meridionale» (p. 39). Lo scritto è composto da 24 capitoli divisi, secondo Sedda, in quattro sezioni.
L’A. osserva che solo i capp. 1-3 (sezione A) e 23-24 (sezione D), sono totalmente originali, invece le intere sezioni B e C dipendono nel loro contenuto dalla Veritatem sapientis, anche se ci sono alcune obiezioni e risposte originali alle accuse rivolte contro i fraticelli. L’analisi della struttura e del contenuto porta in maniera naturale alla questione della dipendenza, e, come già accennato, Sedda sostiene che il presente documento ebbe la sua fonte nella Veritatem sapientis. La particolarità notata è quella del riporto esteso dei rimandi provenienti dalla sua fonte. Sedda afferma: «Per quanto riguarda l’uso che la Quare detraxistis fa della sua fonte principale, la Veritatem sapientis, si osserva che le citazioni canonistiche sono pressoché le stesse e invariate. […]
Da ciò si può arguire che il nostro autore non si sentisse tanto perito nel campo canonistico, per cui non si permette di aggiungere nuove citazioni, mentre avverte la necessità, quasi ossessiva, riportare nella Quare detraxistis interi rimandi delle lettere pontificie dei predecessori di Giovanni XXII, riguardanti i pronunciamenti sulla Regola e sulla povertà» (p. 49). Gli ultimi due paragrafi , che compongono i prolegomena, sono dedicati ai criteri editoriali e alla traduzione dal latino all’italiano. L’A. spiega la sua proposta del testo dell’edizione critica nonostante che il documento possieda un solo codex unicus, ma vista la relazione e il legame con la Veritatem sapientis, la usa per stabilire le varianti e le correzioni del testo analizzato.
Le nozioni tecniche e le scelte adoperate per la trascrizione del testo latino (l’aspetto usato è quello grafi cofonetico), con la scelta conservativa, sono ben precise e sufficientemente motivate. Sedda invece mostra più perplessità nello scegliere la via più adatta nella traduzione, anche se annuncia come criteri basilari «mantenere il più fedele possibile la struttura sintattica del testo da tradurre – soprattutto nella sequenza delle proposizioni – e usare parole italiane con le stesse radici dei termini latini in modo da preservare la sonorità del dettato originario» (p. 53). Il libro è arricchito dagli indici, con quello fondamentale dei lemmi dello scritto, e dai riferimenti biblici, fonti patristiche e medievali, fonti francescane e del diritto canonico.
Un altro indice è quello dei nomi e dei luoghi presenti nei prolegomena. Questi strumenti semplificano la lettura e la ricerca per i lettori e costituiscono un valore aggiunto alla pubblicazione. Dopo due edizioni critiche dei testi fraticelleschi, ci auguriamo che Sedda proceda nella sua rigorosa ricerca meticolosa e nel diffi cile lavoro che comporta la preparazione del testo critico, con i risultati che offrono al mondo accademico le possibilità di scoperta di questa difficile letteratura.
Tratto dalla rivista "Miscellanea Francescana" n. I-II/2013
(www.seraphicum.com)
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